Romano Mazzon: Il senso della vite*
Possibile traduzione: abbiamo tutti un affitto o un mutuo da pagare!
Questa filosofia si basa sul presupposto che dovendo pagare delle bollette siamo obbligati a lavorare. Lavorare, per molti, senza considerare il senso del proprio lavoro. Hannah Arendt l’ha chiamata la banalità del male. Un male in cui l’autore dell’atto non si sente responsabile delle proprie azioni, una deresponsabilizzazione che fà rima con specializzazione.
Un esempio: l’addett@ al call center dell’Enel. Provate a trovare qualcun@ dall’altra parte che sia responsabile di qualcosa! Ti staccano la luce in pieno inverno, togliendoti, in molti casi, la possibilità di riscaldarti. Negli ultimi anni ci sono stati diversi casi di persone morte per le esalazioni di fornelli improvvisati per scaldarsi dopo che era stata loro staccata la corrente. Eppure l’addett@ al call center non è responsabile di questo, fa il suo lavoro, cerca di portare a casa uno stipendio. Non percepisce su cosa si basi il proprio stipendio. L’organizzazione del lavoro fa sì che nessuno nella filiera si senta un assassino, tutti splendidi cittadini.
Il nazismo in questo ha vinto. Ha vinto nel creare un mondo ipertecnologico e specializzato dove le azioni più brutali diventano asettiche. Lanciare bombe su civili inermi è un po’ come giocare alla Play Station: un video, un target, un bottone, un punteggio. Dopotutto questo è stato evidente sin dalla fine della seconda guerra mondiale. Senza il modello nazista le maggiori conquiste tecniche non ci sarebbero state. Basti pensare alla conquista della Luna. Non sarebbe mai stata possibile senza il supporto dei missili che bombardarono Londra. Il loro entusiasta creatore sarà indispensabile alla NASA per raggiungere la Luna. Wernher von Braun verrà sbrigativamente portato negli USA e non sarà mai processato, una mente troppo brillante per andare sprecata, tutto si può perdonare/dimenticare. Senza di lui non si sarebbe raggiunta la Luna, non si sarebbero costruiti missili intercontinentali a testata nucleare e anche la tecnologia del mio frigorifero non sarebbe la stessa.
Un male tanto banale che, secondo il pensiero corrente, anche l’università deve creare professionalità altamente specializzate, addestrate a premere bottoni senza sapere il perché. Gruppi di ricerca che ricercano un pezzettino di un’arma micidiale in collaborazione con altri gruppi di ricerca. Nessuno dei ricercatori sa cosa stia facendo, preme degli innocui tasti, prende uno stipendio e pubblica articoli. Un modello vincente secondo il pensiero comune, un pensiero che ha introiettato e fatto propri i principi fondanti del nazismo.
I risultati li abbiamo sotto gli occhi: un encefalogramma piatto che in 60 anni non ha portato a nessuna scoperta scientifica rilevante ma solo a un miglioramento tecnologico: da 60 anni si gioca con i giochi senza nemmeno divertirsi. Frotte di ricercatori che cantano le meraviglie di Paesi che basano la propria ricchezza e la propria ricerca sullo sterminio di centinaia di migliaia di innocenti ma non possono collegare i due fatti perché altamente specializzati e quindi solamente occupati a far sì che i treni viaggino bene, incuranti del fatto che quei treni portino milioni di persone verso le camere a gas e i forni.
*Stavolta mi sentirei in colpa, un ladro, se non spiegassi il titolo. I due post precedenti avevano titoli che appartengono al senso comune ma questo no. Saranno gli anni passati in radio ma mi piace sempre accompagnare una colonna sonora a ciò che scrivo. Nei due post precedenti i riferimenti, non difficili, erano La crisi di Gianfranco Manfredi e la goliardica Mi ha rovinato il ’68 del maestro Totò Savio (Squallor). In questo caso il riferimento è a un gruppo poco conosciuto, i Perturbazione con il loro pezzo Il senso della vite. Un pezzo che ho trovato sul cd NOTAV della Val Susa (a propossito di treni).