In Nicaragua prosegue la caccia alle streghe
“In Nicaragua non esiste alcuna forma di democrazia e che il governo presieduto da suo fratello Daniel è di tipo autoritario”: così si è espresso, in un’intervista, Humberto Ortega, dando il via alla guerra per il potere post-Daniel.
di Bái Qiú’ēn
E qui comando io e questa e casa mia, / ogni dì voglio sapere, ogni dì voglio sapere; / e qui comando io e questa è casa mia, / ogni dì voglio sapere chi viene e chi va. (1971)
«Quando esiste un potere di tipo autoritario, dittatoriale come quello attuale, che dipende molto dalla figura di un leader che esercita il ruolo di Presidente, è assai difficile che ci possa essere una continuità del gruppo di potere. Perché? Perché la stessa tendenza autoritaria, personalista, verticalista al comando ha castrato le cinghie di trasmissione del partito. Nel partito attualmente [Daniel] non ha alcun sostituto. Sono lì non per un ideale, bensì come semplici funzionari, molti vogliono fare bene, ma più di ogni altra cosa, traendo benefici da questa partecipazione governativa e politica. Se manca Daniel Ortega, per me non c’è alcuna possibilità che questo gruppo di potere possa esercitare un’influenza di fronte a un processo evolutivo…
«Senza Daniel non c’è nessuno, poiché, in tutto e per tutto, Daniel è l’unico leader storico che conserva ancora i crediti di quella lotta [antisomozista]. Senza Daniel ritengo assai difficile che vi siano due o tre [dirigenti] che si possano mettere assieme. Tanto meno uno da solo; e più difficile ancora, nella famiglia. I figli non hanno avuto alcuna esperienza di una lotta politica».
Questa analisi è stata espressa da Humberto Ortega in una lunga intervista rilasciata alla piattaforma argentina Infobae (in origine di sinistra) e resa nota il 19 maggio 2024. Da tempo e in svariate occasioni ha affermato che in Nicaragua non esiste alcuna forma di democrazia e che il governo presieduto da suo fratello Daniel è di tipo autoritario. Le sue parole non sono suonate come nuove: in molti le avevano già pronunciate in questi ultimi anni e in ripetute occasioni.
Se però le dice il fratello minore del presidente della Repubblica (che negli anni Ottanta era ministro della Difesa e capo dell’Esercito Popolare Sandinista), il quale ha aggiunto: «Essere suo fratello non mi protegge. Per me non è questa la cosa fondamentale. Solo perché siamo fratelli di sangue non significa che questo gruppo guidato da Daniel non abbia avuto e non abbia tuttora enormi disagi con un personaggio come il sottoscritto. C’è stato qualcuno che ha addirittura pensato di eliminarmi. Non ho mai avuto informazioni [in tal senso] da Daniel, ma ne ho da persone che sono a lui vicine. Lo so. Possono avvelenarmi, possono lasciare andare un furgone per strada… Queste cose possono succedere. Come fratello, mi dà fiducia il fatto di conoscere Daniel da quando era bambino e so che lui, come individuo, è incapace di agire personalmente come un assassino, tanto meno contro suo fratello. In una situazione alterata, questo stesso gruppo, con lui in testa, mi può però mettere la corda al collo. Ciò è già successo. Non mi ha detto più volte che sono un traditore? E sai cosa significa sentir dire che un tipo come me è un traditore, tra quelle persone radicali che lo accompagnano. Per strada possono dirmi che sono un traditore e spararmi».
Senza mai nominare la vicepresidenta Rosario Murillo (reato gravissimo di lesa maestà), nella sostanza ha poi affermato che Daniel non ha possibili successori e che la sua morte è destinata a creare un vuoto di potere, per cui «l’unico soggetto istituzionale che può risolvere questo vuoto e garantire che non vi siano anarchia e caos nel Paese, è l’Esercito» in coordinazione con la Polizia ed è necessario «cercare una soluzione a breve termine, forse un anno o meno, convocando un processo elettorale, anche quello già previsto per il 2026».
Con queste parole Humberto non ha invocato un golpe, poiché sa perfettamente che l’esercito del Nicaragua non ha una mentalità golpista, non essendo stato formato alla School of Americas, ma sorto dalla lotta guerrigliera antisomozista. Semplicemente ha auspicato il controllo dell’esercito su una transizione con un processo elettorale corretto e regolare.
