Il ruolo del femminile in Yerka (Yacek Yerka 37)
di Mauro Antonio Miglieruolo
***
Unica eccezione che Yerka si concede è la presenza rara ma significativa di figure femminili. Le quali sono considerati con occhio diverso da quello ordinario (dall’artista, almeno. Di Yerka uomo non saprei dire). Mentre nei media la narrazione quotidiana ci presenta corpi da desiderare, Yerka usa il corpo quale testimone della realtà. Là dove alla donna è affidato il compito di simboleggiare i vari aspetti in cui è possibile coniugare la bellezza (amore sacro e amore profano), in lui diventa riassunto della funzione cosmico archetipica dell’umanità: l’umanità non essendo altro (in una visione artistica) che l’Occhio collettivo attraverso cui il Cosmo osserva se stesso: autocoscienza del mondo materiale.Non che Yerka sfugga all’obbligo di rappresentarle nude. Non evita il canone. Lo piega a altre esigenze. La nudità non è disegnata per suscitare pensieri e emozioni amorose (né erotiche e tantomeno pornografiche), ma per permetterci di meglio guardare, insieme a loro e altrettanta partecipazione, i vasti e insoliti paesaggi usciti dal “pennello” di Yerka (forse per incitarci, quantisticamente, a essere consapevolmente ciò che siamo spontaneamente – nonostante noi: Osservatori che con la loro presenza condizionano gli esiti di quel vasto esperimento continuo che è la Natura). Funzione che non svolgiamo nella calma olimpica di un distacco disinteressato e dall’alto di una superumana consapevole capacità di intendere e volere. Lo siamo in quanto parte dell’osservabile ed effettivamente osservato, come parte di un esperimento il cui svolgimento comunque osserviamo.
Lo è, parte dell’esperimento, anche la donna dell’immagine riprodotta qui sotto. Una donna inequivocabilmente bella (ma lo è la stragrande maggioranza delle donne: le altre della minoranza sono brutte per loro scelta).
Questa bellezza però a non ad altro è finalizzata che a armonizzarsi con il paesaggio, dal quale è valorizzata, più che decorarlo. Se pure interpreta magistralmente con il corpo (forme e postura) il ruolo che le è attribuito, l’attrazione che contribuisce a produrre è principalmente dell’immagine complessiva, a cui appartiene solo incidentalmente. Non è che una figura di passaggio (essendo il permanente facoltà del solo paesaggio, il dato oggettivo) chiamata a fornire possibilità alla visione, a farla venire al mondo della rappresentazione (far venire al mondo e proprio del femminile). Il fascino che pur possiede, il corpo indubbiamente bello, ha un ruolo marginale, richiamarne la grazia non è lo scopo. Lo scopo è dichiarare la bellezza proprietà intrinseca del mondo (prima ancora delle persone che la valutano), dalla quale derivano tutte le altre. Lo scopo è scoprirla quella bellezza, svelarla (Vangelo profano di Yerka).
La bellezza dunque è di pertinenza delle cose quando le cose sono filtrate da una sensibilità che le sa valutare e assemblare (l’artista).
Yerka afferma questa verità (come verità) dicendola a mezzo di quadri straordinari che sono veri e propri squarci nel velo di finzione che avvolge e occulta l’universo. Grazie a lui la coscienza collettiva può prenderne atto.