Inail: un Robin Hood al contrario
di Alexik (http://illavorodebilita.wordpress.com)
155,352 MILIONI DI EURO: è la discreta sommetta che quest’anno verrà destinata dall’Inail ai finanziamenti alle aziende (1). Niente di nuovo. Nel 2011 erano stati stanziati allo scopo 180 milioni di incentivi (2), 225 milioni nel 2012 (3). Come una sorta di Robin Hood al contrario, l’Inail continua a distogliere risorse destinate a risarcire lavoratori ammalati, mutilati o ammazzati dalle imprese per devolverli …… alle imprese.
In compenso è altrettanto solerte nel negare ai lavoratori il riconoscimento delle malattie professionali. Dal 2007 al 2011 sono stati denunciati all’Inail 182.938 casi di malattia professionale. Ne sono stati riconosciuti il 40 %, e indennizzati il 29 % (4).
2007 |
2008 |
2009 |
2010 |
2011 |
Totali |
|
Denunciate |
28.933 |
30.093 |
34.889 |
42.465 |
46.558 |
182.938 |
Riconosciute |
11.085 |
12.530 |
14.849 |
17.727 |
16.781 |
72.972 |
Indennizzate |
7.698 |
8.893 |
11.016 |
13.260 |
12.391 |
53.258 |
In corso di definizione |
68 |
76 |
330 |
826 |
3.939 |
5239 |
Questo nonostante il bilancio dell’Inail sia perennemente in attivo:
Avanzo economico esercizio 2009 (5) |
2.041,57 milioni di euro |
Avanzo economico esercizio 2010 (5) |
1.333,84 milioni di euro |
Avanzo economico esercizio 2011 (previsione) (6) |
484,61 milioni di euro |
Avanzo economico esercizio 2012 (previsione) (7) |
1.124,40 milioni di euro |
Non so se chi legge ha ben chiaro quello che si nasconde dietro queste cifre. Significa ammalarsi di lavoro con un’ alta probabilità che questo non venga riconosciuto (il 60 % di probabilità) né risarcito (il 71 % di probabilità), nonostante l’ente preposto abbia abbondantemente i soldi per farlo (pagati anche con i contributi dei lavoratori). Significa affrontare la malattia, l’invalidità, e spesso la perdita del posto di lavoro senza aiuti economici. Ne sa qualcosa Francesco, ex operaio di una ditta di appalto dell’ILVA di Taranto:
“Dal 2005 Francesco era stato assunto nell’esercito dei lavoratori delle ditte in appalto all’Ilva di Taranto come operaio alla manutenzione dei reparti produttivi. Il 5 dicembre del 2009 ha saputo di essere malato di morbo di Hodgkin. Dopo 9 mesi di chemioterapia, un autotrapianto ed un trapianto di cellule staminali periferiche dal fratello, l’azienda per la quale lavorava nello stabilimento di Taranto gli ha spedito la lettera di licenziamento. Da due anni Francesco e la sua famiglia vivono con un assegno di mille euro, in attesa del risultato della causa avviata contro l’ Inail per il riconoscimento della sua malattia professionale”. (8)
Dopo 9 mesi Francesco ha superato il così detto “periodo di comporto”, cioè il periodo di assenza per malattia dopo il quale puoi essere licenziato a norma del CCNL . Nel periodo di comporto non è compresa l’assenza per malattia professionale causata da inadempienze del datore di lavoro (9), ma se questa non ti viene riconosciuta, invece che risarcito dall’azienda che te l’ha fatta venire, puoi essere licenziato come un cane. Con una malattia invalidante la tua famiglia dovrà accollarsi gli oneri dell’assistenza e cura, della perdita di uno stipendio, oltre al dolore, alla paura, allo stress, allo sbattimento, alle limitazioni che la malattia comporta, e alle eventuali spese legali qualora si scelga di andare per avvocati.
La cosa è tanto più grave se si pensa che il riconoscimento da parte dell’Inail serve al lavoratore in caso di denuncia dei vertici aziendali per omissione di tutele e di richiesta del risarcimento in sede civile. Certo, si può far causa anche senza il riconoscimento dell’Inail, ma è tutto più difficile, anzi: il mancato riconoscimento è un punto a favore dell’azienda. L’aver predisposto un sistema dove, in prima battuta, è l’Inail (cioè l’assicurazione che dovrebbe poi pagare il danno) a dover riconoscere l’origine professionale della patologia e a quantificare l’invalidità, non ha fatto sorgere ai nostri acuti legislatori alcun dubbio su un eventuale conflitto di interessi.