Il testo dell’intervista rilasciata da Humberto è stata pubblicata il mattino del 19 maggio e, probabilmente, nelle stanze della residenza di El Carmen risuonavano ancora le dure parole di Gioconda Belli (2 maggio 2024): «Il regime di Daniel Ortega e Rosario Murillo è sostenuto solo dalla repressione e domina tutta l’attività del popolo nicaraguense con misure assai restrittive. Le persone hanno in cuor loro i loro ricordi di libertà e ciò che è avvenuto solo sei anni fa. Sebbene non possano esprimerlo liberamente, non significa che non lo sentano. Il Nicaragua è come una bomba a orologeria, perché quando le persone sono insoddisfatte e non riescono a esprimerlo, la società cade a pezzi».
In un qualsiasi Paese minimamente democratico esiste il diritto d’espressione, con la connessa possibilità di criticare anche aspramente i governanti e le loro scelte. A livello teorico, l’art 30 della vigente Costituzione del Nicaragua lo sancisce a chiare lettere: «I nicaraguensi hanno il diritto di esprimere liberamente il proprio pensiero in pubblico e in privato, individualmente o collettivamente, in forma orale, scritta o con qualsiasi altro mezzo». Nella sostanza, ricalca l’inutile art. 98 della Costituzione somozista del 1948: «Ogni persona ha il diritto di esprimere liberamente le proprie idee e opinioni, a parole o attraverso qualsiasi mezzo di diffusione». Nel Nicaragua somozista la Costituzione era un inutile pezzo di carta ma in quello ortego-chayista pare che sia proibito persino pensare e ipotizzare cosa potrà accadere nel futuro. Un futuro che è già stato programmato a tavolino da Rosario Murillo fin nei minimi particolari, essendo lei a dover succedere a Daniel, seguita dal figlio Laureano e poi da un nipote. Ab libitum… come in una qualsiasi delle monarchie ereditarie e assolutiste del Medioevo europeo. Del resto, l’Ortega-Murillo è una famiglia assai ampia e la successione eterna è praticamente assicurata, sæculum sæculorum.
La cronaca informa che meno di ventiquattro ore dopo la pubblicazione dell’intervista, verso le 9 di sera dello stesso 19 maggio un drappello di polizia agli ordini di Vladimir Cerda (ufficialmente pensionato, ma a quanto pare ancora in servizio effettivo), ha circondato l’abitazione di Humberto sulla Carretera a Masaya e, dopo il sequestro di cellulari e computer, è stato “convocato” alla sede centrale della Policía Nacional in Plaza del Sol, per informarlo che deve comunicare i suoi spostamenti: «dovendo informare la Polizia su qualsiasi movimento che intende fare». Nei giorni successivi la polizia ha mantenuto un rigoroso “assedio” all’abitazione. Non si sa se gli sia stato ritirato il passaporto, ma difficilmente otterrà il permesso di lasciare il Paese, fosse pure per questioni di salute (nel 2000 fu operato a cuore aperto in Costa Rica). A meno che non venga caricato su un aereo e spedito a Washington, previa privazione della nazionalità: «Afuera, afuera, puede decir lo que quiera»…
Non che Humberto sia un santo de mi devoción, come si dice in Nicaragua, ma il sospetto è che la vicepresidenta Rosario se ne abbia avuta parecchio a male per le parole da lui dette in relazione all’inevitabile successione di Daniel. (A pensare male si fa peccato ma a volte ci si prende, affermò a suo tempo il nostro Giulio Andreotti). È risaputo che fin dagli anni della lotta antisomozista l’attuale mega vicepresidenta galattica ha forti dissapori nei confronti di Humberto (come negli anni Ottanta ne aveva con Ernesto Cardenal e con vari altri).
Se, però, qualcuno crede ancora nelle coincidenze…
Due giorni dopo, con un sorprendente comunicato ufficiale datato 21 maggio (Nota de prensa 003-2024), la stessa Policía Nacional ha informato che «un’equipe medica composta da specialisti del ministero della Salute [Minsa] e medici privati, ha visitato e valutato oggi nella sua abitazione le condizioni di salute del generale in ritiro Humberto Ortega Saavedra», sofferente da tempo per alcune patologie di notevole gravità (problemi cardiaci, prostata, diabete, ecc.). Com’è umana lei…
Non si comprende la ragione per cui debba essere la polizia a tutelare il precario stato di salute di un cittadino (per quanto in collaborazione con il Minsa), né perché abbia “accompagnato” il personale medico (per timore che Humberto accogliesse a errepengazos* i sanitari non richiesti?), né per quale ragione abbia perquisito la sua abitazione e sequestrato cellulari e computer. Ma tant’è.
