Il sistema binario

Per capire cosa unisce l’amianto che uccide silenziosamente con la strage di Viareggio del 29 giugno 2009

Un monologo di Giuliano Bugani (*)

Binario, triste e solitario. Tu che portasti via, col treno dell’amor, la giovinezza mia”. Cantava così, Claudio Villa, nel 1959, ed io ero ancora un bambino. Ero soltanto un bambino. Perché prima di tutto devi sapere che anch’io sono stato bambino. Questa è una storia di un bambino. E cosa sa un bambino del futuro? Cosa ne sa, del suo futuro? I bambini non hanno la percezione del tempo. I bambini non sanno che verranno giorni, e anni. I bambini non sanno che verranno persone, nella sua vita. Persone che odiano i bambini. Non sanno che verranno momenti in cui i bambini non saranno mai più bambini. E allora io ascoltavo, quella canzone…………

Ascoltavo……………

E non capivo………….

Che parlava di me. Ti parlerò allora di un binario. C’era un treno. E c’erano le sbarre, davanti a quel binario. Io, da bambino, andavo con i miei nonni materni, sulla vecchia strada che portava alla ferrovia. Era una vecchia strada di sassi e ghiaie. La mia casa era a poche centinaia di metri dalla ferrovia. Nei pomeriggi caldi dell’ estate, i miei nonni mi portavano a vedere i treni che passavano. Io ricordo bene. Quelle sbarre. Avevano strisce bianche e rosse. E le sbarre suonavano, quando scendevano. E una ruota, in alto, sul palo dove appoggiavano le sbarre, girava. E suonava. Solo le cicale suonavano più forte. Solo le cicale. Io stringevo forte le mie mani, nelle mani dei miei nonni. Poi, la ruota cessava di suonare. E poco dopo, i fili elettrici cominciavano a tremare…………..

Era il segnale…………..

Il treno, stava arrivando. Era grande, e ricordo che aveva tanti vagoni. E ai finestrini dei vagoni, la gente salutava…………

Il treno passava. Ero attratto da quel treno. Anche se avevo paura. Poi, la ruota riprendeva a ruotare e le sbarre si rialzavano. Ma io avevo paura attraversare il binario. I bambini hanno paura degli ostacoli. E quelle sbarre, per me, erano un ostacolo…………..

Mai avrei immaginato, che dietro quelle sbarre………….

c’era la mia storia.

Binario. Triste e solitario. Ecco.

Potrei cominciare da qui questa storia.

C’era una volta una storia. Il primo nome fu OMR. Officine Materiale Rotabile. E c’è ancora adesso. Una storia. Con un nome diverso. OGR, sai cosa vuole dire? E’ un acronimo che sta a significare Officine Grandi Riparazioni. Siamo a Bologna. Dentro Bologna. Nel cuore di Bologna. Nel cuore del più grande centro ferroviario d’Europa. Lo snodo europeo più importante di questa parte occidentale. Più importante d’Europa, ti ho detto. E qui, alle OGR c’ erano tanti lavoratori. Perché le OGR erano una città. Dentro, la città. Non posso parlarti delle OGR se prima non capisci l’importanza di una ferrovia.

L’ importanza di un treno. L’ importanza del trasporto. L’ importanza di quella……………..

che adesso chiamano………………..

mobilità. Perché è su queste rotaie, su questi treni, che nell’ 800, cominciarono a muoversi i corpi. Corpi di uomini e donne. Corpi di cose. Corpi di materiali ……………

ma anche di idee. La mobilità. La zona strategica geografica di Bologna, l’aveva trasformata nella città del movimento

………………..

e della comunicazione tra idee e corpi. E così a Bologna, le OGR erano non solo una città dentro la città. No. Erano molto di più. Erano uno Stato, dentro lo Stato. E come ogni Stato che nasce, esisteva un rigido controllo sui suoi individui. Sugli individui che l’ abitavano. E cioè…………..

sui lavoratori. Le OGR nascono alla fine dell’ 800. Conta alcune migliaia di lavoratori. Esistevano tre reparti. Il Deposito Locomotive Bologna Centrale; Officina Nazionale Apparecchiature Elettriche; Officina Riparazioni Carri Passeggeri. Poi c’era lo scalo merci, nella zona di San Donato. Una grandissima area con oltre 50 binari. Venivano trasportati i carri merci con locomotive ausiliarie, e attraverso il sistema dei cambi nei binari, si scomponevano le file di carri e si ricomponevano in base alle mete di viaggio e di arrivo. Uno Stato nello Stato. Migliaia di persone che ogni giorno prestavano la propria opera affinché venisse garantita quella straordinaria rivoluzione silenziosa………..

la mobilità. Il pensiero, l’ idea, la parola, in movimento. Da una parte geografica all’altra. La comunicazione, lo scambio di cose. Di progetti. E tutto questo aveva necessità di una sua logistica affinché funzionasse e si sviluppasse. E quindi, questa logistica……………

aveva un nome……………..

