Ira-n-udità
Statue coperte nel Paese che nasconde di Alessandro Ghebreigziabiher (*)
Le statue nude dei musei capitolini a Roma sono state nascoste per non offendere il presidente iraniano e nessuno sa chi abbia dato l’ordine di farlo, nel solito ping pong delle responsabilità. Ditemi voi se esiste migliore metafora del paradosso nostrano sulla bellezza e tutte le sue varietà…
C’era una volta il paese che nasconde.
Le statue, d’accordo, ma non è di certo un caso.
Meramente nazionale.
Indi per cui, nessuno si senta in diritto di inarcare il petto, rifocillandolo di posticcio orgoglio per poter cogliere l’ennesima occasione di rigettare il solito patriottico refrain.
La coltre di stolti allarmi e anacronistiche follie intessuta è ampia.
Fin troppo ampia.
Altrimenti, non parleremmo del paese che nasconde, bensì del paese che una volta ha nascosto, ma poi ha capito. Per buona sorte di tutti, ha capito. Ed è andato avanti, nel presente, ancora prima che nel futuro.
Il paese che nasconde tiene fede al nome con quotidiana pervicacia.
Nasconde desideri normali di creature meravigliose e sogni meravigliosi di esseri normali con la medesima noncuranza.
Nasconde capitoli interi della propria storia passata, ma non si accontenta e, si premura di conservare le pagine sopravvissute. Giammai per ricordare, bensì con il fine di usarle per tappezzare con inaspettata goffaggine gli orizzonti meno probabili. Ignorando che le anime più indomite è proprio lì che andranno a fissare il loro sguardo.
Nasconde luce, un’infinità di luce, tutta quella che non potrebbe controllare, gestire, approfittandone con la foga di un parassita con la propria personale preda. Perché di essa ne sarebbe solo uno spettatore. E il paese che nasconde non rinuncerebbe mai al palcoscenico principale neanche per i propri figli, figuriamoci la luce.
Nasconde colori eccentrici e forme irriverenti come se fossero orribili mostri. Come se non fossero ciò per cui vale davvero la pena rischiare occhi e passioni.
Nasconde vite, un numero incalcolabile di vite, relegandole in castigo alle spalle di una gigantesca lavagna, vecchia e malandata, piena di polvere e crepe, che potrebbe da un momento all’altro crollare su di loro. E quello sì che sarebbe il più imperdonabile dei futuri.
C’era una volta il paese che nasconde.
Che calmino i destrieri, i baluardi del suolo patrio.
In questo è equo, giacché non si limita alle scandalose statue. Difatti, non evita di trattare con altrettanto insensata vergogna frammenti di memoria e colori, forme e vite. Sogni e desideri, straordinari o semplici che siano.
Ma è anche il più paradossale dei nasconditori della storia.
Perché è il paese che nasconde.
Tutto ciò che è bello.
Oh se lo è…
(*) Questo testo è il numero 1311 di Storie e Notizie. Il blog «Storie e Notizie» ha iniziato a muovere i suoi primi passi verso la fine del 2008: contiene racconti e video basati su reali news prelevate dai maggiori quotidiani e agenzie di stampa on line, al seguente motto: Se le notizie sono spesso false, non ci restano che le storie. L’obiettivo è riuscire a narrare le news ufficiali in maniera a volte fantasiosa, con l’auspicio di avvicinare la realtà dei fatti più delle cosiddette autorevoli fonti di informazione. La finzione che superi la verità acclarata nella corsa verso la comprensione delle cose è sempre stata una mia ossessione. «Storie e Notizie» ha un canale Youtube, una sua pagina Facebook e anche la versione in lingua inglese, Stories and News. A novembre 2009 ha debuttato l’omonimo spettacolo di teatro narrazione. (Alessandro Ghebreigziabiher).
RICORDO che qui in bottega «Storie e notizie» viene ospitato – scorrete il colonnino di sinistra e lo troverete – a ogni uscita.
Ah, già che ci sono: ovviamente si possono scoprire altre metafore in questa vicenda di Iran/nud/o e a me, sulle specifiche ital/ipocrisie in questo campo, è subito venuto in mente il recente libro di Anna Meldolesi, che in “bottega” è stato segnalato qui: Il nudo è tutto, meno che manicheo Altri due accenni. Sul fronte Italia di recente in varie occasioni dipinti “discinti” sono stati coperti al passaggio del papa ma la notizia gira poco, non infiamma il dibattito pubblico, non si cercano i colpevoli: vecchie ipocrisie… e poi “si sa” che la sessuofobia della “nostra” religione (quasi di Stato) è meno sessuofobica di quella del nostro vicino. Sul fronte Iran non è certo la prima volta che in Italia si censura qualcosa in nome dei “buoni rapporti” (che sono poi soprattutto acquisto di petrolio e vendita di armi): quando lo Scià a esempio massacrava il suo popolo e torturava gli oppositori (persino in roghi su una sorta di “graticola”) in Italia notizie e foto venivano nascoste – velate, se preferite quest’altra metafora – persino a sinistra, con la pretesa di non disturbare gli affari dell’Eni che allora era considerato una “forza progressista”. E per stavolta fermiamoci qui. (db)