Un bell’intervento della sezione di Savona di Medicina Democratica (10) descrive le complicità di cui dispone l’INAIL per negare i diritti a malati e infortunati: Ve le riassumo: Medici dei Pronto Soccorso, che non rilevano tutti i danni causati da un infortunio, ma solo i più evidenti. Di conseguenza i danni denunciati successivamente, non compresi nel referto del PS, difficilmente vengono riconosciuti. Le prognosi del PS non superano mai i 40 giorni, così non scatta in automatico l’indagine giudiziaria. Medici di famiglia, che non indagano sull’origine professionale della malattia e non procedono alla relativa segnalazione all’Inail . Il lavoratore in malattia percepisce così un’indennità Inps minore di quella Inail, e la sua assenza dal lavoro grava sul periodo di comporto e su altri istituti contrattuali. Medici dell’Inps, che rinunciano ad approfondire le cause professionali della malattia e a pretendere che sia l’Inail a risarcirla. Medici dei patronati, a cui i lavoratori si rivolgono per le pratiche Inail o per i ricorsi. Sono medici (mal) pagati dallo Stato un tanto a visita, e tendono quindi a farne tante, frettolose e superficiali. Medici competenti aziendali, che dipendono dalle imprese e ne subiscono i condizionamenti. Medici dell’Inail, che si comportano come i dipendenti di una Spa assicurativa negando l’evidenza dei danni o della loro origine. Abdicano al loro compito istituzionale di accertamento e valutazione del rischio, basando sulla valutazione fornita dall’azienda la negazione del riconoscimento della malattia professionale. Obbligano i lavoratori ad andare in giudizio, costringendoli ai relativi costi e ai lunghi tempi di attesa. In caso di infortunio, lo chiudono il prima possibile, facendone derubricare le conseguenze a malattia generica a carico dell’Inps. Consulenti della Contarp (consulenza dell’INAIL che studia i rischi e fornisce un supporto tecnico nella valutazione), famosi per sottostimare l’esposizione dei lavoratori alle fibre d’amianto. Governi e forze politiche del Paese, che se ne fregano dell’aggiornamento delle tabelle delle malattie professionali, dalle quali rimangono fuori tantissime patologie causate dalla continua introduzione di nuove sostanze nei cicli produttivi (le malattie professionali “tabellate” beneficiano della “presunzione legale di origine”, cioè non viene richiesto al lavoratore di provare, con indagini ambientali, l’effettivo livello di nocività del luogo di lavoro). Sindacati e RSU, che hanno firmato accordi che prevedono il ricorso obbligatorio all’arbitrato (invece che alla magistratura) per le controversie di lavoro, comprese quelle riguardanti la salute. Gli stessi sindacati non si sono opposti, negli anni, al dilagare di quelle forme di lavoro precario per le quali è impossibile o addirittura non previsto il riconoscimento della malattia professionale. Lavoratori, che ormai abituati a delegare, rinunciano a difendere i propri diritti in prima persona.
Ma ora torniamo ai nostri 155,352 milioni di euro e vediamo come verranno spesi.
9,102 milioni di euro sono destinati a progetti per l’adozione di modelli organizzativi per la gestione della sicurezza. Si tratta di quei modelli (leggi: costruzioni burocratiche e cartacee) il cui unico scopo è quello di esentare le aziende dalla responsabilità amministrativa delle persone giuridiche – prevista dal D.Lgs. 231/01- in caso di omicidio colposo e lesioni personali colpose commesse in violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro (11).
146,250 milioni di euro sono destinati a:
– progetti di investimento (strutturali e macchine)
– progetti per l’adozione di un sistema di responsabilità sociale certificato SA 8000 modalità di rendicontazione sociale asseverata da parte terza indipendente.
Qualcuno potrebbe obiettare che la sicurezza intrinseca di strutture e macchine è un obbligo di legge già dagli anni ’50, e che i costi relativi al rispetto di tale obbligo sono di competenza aziendale. Il rinnovo dei macchinari è finalizzato alla produttività, e non si vede perché debba essere pagato con i soldi dei contributi.