OGR. Ferrovie. Le vie del ferro. Le vie sul ferro. Ferro, acciaio, non più usato per fare armi. Per uccidere altri uomini. No. Ferro e acciaio per mettere in comunicazione, gli uomini. E’ questa la ferrovia. E’ questa la strada che per decenni, secoli, ha cambiato il modo di crescere di uno Stato. Sì, perché in tutto questo, i lavoratori erano lo Stato. Erano questi lavoratori, curvi sui binari, sulle lamiere, sugli acciai, che crescevano giorno per giorno, acquisendo la consapevolezza delle proprie responsabilità. Uomini che uscivano dai campi, dalle campagne, per entrare nella fabbrica. E per entrare in una fabbrica, devi imparare cose che la campagna per secoli aveva negato. L’alfabetizzazione. Per entrare in una fabbrica, devi conoscere i numeri e le parole. Devi conoscere i disegni. Leggere un disegno tecnico è una forma di alfabetizzazione che agli uomini della campagna mancava. Entrare in una fabbrica era una grande crescita culturale. Sociale. E quando cresci culturalmente, hai la possibilità di leggere. E allora vieni a sapere cose. Vieni a sapere di storie. Vieni a sapere di teorie e ideologie. Di rivoluzioni. Di insurrezioni. Di organizzazioni. E scopri che esiste quella cosa che si chiama società. E che tu puoi decidere il destino della società.

E scopri allora che dentro una fabbrica, i lavoratori sono…………………

la società. Scopri che dentro una fabbrica, il ferro, non è soltanto ferro. Ma è il materiale del tuo pensiero che si concretizza in una forma……

E scopri infine……….

che tu sei la classe operaia. Dentro una fabbrica, la classe operaia, ci vive. Conosce ogni angolo della fabbrica. Le pareti si impregnano del respiro della classe operaia. Ogni centimetro del pavimento sul quale camminano i lavoratori, è la terra della campagna che si è evoluta. E sotto quel pavimento, quella terra, crescono silenziose le radici di questa classe operaia. E diventa inevitabile, amare, questa terra. Questa fabbrica. Cosa vuole dire amare una fabbrica. Non so cosa vuole dire. E cosa vuole dire vivere dentro una fabbrica. Non so cosa vuole dire. Perché, noi, dentro la fabbrica, esistevamo. Noi, dentro la fabbrica, creavamo. La nostra è una fabbrica ancora adesso, dove si crea. Dove si vive. Il ferro è la presenza di ogni cosa. I treni sono di ferro. Le sue ruote. Le sue pareti. Il suo tetto. Il suo pavimento. Tutto è ferro. E noi lavoriamo ogni cosa di ferro. I comportamenti, sono ferrei. Qui, in questa fabbrica, in questo piccolo Stato, tutto veniva registrato, protocollato. Se un lavoratore doveva parlare con un superiore, doveva firmare un verbale. Il pensiero, dentro uno Stato, anche se piccolo, deve essere conosciuto dall’ ordine generale delle cose. E così tutto veniva protocollato. Devi dire una cosa a un superiore? Scrivi, e firma. I reparti erano mantenuti sotto controllo da guardie, o piantoni Ogni spostamento dei lavoratori era registrato. Devi pisciare? Registrato. Gli spogliatoi erano piantonati da guardie. Non è che questa cosa ci piacesse.

Ma dentro le OGR […]

(*) Il sistema binario (scritto nel 2016) è la vicenda delle Ogr, storica fabbrica di Bologna, delle FS, dove per decenni si è lavorato l’amianto nei treni, e dove fino ad ora sono deceduti quasi 500 lavoratori; ma la storia arriva fino alla strage di Viareggio del 29 giugno 2009, dove morirono 32 persone. Quello sopra è l’inizio del monologo che Giuliano Bugani ha più volte portato in scena o in piazza. Chi è interessato può contattare l’autore qui 348 8428834 oppure qui bugani.giuliano@gmail.com

All’Anfiteatro di Gatteo “Il sistema Binario”: il reading di Giuliano Bugani

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