Il Seventh One, lo Stato e i poteri della mente
per la nona volta di Johnny Sheetmetal in bottega ecco la recensione/racconto per «Il settimino» di Fabrizio Borgio (*)
FABRIZIO BORGO
«IL SETTIMINO»
ACHERON BOOKS
Quando vidi quel libro in vetrina, ebbi subito delle sensazioni. Ovviamente il titolo, «Il settimino», mi colpì come uno schiaffo. Ma non fu solo quello.
…lì dentro di noi parla dentro si parla di NOI…
Entrai in libreria e quando lo ebbi tra le mani le sensazioni come sempre si moltiplicarono.
…di noi Italia stato DIP Morelli poteri forti Asti stato senso dello stato SENSO DELLO STATO…
Andai alla cassa e lo acquistai. Raramente compravo libri, essendo solo uno studente squattrinato. Mi bastava andare in libreria e guardarli, toccarli, sfogliarli. A noi settimini è sufficiente questo per impossessarci del ricordo del libro, ciò che agli altri rimane dentro solo dopo averlo effettivamente letto. E’ questione di pochi istanti per appropriarcene, un po’ come se il libro emanasse un suo odore particolare, che lo riassume tutto, e noi potessimo inalarlo.
Prima di leggerlo davvero, dormii una notte con il libro messo sotto il cuscino, come mi aveva sempre consigliato Germano. Diceva che facendo così era possibile vivere il libro come in un sogno lucido.
…Drago e Morelli Rocca assassinato fratello ambiguo complice Morelli Cinzia DIP ex fiamma rapimento inseguimento Bo BO innaturale avventura avvincente forzatura poteri forti TROPPO forti angoscia fiamme fiamme FIAMME…
Mi svegliai in piena notte, come reduce da un incubo. Era vero: avevo vissuto il libro fino in fondo. Adesso non mi rimaneva che leggerlo, pensai, per farmene un’idea anche sul piano razionale.
Lo lessi nel corso di una domenica, mentre fuori dalla finestra Torino sonnecchiava sotto una pioggia fine e ipnotica. Collegando le sensazioni psichiche del sogno con quelle mentali della lettura, mi impossessai del libro come se lo avessi scritto io. Adesso mi pareva di essere nella mente dell’autore, e di conoscere anche tutti quei fatti o quei dettagli che solo lui poteva conoscere. Mi parve di aver vissuto ad Asti per degli anni. Fui certo di conoscere Stefano Drago come se fosse un amico di vecchia data. Sentivo la sua indagine e percepivo le mosse dell’AISI, vivevo la situazione di quell’Italia e la tragedia della morte di Rocca, come se fossi un membro del DIP o avessi sentito queste notizie al telegiornale.
C’era però una cosa che mi disturbava, o meglio che non mi tornava. Capii presto che si trattava proprio di lui. Il mio fratello, il settimino. Davide Bo.
In qualche modo mi sfuggiva. Più degli altri somigliava solamente a una creatura di carta, senza linfa, senza vita. Non capivo se era lui a nascondersi, o se in qualche modo l’autore avesse voluto celarne la faccia più intima, quella umana. Quella sporca, quella che ciascuno di noi si formava, spesso suo malgrado, attraverso difficoltà e sofferenze. L’attrito tra la nostra indole, la famiglia e la società, e i nostri poteri. Il carattere, insomma.
Telefonai a Sandro, e poi a Jessy, e poi a Gloria. Sandro e Gloria avevano sentito che c’era qualcosa, e quando dissi loro del libro, furono riempiti dall’eccitazione. Jessy l’aveva appena acquistato, e stava per chiamare gli altri. Decidemmo che era necessario che tutti acquistassero e leggessero il libro, e che poi ne discutessimo insieme.
Lì dentro in qualche modo si parlava e non si parlava di noi.
E così la discussione sul romanzo «Il settimino» venne messa all’ordine del giorno della riunione del nostro caro club, il Seventh one, che si sarebbe svolta il venerdì successivo in quell’angusto scantinato di via Bogino che era la nostra sede.