Che dire poi del fatto che l’équipe medica si sia installata nell’abitazione di Humberto senza alcuna richiesta specifica da parte del diretto interessato? Soprattutto quando nello stesso comunicato si afferma che «Il ministero della Salute e un cardiologo hanno effettuato tutti gli accertamenti necessari e lo hanno trovato stabile nelle sue condizioni di cardiopatico e con alcuni altri disturbi specifici della sua età e malattie conclamate».
Per la cronaca, questo comunicato ufficiale è stato reso noto soltanto dopo che vari mezzi di comunicazione centroamericani e sudamericani (nelle rispettive pagine Web) avevano prontamente dato la notizia dell’operazione della polizia e i social nicaraguensi erano pieni di illazioni e congetture di vario tipo, compresa quella che era stato portato in carcere. Tentare di giustificare a posteriori una scelta o un’azione, invece di motivarla e spiegarla in precedenza, è da anni il meccanismo tipico della non-informazione ufficiale dell’orteguismo: lasciare dire per poi smentire spesso con smentite che nulla smentiscono (come in questo caso specifico).
Neppure si comprende il motivo per cui siano stati fermati e interrogati dalla polizia alcuni collaboratori di Humberto, né perché all’una del pomeriggio del 21 maggio la polizia è arrivata a Ticuantepe, è entrata nell’abitazione della scrittrice e giornalista statunitense Judy Butler (di 84 anni e ormai quasi cieca), in Nicaragua dagli anni Ottanta e molto saltuariamente traduttrice in inglese degli scritti dello stesso Humberto (recentemente, l’articolo «¿Qué hacer?» pubblicato da La Prensa). La sera dello stesso 21 maggio è stata espulsa dal Paese e caricata su un aereo diretto a Los Angeles (California). Cosa queste persone abbiano a che fare con l’operazione di polizia finalizzata al controllo della malferma salute del generale in pensione, non si comprende. Né per quali ragioni sanitarie relative all’ex capo dell’esercito siano state sottoposte a fermo temporaneo o espulse dal Paese (alcuni usano il termine «deportazione»).
O, meglio, il tutto si comprende benissimo. L’installazione permanente di questa équipe medica all’interno dell’abitazione dell’ex capo dell’esercito dal 1979 al 1994, unitamente all’assedio esterno da parte della polizia, ha tutto il sapore di un costante controllo a vista e, anche se la polizia stessa nega che sia sottoposto a un regime di carcerazione domiciliare, la situazione concreta di Humberto non si allontana granché da questa realtà oggettiva. Altrimenti, che senso avrebbe l’obbligo di comunicare i propri spostamenti? Non risulta che esista un altro Paese nel quale un cardiopatico deve comunicare alla polizia se esce dalla propria abitazione e dove va, quando la Costituzione vigente stabilisce che ogni nicaraguense può muoversi liberamente nel territorio nazionale (oltre a poter uscire e rientrare senza problemi).
È evidente la concreta situazione di un arresto domiciliare mascherato e se, poi, l’infermo vigilato non può parlare con nessuno, meglio ancora. Si è infatti appreso che nei giorni successivi alcuni mezzi d’informazione centroamericani hanno inutilmente tentato di mettersi in contatto con Humberto.
Secondo il quotidiano spagnolo El País, è stata Rosario a dare l’ordine di “vigilare la salute” del cognato. Ipotesi assai credibile, ripresa da altri mezzi di comunicazione e il messaggio è assai chiaro: non solo ha provato fastidio per le sue parole relative alla successione ma ha ribadito per l’ennesima volta che in Nicaragua è lei a comandare e che nessuno può criticare la sua gestione del potere. Per quanto non vi siano prove di ciò, la conferma indiretta è venuta da un “particolare” che potrebbe sembrare insignificante, ma è invece assai indicativo.
Senza alcun commento o spiegazione, il portale ufficiale El 19 Digital riporta esclusivamente il testo del comunicato ufficiale della polizia (il 21 maggio). Nessun uso della Neolingua in questo caso, basta tacere e limitarsi a dichiarare che «ogni altra informazione, se necessaria, verrà comunicata tramite Note Ufficiali come la presente». Necessaria per tacitale le illazioni, ovviamente. Per cui, nessuno si aspetti una parola chiarificatrice o anche solo un riferimento specifico da parte di Rosario, la quale è considerata da Humberto come politicamente ambiziosa ed eticamente nefasta.
