In Francia i lavoratori lottano. In Italia?

di Domenico Stimolo 

MauroBiani-JobsAct

Per quello che è visibile, le lotte francesi rappresentano l’ultima resistenza in Europa al dominante e globalizzato potere neoliberista che vuole imporre le proprie regole di smantellamento dell’architrave storico di conquiste di civiltà del movimento dei lavoratori. Conquiste dai “Lor Signori” considerate stantie, antitesi delle “mani libere” che hanno come logo di rappresentazione il lavoratore robotizzato, precario, flessibile e sempre più a basso costo.

E’ quello che è avvenuto nel corso del tempo nella gran parte delle realtà territoriali europee. In Italia il percorso è iniziato un bel po’ di anni addietro. La nuova legge sul lavoro (chiamata in maniera bizzarra Job Act) in raccordo con la legge di stravolgimento sull’accesso alle pensioni, connesse al nuovo schema che impone l’allungamento (senza fine) della durata dei contratti di lavoro (salario/stipendi e quant’altro) ha dato il colpo di grazia.

Nel nostro Paese le confederazioni sindacali, dopo una tiepida resistenza della Cgil (seconda fase dei governi della destra berlusconiana), hanno ceduto tranquillamente su tutta la linea. La manipolazione sulle pensioni ebbe solo tre (goffe) ore di sciopero nazionale. Ci fu il tentativo della Fiom di contrastare il “modello Marchionne” collaborato dalle altre organizzazioni sindacali. Poi, isolata dalla sua stessa casa madre, la Federazione dei metalmeccanici della Cgil è arrivata a più miti consigli. Le altre strutture sindacali, quelle chiamate di base, non hanno capienza e incisività adeguate.

Chi e come risveglierà in Italia i lavoratori da questo lungo sonno, dove ormai imperano la drastica flessibilizzazione d’uso, l’emigrazione all’estero e una sempre più strutturale, crescente povertà diffusa (specie al Sud)?

In Francia la Cgt (Confederazione Generale del Lavoro) intende resistere. Come ampiamente dimostrano le lotte e gli eventi in atto specialmente nelle due settimane.

Nei nostrani organi di “informazione” – dedicati tutti all’esaltazione dello spettacolo – sul “ merito” (come ancora si usa nel linguaggio sindacale) delle modifiche che vorrebbe inserire il governo “socialista” francese non si parla: orario di lavoro, utilizzo dei licenziamenti, retribuzioni (cioè riduzioni), contratti nazionali di lavoro/contratti aziendali, godimento di ferie e permessi.

I dormienti cittadini italiani guardano, silenti, le scene delle manifestazioni e dei “tumulti” o leggono scarni resoconti giornalistici: e nulla capiscono sulle ragioni della lotta dei lavoratori francesi.

LA VIGNETTA è di MAURO BIANI

Redazione
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2 commenti

  • francesco paolo esposito

    I sindacati , per malcompreso ruolo, fungono da cinghia di trasmissione del governo. Senza dimenticare che la (stra )maggioranza dei dirigenti del maggior sindacato proviene dal Pd trovando spazio dall’attività di smantellamento dei C.d. F. e altre istanze provenienti dal mondo del lavoro.
    La capacita di disarticolare la forza dei lavoratori sono le credenziali che tengono al governo il PD. Sotto l’ occhio vigile dei poteri forti..
    Per dispiegare la sua forza , il movimento dei lavoratori dovette “scavalcare” il sindacato e conquistare il suo Statuto a costo di milioni di ore di sciopero e manifestazioni di piazza e contrasto alla reazione stragista dei suoi nemici.Alla loro testa il movimento dei Consigli di fabbrica

  • Le riflessioni di Domenico Stimolo sono senz’altro interessanti, mentre il collettivo Clash City Workers, che peraltro ha scritto un libro di inchiesta e di analisi sindacale rilevante, scade in epiteti fuorvianti. Il problema è lo stato dei rapporti di forza su scala nazionale ed internazionale nel contesto di quello ,J. Ranciere definisce il capitalismo assoluto,con un arretramento impressionante dell’influenza del sindacalismo europeo. Un arretramento tra l’altro già preconizzato nel 1977 da Bruno Manghi nel pamphlet ” Declinare Crescendo”, edito per Il Mulino. Se si conviene che anche la socialdemocrazia in generale presenta un bilancio fallimentare, ne consegue che le organizzazioni sindacali operano quotidianamentesenza alcuna sponda politica di riferimento Ciò spiega perché sia sul piano europeo che su quello nazionale viene messo in discussione il ruolo unificante del contratto nazionale. Tanto che Fim-Fiom-Uilm scioperano unitariamente, poiché dopo quindici anni di contratti separati il tavolo è saltato da destra, e non da sinistra come tutti auspicheremmo. Se oggi la categoria degli attivi con il maggior numero di iscritti in CGIL è quella del commercio, con tutte le difficoltà nell’unificare lavoratrici e lavoratori dispersi in centinaia di migliaia di luoghi di lavoro, al di là della grande distribuzione, qualche interrogativo lo dovrebbe suscitare anche in chi si dichiara più a sinistra. Giacché non dobbiamo mai dimenticare che la maggioranza silenziosa e anti-sindacale nel nostro paese è sempre stata consistente, anche nei momenti alti delle lotte sindacali.E perciò solo organizzando il complesso del mondo del lavoro nelle sue articolazioni categoriali si possono rivendicare diritti e poteri, avanzare piattaforme, promuovere conflitti, in una fase storica decisamente di carattere difensivo, per tutte le ragioni che sono ben note a chi non vive nel cielo dell’astratta teoria o del verbalismo agitatorio e massimalistico.
    Gian Marco Martignoni

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