Il Seventh One era nato un po’ per gioco, una decina di anni addietro, in un liceo di Torino. Il caso aveva raccolto in un’unica classe ben tre settimini, e due di essi con poteri psichici già coscienti. I tre avevano fatto squadra e fondato il gruppo, sia per condividere e affrontare i problemi della loro condizione, sia per aiutarsi nei confronti degli adulti e dei compagni di classe, che tendevano a emarginarli. Il nome derivava dalla passione di uno dei tre fondatori per la musica dei Toto, un gruppo rock famoso soprattutto negli anni ’80. Col tempo il gruppo si estese al di fuori del liceo, coinvolgendo tutta Torino e il Piemonte. All’inizio funzionò soprattutto come gruppo di auto e mutuo aiuto, un po’ come quello degli alcoolisti anonimi o di chi soffre di crisi di panico, condizioni per altro comuni tra noi settimini. Più tardi decidemmo di impiegare i nostri poteri al servizio della comunità, e cominciammo a contattare vari enti sia locali che governativi, e a collaborare con loro. Ma questa è un’altra storia.
Passai quei giorni di attesa fra i libri di Diritto Privato, il lavoro alla gelateria, e le sensazioni che mi arrivavano dagli altri soci del club. Tutti stavano leggendo quel libro, nessuno escluso. Percepivo passione, divertimento, angoscia, straniamento, ma anche delusione, irritazione, seppure in misura minore, e in qualche caso odio.
Il venerdì sera, nell’umida sala sotterranea illuminata solo da qualche candela, seduti intorno al basso tavolino su cui era posata una copia del romanzo, eravamo tutti e tredici.
Ovviamente ciascuno di noi già percepiva l’umore generale del Seventh one intorno a quel romanzo, la grande emozione che aveva suscitato. Ma bisognava discernere, separare le varie linee psichiche. Anche a questo serviva parlare, e ascoltare.
«Chi vuole iniziare?» esordii.
Ciascuno del club disse la sua. Ciascuno sottolineò un differente aspetto del romanzo.
Jessy, per esempio, era stata colpita dall’impianto di thriller politico dato alla trama, e dai riferimenti neanche troppo velati alla reale situazione italiana. Sergio fece notare che, proprio per questo, l’ambientazione di Asti, così provinciale e dunque marginale, stonava un po’. Come si poteva immaginare quella piccola città come crocevia della vita politica e dei peggiori intrighi del Paese? Rosanna sosteneva che invece proprio l’ambientazione dava un tocco ruspante e sincero ai personaggi, con quegli intercalari in piemontese che coloravano i dialoghi. Germano, l’unico che avesse dimestichezza di scrittura creativa, ne lodò lo stile. Pulito, preciso, senza sbavature. Nonostante l’inizio un po’ lento, un romanzo che si lasciava leggere con piacere. Arturo, l’ingegnere, si focalizzò su un paio di scene, criticandole. Quelle scene mancavano, a suo avviso, di credibilità. Come potevano Morelli e i suoi complici non prendere maggiori precauzioni nei confronti dei poteri psichici del Settimino? Come avevano potuto essere così stupidi da lasciarlo scappare in quel modo? E poi, nella scena che portava al finale, l’espediente con cui il settimino ingannava Drago…
Per un momento ci guardammo tutti negli occhi, e sentimmo dentro di noi una grande emozione, ma anche paura. Stavamo parlando di uno come noi? Aspettavo che qualcuno di loro dicesse qualcosa ma ancora tacevano.
Secondo Giorgia, che di lì a pochi mesi avrebbe abbandonato Scienze Politiche per arruolarsi nell’esercito, il romanzo era apprezzabile per alcuni personaggi particolarmente riusciti, in primis Drago e Morelli. Intervenne Robertino, sostenendo che la vulgata finto-romanesca di Morelli e i suoi complici gli appariva forzata, e lasciava intravedere, volenti o nolenti, un giochetto “buoni-piemontesi, cattivi-romani”. Gianluca quasi si arrabbiò a sentire queste accuse e disse che se avesse letto con attenzione il romanzo, non avrebbe mai potuto farsi certe idee. Claudio si dichiarò d’accordo con Gianluca, sottolineando come il vero protagonista del romanzo fosse, in effetti, il senso dello stato, e che l’elemento negativo stava nella corruzione dei poteri, soprattutto quelli occulti, da qualsiasi parte venissero.
