Internazionalismo: la storia dei militanti cileni in Mozambico
Internazionalismo: la storia dei militanti cileni in Mozambico
In fuga dalla dittatura pinochettista, molti esponenti del Movimiento de Izquierda Revolucionaria si batterono per l’indipendenza del paese africano
di David Lifodi
“Chi lotta non sempre ha la certezza di vincere, ma chi non lotta perde sempre”: può essere riassunta in questo slogan la vita di María Cristina Pacheco, militante del Movimiento de Izquierda Revolucionaria (Mir) cileno che negli anni Ottanta scelse l’impegno internazionalista partecipando in prima persona alla lotta indipendentista e rivoluzionaria del Mozambico.
Qualche mese fa María Cristina Pacheco ha raccontato la sua storia alla libreria di Le Monde Diplomatique a Santiago del Cile nell’ambito del forum La Mujer en la lucha Anticolonialista y Antimperialista, a 40 años de la invasión marroquí al Sahara Occidental: qué pasa en África, Chile y Venezuela? Il percorso di María Cristina Pacheco è interessante sotto molti punti vista, a partire dalla costruzione di un processo socialista in un paese africano, inseguendo quell’utopia che a suo tempo fu di Ernesto Che Guevara in Congo. A differenza dell’esperienza guevarista, “l’anno in cui non andammo da nessuna parte”, disse il Che sull’avventura congolese, nella seconda metà degli anni Settanta molti militanti del Mir, che in Cile erano costretti a vivere in clandestinità a causa del regime pinochettista, scelsero di andare in Mozambico per appoggiare la lotta di emancipazione dal colonialismo portoghese promossa dal Fronte di Liberazione mozambicano (Frelimo): la salida dell’esercito portoghese dal paese africano fu negoziata il 25 giugno 1975. I miristi svolsero un ruolo fondamentale nel processo che portò alla presidenza del paese Samora Machel, il quale per lunghi anni aveva combattuto nelle file della guerriglia. María Cristina Pacheco arrivò a Maputo nel 1980 nella speranza di sostenere ed essere partecipe di un governo rivoluzionario a cui il Frelimo aspirava fin dalla sua nascita, avvenuta nel 1962. Prima della liberazione del paese, nella capitale Maputo vivevano almeno 600mila portoghesi che tenevano in schiavitù e miseria il resto della città. María Cristina Pacheco cominciò a lavorare in una sorta di agenzia di comunicazione che era alla diretta dipendenza del Ministero dell’Informazione. In questo contesto la militante del Mir lavorò a stretto contatto con un esponente della guerriglia argentina dei montoneros che aveva trovato riparo in Mozambico, in fuga dal regime militare del suo paese, dove era ricercato. Il lavoro di comunicazione e propaganda fece comprendere a María Cristina Pacheco le ragioni dell’internazionalismo rivoluzionario indipendentemente dal luogo di nascita: in Mozambico la donna intravide una prospettiva di sviluppo del socialismo che in Cile era stata interrotta, con la violenza, proprio sul più bello. Il quarto congresso del Frelimo fece registrare una massiccia presenza di esponenti del Partito comunista cileno, di quello socialista e della Izquierda Cristiana. Gli internacionalistas avevano diritto di parola all’interno del Frelimo, dove però cominciarono a sorgere dei contrasti tra l’ala più radicale e i tanti che erano saliti all’ultimo momento sul carro del vincitore. Il direttore dell’agenzia di comunicazione in cui lavoravano María Cristina e il militante montonero accusò entrambi, e tutti i cooperanti, di essere venuti in Mozambico per impossessarsi delle ricchezze del paese. Eppure, nonostante le difficoltà che attraversava il processo rivoluzionario in Mozambico, María Cristina Pacheco scoprì la storia della leggendaria guerrigliera Josina Machel, uccisa il 7 aprile 1975, pochi mesi prima della liberazione del paese. Da allora, in Mozambico, il 7 aprile si celebra come la giornata della donna. Nel 1986 il presidente Samora Machel morì in un incidente aereo poco chiaro (di certo c’è che fu tutt’altro che casuale) e al suo posto alla guida del paese arrivò Alberto Chissano, di ispirazione socialdemocratica. Il suo governo durò fino al 2005, ma l’esperienza rivoluzionaria terminò con l’uccisione di Samora Machel: da allora il neoliberismo rappresenta la vera guida del paese, come del resto il Cile di María Cristina sotto i governi della Concertación. La militante mirista tornò in Cile nel 1985, da un lato delusa perché progressivamente tutti gli esponenti più radicali del Frelimo erano stati pian piano epurati, ma dall’altro determinata a proseguire la sua lotta contro il capitalismo depredatore.
Dell’esperienza del Frelimo resta la storia, poco conosciuta, ma coraggiosa, di tanti militanti cileni che provarono a riprendersi quel futuro rubato loro in Cile con l’abbattimento di Salvador Allende e della sua Unidad Popular ad opera di Pinochet. Oggi quello stesso spirito di cooperazione sud-sud lo troviamo nelle mille esperienze di mutuo aiuto dei movimenti sociali latinoamericani e nelle misiones brasiliane, cubane e venezuelane all’insegna di una solidarietà internazionalista che in America Latina e nel sud del mondo continua a non avere frontiere.