Karim Metref: «In video l’immaginario malato dell’Europa»

Il meglio del blog-bottega /197…. andando a ritroso nel tempo (*)

Qualche giorno fa, uno spot video (vederlo in fondo all’articolo) – pubblicato sul sito della Comunità Europea – che voleva promuovere l’idea dell’allargamento dell’Ue ha destato scandalo fino a spingere i promotori a ritirarlo. Ma ormai il latte era rovesciato. Anche se di pessimo gusto e privo di creatività, forse quel video rifletteva l’immaginario malato della parte più influente dell’Europa, che vede un mondo fatto di cacciatori e di prede.

Il video incriminato è ispirato al film “Kill Bill”. La protagonista, che rappresenta un Paese europeo qualsiasi, è vestita di giallo e nero come la Uma Thurman del film scritto e diretto da Quentin Tarantino. La nostra “Euroina” è però subito assaltata da tre guerrieri, ognuno praticante una forma diversa di arti marziali: Kung-fu (Cina), Kalari Payat (India), Kapuera (Brasile). L’Euroina si concentra, respira profondamente, allarga le braccia e… si moltiplica in 12. Le 12 Euroine circondano i nemici e tutti si siedono per terra. Mentre i nemici spariscono nel nulla, le Euroine si sciolgono per terra a formare 12 stelle gialle in cerchio su sfondo blu: la bandiera dell’Europa. Il tutto si chiude sulla scritta “The more we are, the stronger we are” (Più siamo, più forti siamo).

Non proprio un capolavoro della creatività umana. Il pensiero si fa subito venale: chi sa quanto hanno pagato questa cagata? Penso ai tanti amici videomaker di talento che conosco che avrebbero ognuno fatto molto ma molto meglio, con un budget minimo.

Ma poi torno a pensare: cosa vuol dire? Chi sono questi nemici: India, Cina, Brasile? Questi Stati sono una minaccia per l’Europa? Se è vero, sono solo loro?

Il pericolo a cui si fa allusione è di ordine economico, è chiaro. Se si parlasse di pericolo bellico non sarebbe sicuramente mancato il musulmano con la sciabola e la cintura di esplosivi… penso. Sì certamente di economia si parla. Questi Paesi, di cui due rappresentano quasi la metà della popolazione mondiale minacciano il benessere economico dell’Europa, quindi?

Quando l’Europa Occidentale e gli Stati uniti che insieme rappresentano meno di un decimo della popolazione mondiale inondavano il mondo con la produzione industriale di cui avevano quasi il monopolio e con la loro produzione agricola dopata con ormoni, veleni chimici e sovvenzioni statali, distruggendo le economie di mezzo mondo e riducendo popoli interi alla fame, le cose andavano bene… Almeno da questa parte della barriera. I soldi colavano a fiumi e il popolo nutrito, vestito, occupato, alloggiato, scolarizzato, assicurato e curato, credeva alla favola del modello ideale e del migliore dei mondi possibili.

Oggi la favola è finita. Il Fondo Monetario Internazionale e la Banca Mondiale impongono alle potenze occidentali le stesse umilianti misure imposte 20 anni fa all’Africa: aggiustamento strutturale. Tagliare nel vivo: ammortizzatori sociali, sanità, scuola, università, cultura…. Il dominio sul mondo c’è ancora ma è solo politico e militare. Il capitale ha da tempo cresciuto ali ed è volato via, verso altri orizzonti. E allora, ecco che bisogna trovare i colpevoli: i Paesi emergenti. Non potevano tenere la testa bassa come prima? Che bisogno c’è di alzarla?

Che un funzionario di Bruxelles abbia sganciato i soldi per pagare questo lavoro e pubblicarlo – senza trovare nulla da ridire sui contenuti – la dice lunga. Il video nel suo piccolo, nonostante il suo pessimo gusto e la mancanza totale di creatività, è come un’immagine del subconscio dell’Europa istituzionale. Anche se la diplomazia dei discorsi ufficiali non lo dice mai in questi termini, il mondo è visto nell’immaginario della politica europea (almeno quella che conta) solo come rapporto di dominazione. O dominatore o dominato. O cacciatore o preda. L’assenza degli Stati Uniti fra le minacce indica che la prima potenza mondiale è considerata un compagno di caccia, capo branco forse ma dalla stessa parte. Gli altri o sono prede o appartengono a branchi rivali.

La crisi che colpisce il mondo in questi dolorosi momenti potrebbe essere una occasione per stabilire regole universali minime in materia di diritto dei lavoratori, di distribuzione equa delle ricchezze, di reddito minimo garantito, di rispetto dell’ambiente e di risparmio delle risorse naturali. Una serie di regole che rilancerebbero l’economia mondiale su nuove basi e risolverebbero più d’un conflitto. E in questa trattativa globale, una Europa lucida e equilibrata potrebbe giocare il ruolo di locomotiva.

Invece i potenti del vecchio continente preferiscono continuare a giocare secondo le stesse maledette vecchie regole che hanno condotto il mondo sull’orlo del collasso e che stanno trascinano la maggioranza della popolazione mondiale verso la povertà e accumulano le ricchezze in mano a poche persone.

Quando si è in difficoltà e si rifiuta di pensare seriamente a come risolvere i propri problemi, resta solo il trovare altri da incriminare e il sogno di diventare supereroi da film “fantakaraté”, capace di tagliare a fettine i propri nemici: Banzaiiiiiiiiii!

https://youtu.be/brTBBd54OEs

(*) Anche quest’anno la “bottega” ha recuperato alcuni vecchi post che a rileggerli, anni dopo, sono sembrati interessanti. Il motivo? Un po’ perché quasi 16mila articoli (avete letto bene: 16 mila) sono taaaaaaaaaaanti e si rischia di perdere la memoria dei più vecchi. E un po’ perché nel pieno dell’estate qualche collaborazione si liquefà: viva&viva il diritto alle vacanze che dovrebbe essere per tutte/i. Vecchi post dunque; recuperati con l’unico criterio di partire dalla coda ma valutando quali possono essere più attuali o spiazzanti. Il “meglio” è sempre soggettivo ma l’idea è soprattutto di ritrovare semi, ponti, pensieri perduti… in qualche caso accompagnati dalla bella scrittura, dall’inchiesta ben fatta, dalla riflessione intelligente: con le firme più varie, stili assai differenti e quel misto di serietà e ironia, di rabbia e speranza che – lo speriamo – caratterizza questa blottega, cioè blog-bottega. [db]

Karim Metref
Sono nato sul fianco nord della catena del Giurgiura, nel nord dell’Algeria.

30 anni di vita spesi a cercare di affermare una identità culturale (quella della maggioranza minorizzata dei berberi in Nord Africa) mi ha portato a non capire più chi sono. E mi va benissimo.

A 30 anni ho mollato le mie montagne per sbarcare a Rapallo in Liguria. Passare dalla montagna al mare fu un grande spaesamento. Attraversare il mediterraneo da sud verso nord invece no.

Lavoro (quando ci riesco), passeggio tanto, leggo tanto, cerco di scrivere. Mi impiccio di tutto. Sopra tutto di ciò che non mi riguarda e/o che non capisco bene.

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