In Senegal un’azienda italiana…
… sta facendo terra bruciata: il futuro di 9mila persone è in pericolo
Un appello di ActionAid Italia
Land grabbing: accaparramento di terra. Avviene in Senegal, nella regione di Ndiaël. Più di 9000 persone, appartenenti a 37 villaggi, sono messe in ginocchio da un progetto che vede protagonista un’azienda italiana: la Tampieri Financial Group.
Mediante una concessione governativa, ventimila ettari di terra saranno sottratti agli abitanti locali che vivono di pastorizia, piccoli allevamenti, agricoltura, privandoli di ogni possibilità di sussistenza. La maggior parte delle comunità locali chiedono di interrompere il progetto. Ma la loro voce da sola non basta. Uniamoci a loro. Fermare il progetto della Tampieri attraverso la sua controllata Senhuile SA si può. Firma ora.
18.552 persone hanno già firmato questa petizione
Chiedi a Giovanni Tampieri, amministratore delegato della Tampieri Financial Group di cessare subito il progetto di sfruttamento.
Firma con Facebook
In automatico, invierai anche un messaggio
di solidarietà alle comunità di Ndiaël.
oppure compila il form
Questa pagina è stata prodotta con il co-finanziamento dell’Unione Europea (http://ec.europa.eu/europeaid/index_en.htm) per il progetto “We won’t accept hunger”.
I contenuti della pubblicazione sono di responsabilità esclusiva di ActionAid Italia e non possono in nessun modo rispecchiare le opinioni dell’Unione Europea.
Per salvare le comunità di Ndiaël dobbiamo essere in molti a chiederlo.
Firma contro il land grabbing.
Alla cortese attenzione del signor Giovanni Tampieri, amministratore delegato della Tampieri Financial Group:
Sono venuto a conoscenza dell’investimento che la sua azienda sta realizzando nella regione di Ndiaël, in Senegal. Tale investimento rappresenta una minaccia per circa 9000 persone che vivono di piccola agricoltura e allevamento e hanno bisogno di quella terra per il loro sostentamento. L’implementazione del progetto impedisce agli abitanti dei 37 villaggi nelle zone interessate di accedere a pascoli, alle fonti d’acqua e alle infrastrutture sociali di base, con conseguenze negative per la qualità della loro vita.
In solidarietà con le comunità del Ndiaël, le chiedo di intraprendere misure immediate per assicurare che:
Senhuile SA cessi tutte le attività e si ritiri dalla zona dell’investimento;
qualsiasi futuro progetto di investimento sia fatto precedentemente oggetto di consultazioni con il Collettivo dei 37 villaggi «per la difesa della riserva del Ndiaël».
Mi auguro un suo pronto intervento per porre fine a questa ingiustizia
Cordiali saluti
[il tuo nome]
Qualche dato sulla situazione in Senegal:
20.000 sono gli ettari di terra destinati al progetto Senhuile-Senéthanol
9.000 persone che subiranno le conseguenze negative di questo progetto
37 i villaggi che si oppongono all’investimento organizzati nel «Collettivo per la difesa della riserva di Ndiaël»
Il 50% del cibo consumato in Senegal viene importato
Il 29,7% della popolazione senegalese è affamata
Cronologia:
2010: l’azienda Senéthanol avvia una coltivazione su una superficie di 20.000 ettari ottenuta in concessione dal Consiglio Rurale di Fanaye.
2011: La Tampieri Financial Group entra nell’investimento come socio di maggioranza della Senhuile SA che vede la partecipazione anche della Senéthanol.
Ottobre 2011: in una manifestazione delle popolazioni che si oppongono all’investimento, 2 persone rimangono uccise. A seguito di questi tragici eventi, i rappresentati del Collettivo di difesa per la terra di Fanaye incontrano l’allora presidente Abdoulaye Wade, ottenendo l’annullamento del progetto.
Marzo 2012: Wade ritorna sui suoi passi, dando in concessione per 50 anni 20.000 ettari di terra per la realizzazione di un progetto agro-industriale.
Aprile 2012: il nuovo presidente senegalese Macky Sall annulla il decreto che dava in concessione i terreni.
6 agosto 2012: il presidente ci ripensa e concede nuovamente i 20.000 ettari alla Senuihuile-Senéthanol.
9 agosto 2012: ignari della nuova autorizzazione, i rappresentanti delle comunità locali incontrano i vertici dell’azienda per negoziare un compromesso. La Senhuile-Senéthanol si impegna a limitare l’investimento a 10.000 ettari.
Settembre 2012: la Senhuile-Senéthanol avvia il progetto al di fuori dei 10.000 ettari accordati.
Da allora il «Collettivo per la difesa della riserva dello Ndiaël» chiede che il progetto sia fermato e si rinegozino le condizioni di concessione dei terreni, per tutelare gli interessi e i diritti delle comunità locali.
Credo che solo una grossa impresa si possa permettere di creare una rete irrigua funzionante su un territorio cosi ampio, con la creazione di una rete irrigua vedi l’esempio piemontese(http://it.wikipedia.org/wiki/Canale_Cavour ) si può solo migliorare la situazione agricola dell’intero comprensorio che oggi vive di raccolta dei frutti spontanei che il territorio offre cosi come era tutto il territorio a est del Piemonte decisamente più vasto.
Inoltre da notizie lette sul web pare che l’azienda dal dicembre 2013 abbia optato per la coltivazione riso e mais da collocare sul mercato interno che a oggi risulta sia obbligato ad acquistare all’estero rimanendo in balia delle speculazioni sui cereali. Un’azienda cosi forte finanziariamente può permettersi un tale investimento e credo sia nel suo esclusivo interesse ampliare la rete irrigua per vendere l’acqua canalizzata in quantità sufficiente all’agricoltura molto lontano dal bacino iniziale cosi come accade qui da noi sul cui progetto di canalizzazione oggi si è costituito il primo comparto europeo di produzione di riso, nessun altra zona in Italia ha un opera di bonifica di tale portata.
nella regione interessata la pastorizia potrà divenire allevamento e agricoltura portando migliori condizioni di vita senza inquinare e senza sfruttare nessuno.
leggendo dal sito di action-aid chiunque abbia nozione dell’argomento trattato può notare delle contraddizioni come: creare pozzi d’irrigazione e abbandonarli, minacciare l’agricoltura che non esiste (ma esiste pastorizia e coltivazione di Miglio che tra l’altro i locali non consumano acquistando riso all’estero) e il disboscamento dove non esistono boschi ma arbusti e sparuti nonchè importanti alberi, soprattutto non menziona MAI che la creazione di una rete irrigua da parte dell’azienda porti a uno sviluppo agricolo per i 9000 abitanti della zona.
Dunque questa azione cosi forte e interessata di una ONG che dichiara nel suo scopo principale di combattere la povertà e la malnutrizione sia insito qualcosa di poco chiaro il tutto indorato da una difesa dei diritti della popolazione ovviamente qui descritta come debole.
Personalmente vedo dei capitali, che saranno investiti su terreni che diverrano produttivi e per l’azienda che si assume l’onere della bonifica e di tutti gli agricoltori locali che acquisteranno l’acqua nei terreni bonificati a loro concessi come da accordi odierni (aprile 2014).
Ci sono interessi chiari e interessi mascherati a voi la scelta,un agricoltore italiano.