Con il pretesto della “vigilanza sanitaria” pare chiaro che lo si voglia controllare a vista e isolare da qualsiasi possibile contatto per silenziarlo, per cui non si ritiene sufficiente la reclusione casalinga. D’altro canto, sarebbe difficile far digerire alla base sandinista un eventuale arresto ufficiale (per quanto nella sua stessa abitazione): essendo stato negli anni Ottanta a capo dell’esercito, è il vincitore della guerra contro gli Stati Uniti per interposta contra. Nessuno può pertanto negargli un ruolo storico di rilievo, nel bene e nel male. Per cui, grazie alla Neolingua, gli arresti domiciliari si trasformano in pura e semplice “vigilanza medica” (permanente).
Humberto non è ufficialmente agli arresti domiciliari o, come si dice in Nicaragua «bajo regimen de casa por cárcel», però ormai tutto il territorio del Nicaragua si sta trasformando in una galera a cielo aperto e Humberto, come tanti altri, si trova «bajo regimen de País por cárcel».
Nonostante che fin dal 20 maggio la notizia avesse già fatto il giro del mondo grazie alle agenzie di stampa internazionali (p. es. la nostrana ANSA), nel suo sproloquio quotidiano del 22 maggio Rosario non ha fatto alcun riferimento a questa vicenda, limitandosi a ripetere il mantra che «Il Nicaragua va avanti, sempre più lontano grazie alla nostra fede e fiducia in Dio. Sempre oltre, con l’amore che ci caratterizza». Siempre más allá.
È un messaggio chiaro alla Nazione, all’opposizione e a chiunque voglia esprimere la propria opinione: dalle ire funeste di Rosario neppure si salva il fratello del presidente, figurarsi tutti gli altri! Nessuno è intoccabile se dice qualcosa che non garba a Rosario. Per quanto parli costantemente di “amore”, tra il dire e il fare…
Per quanto sia un personaggio assai controverso, si vocifera che Humberto abbia ancora parecchi sostenitori, specialmente nelle file dell’esercito, tra gli ex militari e i combattenti storici, per cui esiste il timore che la sua analisi e le sue critiche possano influire su una parte di costoro, che potrebbero unirsi in un gruppo di opposizione a Rosario e diminuire o incrinare quel controllo che lei vorrebbe totale e ferreo per avere la garanzia della successione dinastica.
L’ultimo in ordine di tempo che osò mettere in dubbio l’avvicendamento automatico di Daniel con Rosario, fu Edén Pastora. Il 19 novembre del 2019 affermò che il massimo organo direttivo del FSLN avrebbe dovuto decidere il successore di Daniel. Pochi mesi dopo, il 16 giugno 2020 l’ex Comandante Zero morì all’Ospedale Militare per problemi respiratori connessi alla sua cardiopatia, secondo la versione ufficiale. Sarà pure una mera coincidenza, ma nell’intervista a Infobae, Humberto ha ricordato che soffre di insufficienza cardiaca «la quale può ucciderti perché non ti permette di respirare». Al termine de I sommersi e i salvati, Primo Levi scrisse: «È avvenuto, quindi può accadere di nuovo» (1986).
Qualcuno ipotizza che le dichiarazioni di Humberto rendano sempre più evidente l’esistenza di una lotta per il potere, ovvero per la successione a Daniel. Essendo però riconosciuto come un personaggio astuto e calcolatore è possibile che, ritenendo che gli resti ancora poco da vivere, abbia deciso che la sua scomparsa debba avere un significato politico e resti nei libri di storia come un’onta per l’ortego-chayismo. Esattamente come è stata la morte del comandante Hugo Torres nel febbraio 2022, dopo otto mesi di «crudele detenzione» (stando sue stesse parole di Humberto in un articolo pubblicato all’epoca da La Prensa). In altri termini, non vuole essere ricordato come uno di coloro che hanno taciuto per interesse e convenienza.
