Jacopo Di Giovanni: Pec-cato, il mistero del ministro
Ricevo da Jacopo Di Giovanni e volentieri pubblico. A scuola avevo studiato la frasetta “è del poeta il fin la meraviglia” ma questa piccola vicenda di burocrazia labirintica suscita tale meraviglia da assurgere alle vette della poesia, forse superare l’altezza del monte Scajola (db)
Da un po’ di tempo gli iscritti agli ordini professionali (notai, commercialisti, avvocati, medici ecc) debbono avere una casella di posta elettronica certificata, che permette di inviare e ricevere email con certificazione della consegna, che per la legge valgono come raccomandate a/r.
Il servizio di posta elettronica certificata (Pec) esiste dal 2005 ed è offerto da enti accreditati presso il Cnipa per un prezzo compreso tra i 5 e i 10 euro l’anno.
Gli standard tecnici della Pec sono validi solo in Italia e qualcuno si è lamentato perché ciò rende impossibile una comunicazione elettronica certificata con soggetti stranieri: per esempio le imprese che hanno rapporti commerciali con altri Paesi.
Ma tant’è, da cinque anni in Italia chi vuole può avere una Pec, spendendo meno di dieci euro.
Per i professionisti la Pec è stata resa obbligatoria.
L’obiettivo è quello di risparmiare i costi delle raccomandate ed evitare problemi in caso di irreperibilità del destinatario, variazioni di domicilio ecc. Da quando ce l’ho, io ho ricevuto solo messaggi di pubblicità, ma prima o poi mi arriverà pure qualche multa.
Ora il “ministro” (virgolette per quello che si leggerà più avanti) Brunetta ha dato ampio risalto alla sua rivoluzionaria «posta elettronica certificata gratis per tutti».
Preso dall’entusiasmo, e in barba alle sanzioni penali e amministrative a tutela del diritto d’autore, ha caricato sul sito del proprio “ministero” un articolo elogiativo di Panorama su cui è scritto in basso «ritaglio stampa ad uso esclusivo del destinatario, non riproducibile».
Ma non ci sono lacci e lacciuoli che tengano, l’inarrestabile “ministro” ha compiuto il miracolo: Pec gratis per tutti. Certo, cinque euro l’anno erano proprio una spesa insostenibile per la maggior parte dei cittadini. È bastato un investimento di soli 50 milioni di euro per mettere a disposizione del popolo una tecnologia altrimenti inaccessibile.
È stato dato in concessione – con modalità che sono quanto meno irregolari, e per cui pendono ricorsi al Tar – a un raggruppamento di imprese (Poste e Telecom) il servizio, che sarà fornito gratis ai cittadini che lo richiedano, di posta elettronica certificata.
In realtà non è una vera Pec (infatti si chiamerebbe Cec Pac: «Comunicazione elettronica certificata tra Pubblica amministrazione e cittadino»), perché serve solo per inviare e ricevere messaggi certificati dalla Pubblica amministrazione (Pa) e non funziona invece con le altre Pec: per esempio se un mio cliente volesse inviare un messaggio di Pec all’indirizzo di posta certificata che ho in quanto iscritto all’ordine degli avvocati, non potrebbe farlo usando la Pec di Brunetta.
D’altra parte, invece, chi abbia attivato la Pec di Brunetta riceverà le comunicazioni della Pa (per esempio le multe) presso quella casella di posta elettronica. Poiché la data di consegna, da cui decorrono i termini per rispondere o proporre ricorso, è quella in cui il messaggio è stato recapitato, ma non necessariamente letto o anche solo scaricato dal destinatario, c’è il rischio che molti non abbiano l’accortezza di controllare la propria casella di Pec “Brunetta” ogni giorno e pertanto lascino scadere i termini per rispondere alla Pa o per proporre ricorso.
Per la comunicazione con la Pa, peraltro, non è neanche previsto che il cittadino già in possesso di una propria Pec possa inviare o ricevere su questa le comunicazioni. In sostanza si è reso Poste Italiane il monopolista delle comunicazioni tra Pa e cittadini. A sentire l’amministratore delegato, la Pa invia ogni anno 90 milioni di raccomandate, generando introiti alle Poste per 256 milioni di euro. Se la Pa comunicasse solo tramite la Pec di Brunetta, le Poste ci rimetterebbero un sacco di soldi, quindi un contentino bisogna pur darglielo.
Qual è allora il vantaggio della Pec “Brunetta” per i cittadini? Possono inviare comunicazioni alla Pa senza dover andare all’ufficio postale. Per conoscere l’indirizzo di Pec della Pa a cui vogliono scrivere, c’è il motore di ricerca http://www.paginepecpa.gov.it/ . Se per esempio voglio scrivere al “ministro” Brunetta, vado a cercare fra i ministeri… e non c’è.
Qualcuno deve aver trovato buffa la cosa e la voce si è sparsa, fino a che un deputato ha sollevato la questione. Questa è la cortese replica del “ministro”:
(AGI) – Roma, 27 apr. – «Al deputato Bruno Cesario (Alleanza per l’Italia) sarebbe utile un corso accelerato di educazione civica. Il nostro infatti non è un ministero ma l’insieme di due Dipartimenti (Funzione Pubblica e Digitalizzazione e Innovazione tecnologica) che afferiscono entrambi alla Presidenza del Consiglio. Entrambi hanno pubblicato il loro indirizzo di Pec sul sito www.innovazionepa.it così come nell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (www.indicepa.gov.it). Che il povero Cesario ammetta l’errore: la sua è una balla certificata».
È quanto si legge in una nota del portavoce del ministro Brunetta in risposta alle affermazioni di Bruno Cesario di Alleanza per l’Italia che denunciava la poca chiarezza sul sito del ministero sulla Pec (da: http://www.stato-oggi.it/archives/000105958.html).
Quindi il “ministro” Brunetta in realtà non è un ministro e qualche hacker dispettoso deve avergli fatto uno scherzo scrivendo “ministero” sulla testata del sito ufficiale http://www.innovazionepa.gov.it/
Ma non è tutto.
La Pec “Brunetta”, invenzione orgogliosamente italiana, è riservata ai cittadini italiani. Agli stranieri residenti in Italia non spetta. Loro continuino a fare la fila alle poste, per esempio quando bisogna rinnovare il permesso di soggiorno e gli uffici postali scoppiano di gente…