Intervista a un ladro non previsto
di Gianni Boccardelli (da «Il dirigibile»)
Qual è il bottino di oggi?
«Eh, la solita roba. Burro, dadi, yogurt, tonno. Non accenda il registratore però, anche se mi fido di lei non voglio che abbia la mia voce da qualche parte. Il taccuino basta e avanza».
D’accordo. Come ha cominciato a rubare?
«Una dozzina di mesi fa, non voglio dire la data precisa. E’ stato quando ho fatto i conti: da una parte affitto, spese, il mangiare e dall’altra la mia pensione. Avrei bisogno del doppio di soldi, grosso modo. Forse un po’ meno… se non ci sono imprevisti.»
Chi ne è al corrente?
«Che rubo abitualmente? Nessuno».
Non ha famiglia?
«In pratica no».
La salute?
«La mia? Non troppo male. Acciacchi fisici sì, ogni giorno un dolore diverso però nulla di grave e la testa va».
Qual è la tecnica di furto?
«Beh son sempre stato abile e veloce con le mani, avrei potuto fare il pianista. Mi sono messo a pensare se, nonostante le telecamere e quei robi che suonano, era possibile rubacchiare quel che mi serviva. Ho studiato bene la faccenda, ho fatto qualche prova ed eccomi qui».
Mi accennava prima che ha una sorta di agenda…
«Sì, una mensile di massima e una quotidiana. Se oggi posso comprare il latte e un pacco di riso, devo rubare una mela…»
Le mele portano male dai tempi dell’Eden…
«Sì, ci ho pensato anche io ma mica sono Eva… (ridacchia, è l’unica volta in tutta l’intervista) e poi il Paradiso terrestre lo abbiamo già perso».
E l’altro paradiso, quello dei cristiani? Se lei è un credente come pensa che verrà giudicato per il suo rubare ogni giorno?
«Lei fa strane domande, non sembra un giornalista. Boh, io sono un credente molto tiepido, mi preoccupa più il carabiniere o il vigilante che san Pietro. Però sì, ci ho pensato e la risposta è: cos’altro dovrei fare? Ammalarmi di inedia? Se c’è un Dio può essere così cattivo da punirmi per questo?».
Torniamo alla “lista” quotidiana o settimanale.
«Stavo dicendo che se oggi compro latte, biscotti e pasta poi devo rubare mele e banane. E’ un calcolo complicato perché devo tener conto delle offerte. Se mi faccio il giro dei supermercati (in bus o a piedi, non ho l’auto) e vedo un 3×2 rifaccio i miei calcoli. Poi ci sono cose che non posso prendere perché si ammaccano… o perché suonano».
Cioè?
«Mi sono studiato cosa davvero è marchiato e se lo metto in tasca o in borsa suona quando passi le porte là, come si dice? magnetiche credo. Per esempio la carne confezionata, alcuni prodotti cari».
La carne non potrebbe farsela preparare al bancone?
«E poi non pagarla? Troppo rischioso. No, ogni tanto, ma davvero di rado, compro carne o pesci ma quel giorno mi attrezzo per farmi “regalare” dell’altro».
Sindacati o patronati? Non potrebbe chiedere aiuto?
«Non voglio entrare in particolari che possano identificarmi ma diciamo un po’ sì e un po’ no. Poi c’è chi sta peggio di me e finché me la cavo da solo beh per il mio morale, la dignità se vuole, è senz’altro meglio che io non chieda elemosina».
Ma è un aiuto non carità.
«Dipende se te lo fanno pesare… e da tante altre cose».
E se la prendono mentre ruba?
«Prima o poi accadrà. Penso che la prima volta, magari anche la seconda, ne uscirò pulito senza denuncia. Credo che i supermerket e forse anche le botteghe si passino la lista o addirittura le foto di chi ruba… così una volta schedato è tutto più difficile. Poi non so davvero cosa succederà».
Ha fiducia che un futuro governo alzi le pensioni minime?
«Non molto. Ma le ho detto in partenza che non voglio parlare di politica».
Cosa la agevola nei furti e cosa la danneggia?
«Mi facilita essere relativamente ben vestito, parlare bene, essere conosciuto nel quartiere e in quelli vicini. Mi facilita avere abituato chi sta alla cassa che faccio sempre piccole spese ma ogni giorno. Mi aiutano alcuni trucchetti che non posso dirle. Mi danneggia che, siccome rubano in tanti, i supermarket sono pieni di telecamere ma anche di vigilantes che fanno finta di essere clienti e cose simili. Alla lunga mi danneggerà l’età che rende più incerti i movimenti. Mi danneggia la tentazione di prendere altro e ancora altro… ma resisto. Mi danneggia l’abitudine e per questo vario sempre i miei movimenti in modo da non cadere in automatismi».
Non posso chiederle cosa faceva di lavoro ma lei mi sembra un buon organizzatore, almeno in potenza.
«Chissà, forse lo ero».
Una sua giornata tipo?
«Le ho detto: controllo le offerte, vado in giro, prendo quel che mi serve e pago quel che posso. Metà e metà. Grosso modo. Sempre poca roba».
Niente bar, niente librerie?
«I bar li frequentavo poco anche prima. Mi piace leggere ma ora vado in biblioteca oppure chiedo in prestito ad amici che possono permettersi di comprare libri».
Dunque ha amici.
«Certo ma forse dovrei dire buone conoscenze, non cose vere, profonde. Amici importanti, non più. E purtroppo leggono poco, per quello vado in biblioteca».
Amori?
«Per favore lasci perdere».
