Kazuo Ishiguro dalle parti della fantascienza
di Gian Filippo Pizzo
In occasione dell’assegnazione del premio Nobel per la letteratura a Kazuo Ishiguro pubblichiamo la scheda comparativa fra il suo romanzo «Non lasciarmi» e il film che ne è derivato; tratta dal volume «Mondi paralleli: storie di fantascienza dal libro al film» di Roberto Chiavini, Gian Filippo Pizzo e Michele Tetro (Edizioni della Vigna, 2016)
NON LASCIARMI
(Never Let Me Go, UK-USA 2011, 120 minuti, colore)
Regia di Mark Romanek.
Sceneggiatura di Alex Garland dal romanzo di Kazuo Ishiguro «Never Let Me Go», 2005 («Non lasciarmi», Einaudi 2007).
Con Carey Mulligan, Andrew Garfield, Keira Knightley, Sally Hawkins, Charlotte Rampling, Nathalie Richard.
«Non lasciarmi» è uno di quei romanzi che o si amano o si odiano, senza via di mezzo. «Time» lo ha considerato il migliore romanzo del 2005 e l’ha inserito nella lista dei cento migliori romanzi in lingua inglese pubblicati dal 1923 al 2005, e anche in Italia ha avuto buona accoglienza. Personalmente lo abbiamo trovato decisamente soporifero: la storia dei tre protagonisti non decolla, né quando sono ragazzini in collegio, alle prese con i professori e i compagni e i piccoli avvenimenti che caratterizzano la vita in un convitto; né quando sono adolescenti e giovani, alle prese con le prime pulsioni sentimentali e il “triangolo” che si crea tra loro; né da adulti, ormai inseriti nel sistema con i compiti ai quali erano stati predestinati. Anche il trucco di svelare poco a poco la verità che è alla base della loro esistenza, che sarebbe poi il succo di tutto il discorso, funziona male, non crea la giusta tensione e, una volta compreso, non produce gli effetti che uno si aspetterebbe. In sintesi Ruth, Kathy e Tommy sono alunni nel college di Hailsham, nella campagna inglese, dove studiano in attesa di diventare “donatori”: cosa questo significhi si scoprirà più tardi. Le due ragazze sono legate da profonda amicizia, che non viene mai meno anche quando Ruth si mette con Tommy pur sapendo dell’amore inconfessato tra gli altri due. Da adulti vivono il destino a loro assegnato fin dalla nascita: essi sono infatti dei cloni destinati a donare gli organi (Kathy intanto è diventata assistente di donatori e dunque posporrà la sua prima donazione). Dopo la morte di Ruth, che avviene come di consueto dopo il terzo espianto, Kathy e Tommy coronano finalmente il loro amore e tentano di rimandare la loro sorte sulla base di una diceria che circola nei collegi, secondo la quale le coppie che possono dimostrare l’amore che c’è tra di loro possono ottenere un rinvio di qualche anno prima di sottoporsi agli interventi. La storia si rivela però infondata e a loro non resta che accettare il fato: Tommy muore dopo il terzo espianto (ne aveva già subiti due) e Kathy rimane da sola ad aspettare il compimento programmato della sua breve vita. Il film segue quasi fedelmente il romanzo, rispettandone in pieno sia la vicenda che l’atmosfera – anzi, da questo punto di vista è forse la riproduzione più fedele al testo scritto di tutta la nostra rassegna. Dà pure un po’ di vivacità alla vicenda grazie alle immagini (il regista si proclama kubrickiano, ma ci ha fatto venire in mente anche Tarkovskij). Ma le domande che sorgono a fine lettura/visione sono ineludibili: perché non c’è nessuna rappresentazione del mondo esterno? Ci si chiede come possa essere un mondo basato sull’allevamento di cloni adibiti a organi di ricambio (la storia è ambientata in un presente alternativo in cui la medicina consente la vita media fino a cento anni) ma libro e film non danno risposta. Soprattutto, i protagonisti e gli altri personaggi non si pongono nessuna questione esistenziale, accettano senza ribellarsi, non si chiedono il perché, restano concentrati solo sul problema del loro amore. E siccome il regista ha esplicitamente dichiarato di voler raccontare una storia d’amore, possiamo solo ribattere che forse questo non era il testo più adatto. Troppo poco, troppo irreale: il film, come anche il romanzo, resta interessante ma lascia una forte sensazione di incompiutezza.