Di nuovo cadde il silenzio e mi guardarono tutti. Ora eravamo tutti in tensione. Avevamo separato i fili, ne rimaneva soltanto più uno da sbrogliare, e dovevo essere io a farlo.
«E del Settimino? Che ne pensate, del Settimino?» domandai.
Porre una domanda del genere dentro il Seventh One era come aprire una seduta di autoanalisi.
Come succedeva quando qualcuno di noi si apriva, raccontando la sua storia, o sfogandosi in qualche modo, la conversazione passò sul piano psichico. Le voci si mischiarono, si accavallarono, si fusero. Il flusso di pensieri era disturbante, eppure chiarissimo.
…personaggio Bo irrisolto nasconde qualcosa sofferenza padre ucciso cosa vuole? chi è? Troppo docile troppo schematico gioca? passioni? Controllo poteri segreto arma strumento…
«Non è reale» disse alla fine Robertino.
«Niente è reale, perché si tratta di un romanzo» obiettò Gianluca.
«E invece Robertino in un certo senso ha ragione. Il romanzo è riuscito, avvincente, per molti versi è bello. Però il settimino, che dovrebbe esserne il protagonista, rimane nell’ombra. Perché?» dichiarò Jessy.
Capimmo che Jessy aveva centrato il punto. Davide Bo, il Settimino, nostro fratello, era l’unico elemento del romanzo che non riuscivamo fino in fondo a comprendere. Ci sfuggiva, lo vedevamo sfocato. Perché?
Sentivamo che dare una risposta a questa domanda era importante, soprattutto per noi.
Così ci venne un’idea e capimmo che era l’unica cosa che potevamo fare.
Spegnemmo le candele. Ci prendemmo tutti per mano, formando una catena di tredici persone dotate di poteri psichici, tredici settimini, e ci concentrammo. Ci concentrammo su quel nome, su quel luogo, su quel libro.
«Fabrizio» levammo nell’etere la nostra voce telepatica. «Fabrizio, ci senti? Qui è il Seventh One che ti chiama. Fabrizio, perché un Settimino? Perché? Rispondici, Fabrizio… Perché?»
(*) NOTA SUL MISTERIOSO JOHNNY
Come qualcuna/o saprà dai precedenti post, «Johnny Sheetmetal» è lo pseudonimo scelto da un collaboratore della “bottega” Marte-diana. Nell’anno passato costui – o forse costei, costì, cost* – ogni mese o quasi ha ruminato un racconto/recensione, sempre con idee, protagonisti e ambientazioni diverse ma in stretta relazione al libro “censito” muovendosi nei vasti territori del fantastico “italico”. Anche in quest’anno nuovo o nuovo – che in Occidente i più contano come 2017 – Johnny continuerà. Grazie. Mi colpisce che finora nessuno abbia seriamente indagato sul numero di indizi, riferimenti, eresie o dardi che si collegano a Sheetmetal… Forse vi vorrebbe un “setmin” … una persona settimina. (db)
La risposta cari Settimini è semplice e complessa nello stesso tempo: perchè sono un settimino anche io, perchè Davide Bo è quella parte di me che a volte emerge e tante altre no. Lui è ricordo e sensazione, inconscio e spirito di un’anima in crescita in un mondo limitato e ostile per lui. Farlo emergere completamente mi sarebbe stato impossibile, in primo luogo perchè non volevo. Perchè qualcosa dentro di me lo impediva, forse una forma di pudore, di discrezione verso me stesso. Forse una paura mai risolta. Il Settimino si palesa come può fare solo un settimino, sprazzi, lampi, reminiscenze
Felicissima del non-abbandono di Johnny Sheetmetal nei confronti di questo appuntamento così piacevole. Leggere una recensione che è al contempo un racconto è come avere un’esperienza tridimensionale della narrazione! Anche in questo caso, racconto-recensione riuscitissimo…
Chiedo una rettifica. Si tratta della mia decima volta in Bottega, non della nona. E al fine di prevenire errori, avverto che la prossima volta – se mai ci sarà – sarà l’undicesima, e non la decima o magari la dodicesima. Con tanti saluti da Sanremo. Johnny.