Lei ha l’impressione che qualcuno si sia accorto dei suoi furti e abbia lasciato correre?
«Forse. In un discount una cassiera tuttofare mi guardava in modo strano, un sorriso enigmatico. Nel dubbio non sono più tornato lì, non volevo metterla in imbarazzo se mi voleva coprire e non potevo rischiare se mi gettava un’esca».
Lei pensa che ce ne siano molti a comportarsi così? Anche donne?
«Sì. E poi la crisi avanza no? Alcuni li vedo e se me ne accorgo io vuol dire che si faranno beccare presto. C’è una vasta, come si dice? non mi viene il termine…. tipologia forse: l’ingordo, il cleptomane, il poverissimo, il tossico che neanche capisce più dov’è e cosa fa, poi il mani d’oro».
Donne?
«Qualcuna. Per quel che vedo fermano ragazze giovani, barbone e signore apparentemente per bene. Di ogni tipo, come gli uomini»
Rimorsi? O si considera un Robin Hood minimo?
«Non ci penso granché. Non mi sento un ribelle semmai, come direbbero i ragazzi, uno sfigato. Adesso basta, smettiamo questa chiacchierata che fa caldo e devo finire la spesa».
A parte i ladri veri (quelli che siedono nella direzione delle banche, delle grandi imprese, dei governi) che raramente ho incontrato, quando per un breve periodo facevo il giornalista, ho conosciuto 5-6 ladruncoli, diciamo di serie C.
Di uno (del genere “acrobatico”) sono diventato così amico che gli ho fatto da testimone di nozze: posso dire il suo nome, Alberto, perché lui ha pagato il suo debito con la giustizia (se mettere le virgolette o no alla parola giustizia ci ho pensato mezz’ora).
Avevo un amico, ladro più che occasionale soprattutto quando iniziò a “farsi” che mi rubò la bicicletta. Quando lo scoprii – in effetti lui non sapeva che era mia – ci rimase così male che ne andò a fregare un’altra (a mia insaputa) per ridarmela. Una volta stava dicendo, non so più a che proposito, «mi vergogno come un la…», poi si ricordò che lui era davvero un ladro e lì tutti lo sapevamo, così la buttò a ridere: «volevo dire, mi vergogno come un democristiano». Il suo soprannome era Giraffa per via del lungo collo, purtroppo fece una brutta fine.
Ci sono i borseggiatori-artisti e qualcuno mi ha incantato come quei serpenti che si fanno stregare dal flauto.
Ma il ladro che ho intervistato qui sopra è davvero molto particolare: ruba per assoluta necessità, forse per giustizia (virgolette o no?) sociale.
Per non farlo identificare ho omesso tutti i particolari, compresa la città, l’età (ma è con ogni evidenza un over 65) e le circostanze, davvero buffe, in cui l’ho conosciuto e avendolo aiutato…. gli ho chiesto in cambio una intervista con tutti gli «omissis» a sua tutela. Gli do del «lei» non per convenzione giornalistica ma perché è una persona che incute una sorta di rispetto perfino per come è vestito.
Un giornalista non è tenuto a rivelare le sue fonti e il suo mestiere non è condannare o assolvere. Però da ciò che un giornalista scrive traspare se ha un’etica e magari idee politiche: io sarei contento di mandare in galera un mafioso o un violentatore ma lui, quello che ho intervistato, non mi pare un nemico della società. Ho buone ragioni per ritenere che tutto quel che mi ha detto sia vero. Più che un ladro lo ritengo qualcuno che si riprende una piccola parte di quel che gli hanno tolto. Perciò mi schiero: buona fortuna.
buona fortuna anche da parte mia
mi associo allo schieramento.
Questo pezzo evidentemente ha colpito… se subito arrivano tanti commenti. Dò conto di tre arrivati nella mia posta invece che in blog.
Il primo arriva da un amico sardo mi fa sapere che ieri un tipo, armato di forchettone (da cucina suppongo a meno che i testimoni non si confondano con un forcone o un kriss) ha tentato di rapinare un discount a San Teodoro: lo hanno beccato, ovviamente.
Gli altri due msg (uno da persona sconosciuta, l’altro – e mi sorprende – da un amico) mi chiedono in sostanza: ti sei auto-intervistato? Rispondo: no. Per tanti motivi quel “mister X” non potrei essere io. Intanto non sono pensionato e chissà se lo sarò; poi non mi affascina l’auto-delazione e neppure il giornalismo di fantasia: ma soprattutto non ho quell’abilità (io che l’ho visto in azione, vi assicuro che “mister X” è quasi un prestigiatore) e anzi chi mi conosce dovrebbe sapere che, con le mani, sono una specie di elefantone, di Paperoga… mi beccherebbero dopo tre secondi e questo mi esenta da ogni tentazione. (db)
Nasce spontanea la solidarietà umana per questo personaggio, quasi obbligatoria. Ma è una reazione emotiva. Se questi espedienti per vivere dovessero moltiplicarsi nella società, allora sarà il tempo di ribellioni organizzate, di messa in discusione della legalità borghese. Non si tratterà più di riesumare gli espropri proletari, o di rubare in senso generico, ma di mettere in discussione, per poi abbatterlo, un sistema che costringe le persone a considerare la sopravvivenza un furto. La vita come fosse un furto.
Ma noi dovremo sapere che è la proprietà ad essere un furto…
Qualcuno ha detto che fondare una banca è molto più criminale che rapinarla…
“dovremmo”…
Colpita e affondata dall’intervista.
Per il momento anche io mi schiero e aggiungo il mio “buona fortuna”. Per il resto concordo con Gino.
Grazie, db.
c.