Juan Vicente Piqueras: «La stanza vuota»
192esimo appuntamento con “la cicala del sabato” (*)
La stanza vuota
A Carlos Edmundo de Ory in memoriam
Era uno dei tuoi giochi preferiti.
Cosa c’è in una stanza vuota?
domandavi. Noi restavamo in silenzio.
Cosa c’è in una stanza vuota?
Quelli che non conoscevano il gioco
dicevano magari: Niente, e tu dicevi: No.
Niente è niente, ho chiesto cosa.
Finché qualcuno diceva, ad esempio: Silenzio.
E tu dicevi: Sì.
E un altro diceva: Polvere.
E il gioco cominciava a decollare.
Orme di passi sopra il pavimento.
Un fantasma. Una presa. Il foro
d’un chiodo. La penombra.
Il quadrato che lascia sul muro
l’assenza di un quadro. Un filo.
Una lettera per terra.
L’impronta di una mano sulla parete.
Un raggio di sole che entra dalla finestra.
Una ragnatela. Un pezzetto
di carta. Un’unghia. Una formica smarrita.
La musica che arriva dalla strada
(c’è musica senza nessuno che la ascolti?).
Una macchia d’umidità o di fumo.
Scarabocchi o uccelli o nomi
o un disegno di Laura sulla parete.
E tu dicevi sì o no.
Tu lo sapevi. Eri l’inventore del gioco.
Tu già sapevi, Carlos, cosa c’è
nella stanza vuota dove sei appena entrato.
Era uno dei tuoi giochi preferiti.
– Cosa c’è in una stanza vuota?
– Un fantasma.
– L’hanno già detto.
– Sì, ma quello che dico io è un altro.
[da «Vigilia di restare», traduzione di Raffaella Marzano]
(*) Qui, il sabato, regna “cicala”: libraia militante e molto altro. Facendo bene i conti codesta cicala ha scoperto di essere “maggiorenne”, cioè da oltre 18 anni invia ad amiche/amici per 5 giorni alla settimana i versi che le piacciono; immaginate che gioia far tardi la sera oppure risvegliarsi al mattino trovando una poesia. Abbiamo raggiunto uno storico accordo: lei sceglie ogni settimana fra le ultime poesie inviate quella da regalare alla “bottega” e io posto. Di solito qui leggete “perciò ci rivediamo fra 7 giorni” ma la cicala invece sparisce per un po’ e dunque proverò – sono indegno, lo sooooo – a sostituirla io. [db]