Resta un interrogativo al quale è difficile dare una risposta secca e sicura: poiché in questi ultimi anni Rosario è riuscita a piazzare nei posti chiave (soprattutto nella Polizia e nell’apparato giudiziario) suoi uomini e donne di fiducia, non è detto che si verifichi quel vuoto di potere ipotizzato da Humberto. Nella ormai annosa lotta per il potere tra Daniel e Rosario (a colpi di continue destituzioni, incarcerazioni, spostamenti e rimpiazzi), al momento pare che la seconda stia vincendo sul primo, anche comprando letteralmente gli alti vertici dell’Esercito con enormi cifre in dollari “fuori busta”. Potrebbe però trattarsi di un progetto realizzato di comune accordo tra i due regnanti (con il silenzio complice dei figli), al fine di non avere problemi con la successione, che secondo alcuni è già in cammino: una “pezza d’appoggio” è la costante e assillante presenza di Rosario con i suoi sproloqui quotidiani e le lunghe assenze di Daniel dalla scena pubblica (alle volte, anche un paio di mesi): tentativo infantile di abituare alla presenza dell’una e all’assenza dell’altro. La comandante Dora María Tellez ha affermato di recente che la sostituzione avverrà «a muy corto plazo», a brevissimo termine. Resta però l’incognita di cosa faranno i militanti sandinisti quando Daniel morirà: accetteranno la successione senza fiatare o…
Dal canto suo, la comandante Mónica Baltodano ritiene che le dichiarazioni di Humberto abbiano un certo impatto all’interno dell’esercito, della polizia, della militanza sandinista di base e persino nel circolo di potere orteguista.
Lo stesso Daniel il 24 maggio, nell’atto di consegna di 250 autobus cinesi alle cooperative di trasportatori, ha evitato qualunque accenno a Humberto. E, tanto per essere chiaro ha affermato che «la palabra democracia es para esclavizar a los Pueblos». È forse questo l’unico riferimento (indiretto) alle parole di Humberto: «Dalla crisi del 2018 […] l’esercizio democratico non è consentito a causa dell’imposizione di un regime di polizia, il che dà origine alla tendenza autoritaria e antidemocratica dell’attuale governo». Se la parola democrazia è utilizzata dal capitalismo per schiavizzare i popoli, il contrario di questa parola è: assolutismo, autoritarismo, Stato di polizia, dispotismo, dittatura, tirannia, tirannide. L’alternativa al capitalismo dovrebbe essere il socialismo, in quanto soppressione di ogni privilegio e instaurazione della piena uguaglianza di diritti e di opportunità per gli esseri umani. Purtroppo, a quanto pare, il “socialismo” del Nicaragua assomiglia molto più ai termini contrari sopra elencati (ogni lettore scelga a proprio piacimento quello che preferisce) e il sistema si regge sulla «paura delle manette», per parafrasare Antonio Gramsci.
Negli ultimi anni, tutti coloro che sono stati accusati di “tradimento della Patria” sono stati incarcerati o deportati, subendo confische e cancellazione della nazionalità. E il successivo 28 maggio, nell’atto commemorativo del 45° anniversario dell’inizio dell’insurrezione finale contro il somozismo, senza mai nominarlo se non come ex capo dell’Esercito, Daniel ha definito suo fratello Humberto «traditore della Patria», poiché «ha venduto l’anima al Diavolo». L’occasione era davvero “ghiotta”: un atto ufficiale con gli alti comandi dell’Esercito e della Polizia. Del tutto casualmente era presente pure Rosario ma non si sa se con la funzione di controllare lo sposo-presidente o gli alti vertici delle due istituzioni che garantiscono il mantenimento del potere alla famiglia. O entrambi. Sta di fatto che si è trattato di un segnale inequivoco sull’accordo tra Daniel e Rosario per la successione.
Quel malcontento che covava sotto la cenere prima dell’aprile 2018 e che si poteva percepire parlando con qualunque nicaraguense, proprio grazie alle manovre di Rosario si è esteso a una buona parte della base sandinista, che mal la sopporta, nonostante il suo costante paragone degli eroi della Rivoluzione con i santi, mescolato con l’incessante richiamo a Dio e alla Vergine Maria. Utilizzando per i propri fini personalistici la religiosità dei nicaraguensi, ha trasformato e capovolto quella che fu la Teologia della liberazione in un discorso essenzialmente ultraconservatore, basato sulla classica triade della destra internazionale (Dio, Patria e famiglia). Per quanto travestito con frasi apparentemente di ultra-sinistra, il messaggio di Rosario non cambia la sostanza dei fatti. E la storia no giudica le parole, bensì le azioni.
Resta pure l’incognita su ciò che farà la cosiddetta società civile, per quanto ormai frantumata e dispersa da sei anni di feroce e paranoica caccia alle streghe (che nulla ha da invidiare a quella scatenata dal senatore repubblicano Joseph McCarthy nei primi anni Cinquanta).
The answer, my friend, is blowin’ in the wind. / The answer is blowin’ in the wind.
* Errepengazo: colpo di bazooka. Parola derivata dal lanciagranate anticarro portatile di fabbricazione sovietica Rpg7, attualmente prodotto nella Federazione Russa dalla Bazalt (Базальт), facente parte dell’impresa statale Rostec (Ростех), con sede a Mosca.