Io e Domenico, di Venerdì mattina
di Pabuda
mentre arrivavo,
stamattina affrettandomi
per timbrare il cartellino
entro le sette e quaranta,
Domenico scappava via
in bicicletta,
con sulle spalle lo zainetto
e verde in testa
un grosso berretto
di lana.
smontava dal turno
pesante, quello
al buio notturno.
di preciso non saprei
dire
in che direzione
pedalasse.
penso verso un qualche
condominio in periferia:
dove, un tempo, si lavorava
in fabbrica e ora si va solo
per dormire, far compere,
portare a spasso il cane
e litigare coi vicini.
però ci potrei giurare:
appena arrivato a casa,
avrà svegliato morbido la moglie
ché non facesse tardi
per il turno mattutino suo.
spero abbia fatto anche in tempo
ad accompagnare la piccolina
bionda, sveglia, furba, peperina
all’asilo comunale,
che a lei andarci in bici piace da matti.
e poi dicono
che non esiste più il proletariato…
oltre tutto, prima di voltare l’angolo,
Domenico, alzando un braccio
e volgendo un poco la testa,
m’ha salutato.
oltre tutto…m’ha salutato!
buona giornata!
🙂