Quanto al sistema di responsabilità sociale SA 8000, esso prevede che all’interno delle organizzazioni certificate siano tutelate alcune condizioni basilari, relative a lavoro infantile, lavoro obbligato, salute e sicurezza, libertà di associazione e diritto alla contrattazione collettiva, discriminazione, pratiche disciplinari, orario di lavoro, retribuzione. Tutto molto beeeeello … ma forse poco efficace !!! Fra le aziende italiane certificate infatti troviamo (12):
- Autogrill Spa, che nonostante la certificazione SA8000 non si è fatta scrupoli di licenziare nel 2012 un centinaio di dipendenti fissi (comprese lavoratrici madri) per sostituirli con precari con contratti di 15 giorni. Lo stesso anno la sua coop di appalto a Pavia ha decurtato i salari dei propri lavoratori.
- Trenitalia S.p.A – Divisione Passeggeri / Direzioni Regionali Toscana e Marche. Su come il Gruppo FS rispetti la sicurezza e i lavoratori chiedetelo a Dante De Angelis.
- Costa Crociere S.p.A (ogni commento sulla gestione della sicurezza è superfluo).
Insomma, soldi sprecati in castelli di carte o distolti dall’obiettivo di supportare lavoratori e famiglie già gravate dal dolore; negazione di diritti e di dignità: questo è l’Inail. Ma credete che alla banda di cialtroni che attualmente si dimena nella campagna elettorale freghi qualcosa ?
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Note:
(1) Inail, Finanziamenti ISI 2012.
(2) Inail, Bilancio di previsione 2011, p. 121.
(3) Inail, Bilancio di previsione 2012, dic. 2011, p. 131.
(4) Inail, Rapporto annuale 2011. Parte quarta, giugno 2012.
(5) Corte dei Conti, Determinazione e relazione della Sezione del controllo sugli enti sul risultato del controllo eseguito sulla gestione finanziaria dell’INAIL per l’esercizio 2010, p. 86.
(6) Inail, Bilancio di previsione 2011, p. 90
(7) Inail, Bilancio di previsione 2012, dic. 2011, p. 84
(8) Elisabetta Reguitti, Ilva: la roulette russa della vita. La storia di Francesco Maggi, Articolo 21, 15 agosto 2012.
(9) Cassazione Sezione Lavoro n. 28460 del 28 novembre 2008, Le assenze per malattia professionale o infortunio sul lavoro non sono computabili nel periodo di comporto se il datore di lavoro ne è responsabile
(10)Sportello Salute di Savona, Inail: ente previdenziale o ricco serbatoio di denaro per padroni e governo ?, in Medicina Democratica, gennaio/dicembre 2012, pp 115/120.
(11) Il Decreto Legislativo 231/01 prevede la responsabilità amministrativa a carico dell’ impresa nel caso vengano commessi, a vantaggio dell’impresa stessa, alcune tipologie di reato da parte di persone che rivestono al suo interno funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, o da parte di personale sottoposto alla loro direzione o vigilanza. Fra le tipologie di reato vi sono l’omicidio colposo e le lesioni personali colpose commesse in violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro. Con il 231/01 vengono introdotte, oltre alle sanzioni penali per le persone fisiche responsabili, ad esempio, di un grave infortunio, sanzioni pecuniarie e interdittive (come il divieto a contrattare con la pubblica amministrazione) per l’organizzazione che ha tratto profitto dal compimento del reato stesso (vedi: risparmio sulle tutele infortunistiche). L’impresa non è però ritenuta responsabile qualora abbia adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire il reato in questione. La sostanza è una bella “pigliata per fessa”: basta creare una montagna di procedure scritte per i sottoposti, il cui rispetto sia formalmente obbligatorio e informalmente vietato , oltre a un sistema di controllo fatto di verbali e carta varia dove si scrive che tutto va bene, tranne quando capita un infortunio grave. Ma in quel caso è colpa del povero culo di sottoposto che non ha seguito le procedure, non certo della direzione o dell’impresa.
(12)SA8000 Certified Facilities List, June 30, 2012
grazie …