Klaatu Barada Nikto
«Ultimatum alla Terra» di Robert Wise: cristologia male applicata
di Fabrizio (Astrofilosofo) Melodia
M’immagino l’evento epocale, ovvero un bel disco volante, traslucido e patinato, che appare nei cieli italiani, dirigendosi deciso verso Roma, la città eterna. Lo si vedrebbe attraversare lentamente le pianure oziose, arrivando verso piazza San Pietro, senza colpo ferire, per poi atterrare senza essere stato invitato in palese divieto di sosta per velivoli. Subito le voci girerebbero, tutte le bocche e le lingue della città semi-addormentata si farebbero sentire, dai prelati all’operatore ecologico, per arrivare alle “capaci” orecchie dei governanti del Paese, intenti ancora a formare il Governo.
Ne vedremmo delle belle, mentre curiosi, esercito, giornalisti e rappresentanti (di qualcosa) affollerebbero la piazza, mai cosi gremita nemmeno per l’elezione del nuovo pontefice, ora alla finestra nel godersi l’inaspettata apparizione.
Improvvisamente, fra lo stupore generale, si aprirebbe il portello: farebbero la loro apparizione due strane creature, un uomo e un robot gigante, con indosso inusuali abiti. Qualche “autorità” si porrebbe innanzi, per dar loro il benvenuto, ma avrebbe un piccolo problema, in quanto i viaggiatori avanzerebbero la pretesa di parlare con la più alta carica del pianeta. E scoppierebbe una guerra solo per definire chi debba rivestire questa rappresentanza. Spettacolo indecoroso per gli alieni in questione, tanto da far bloccare tutta l’energia del pianeta con un semplice schiocco delle dita.
E’ quanto accadde – grosso modo – nel 1951, quando fu proiettato nelle sale la pellicola «Ultimatum alla Terra» («The day the Earth stood still») del regista statunitense Robert Wise, molto liberamente tratto dal racconto «Addio al padrone» («Farewell to the master», 1940) di Harry Bates.
Nella pellicola un disco volante atterra in un parco di Washington e la popolazione, anche se spaventata, si accalca intorno ai militari per vedere. Dal portello esce Klaatu, un extraterrestre, che si avvicina ai militari portando un piccolo dono. Un soldato, tratto in inganno dal panico, spara senza pensarci.
Subito dal disco volante esce un gigantesco robot, Gort, in soccorso del ferito, facendo sparire con il suo raggio laser tutte le armi nelle vicinanze.
Klaatu, dopo essere stato portato in un ospedale, elude la sorveglianza e fingendosi un comune cittadino di nome Carpenter, si rifugia in una casa dove una signora di mezza età affitta camere, facendo in questo modo la conoscenza di Helen, una giovane vedova il cui marito è caduto durante la Seconda guerra mondiale, e di suo figlio Bobby.
Il giorno dopo, Klaatu si offre di fare da baby sitter per Bobby e quest’ultimo lo conduce a casa dell’anziano professor Barnhardt. L’extraterrestre riesce a confidare al luminare che la Terra verrà distrutta dalla Confederazione Galattica (un ente che mantiene la pace grazie a un esercito di automi che pattugliano i pianeti) se le potenze del mondo tentassero di estendere la loro guerra (così frequente sulla Terra) agli altri pianeti.
Barnhardt fa in modo che Klaatu venga ascoltato da una rappresentanza delle persone più importanti del pianeta. Per riuscire a convincerli della gravità della situazione e quindi essere finalmente ascoltato, l’extraterrestre dà una dimostrazione preventiva dei suoi poteri interrompendo, per un breve periodo, l’energia elettrica in tutto il mondo.
Il fidanzato di Helen, insospettito dallo strano inquilino e da un diamante di provenienza sconosciuta trovato nella sua camera, lo denuncia alla polizia. Klaatu fugge disperatamente, finendo poi ucciso.
Gort, il robot entra in modalità «distruzione» ma Helen, avvisata da Klaatu, riesce appena in tempo a pronunciare la storica frase «Klaatu, Barada, Nikto» per bloccare la rappresaglia del robot.
Recuperato il corpo di Klaatu, grazie ad alcuni meccanismi presenti sul disco volante Gort riesce a ridargli la vita. Dopo essersi ripreso, Klaatu rivolge il suo ultimatum alle autorità della Terra, prima di salire sul disco volante e sparire per sempre nello spazio infinito.
Film assolutamente da vedere, rivedere e conservare: un autentico capolavoro dal gusto naif che non può mancare nella cineteca.
Non male nemmeno il remake del 2003, dove un tenebroso Keanu Reeves presta il volto a Klaatu e il robot è realizzato con le più moderne tecniche di Computer Grafica Tridimensionale, non riuscendo però – almeno secondo l’estensore della presente nota – a restituire l’atmosfera di pericolo incombente che domina tutto il film. In sostanza il 3D manca di realtà, proprio quando sembra che la riproduca nei più minimi dettagli; in quel momento di assoluta potenza, manca nel trasmettere l’emotività, è piatta, fredda, senza sostanza.
Si sbatte duramente il naso contro una realtà difficile da digerire, a fronte di milioni di dollari d’investimento e di ricerca costante dell’industria cinematografica degli effetti speciali, da Stanley Kubrick in avanti.
La Computer Grafica non è la panacea per tutti i mali, anzi sembra accrescerli, nel momento in cui risulta più vera la “vecchia” scena della piovra che attacca il Nautilus del capitano Nemo che il Balrog quando lotta con Gandalf nel blasonato e pluripremiato «Il signore degli Anelli» di Peter Jackson.
Niente da discutere sul remake di «Ultimatum alla Terra» per quanto riguarda le sequenze dove non sono presenti effetti speciali, quali l’interrogatorio o la fuga di Klaatu, girate in una atmosfera dark che ricorda le bellissime sequenze in notturna di «Dark City» (1999) di Alex Proyas. Comunque nulla a che vedere con il corposo bianco e nero dell’originale, in cui i chiaroscuri violenti ed espressionisti garantiscono un’atmosfera allucinata e terrificante, mentre il modellino utilizzato per il disco volante non sfigura per nulla.
Alla base di tutto sta la trama, incentrata sulla paura dell’altro e del diverso: in pieno periodo maccartista è un film che si situa ostinatamente contro, con una filosofia pacifista di stampo prettamente kantiano, ripresa successivamente nella serie più illuminista di tutto il panorama fantascientifico, il nuovo corso di «Star Trek» (1966), che avrebbe fatto dell’avvertimento dell’alieno Klaatu il leitmotiv essenziale di buona parte della serie, come ebbe più volte a narrare in diverse interviste il creatore Gene Roddenberry.
Negli articoli preliminari dell’opera giuridica più famosa di Immanuel Kant – quel libretto dal titolo «Per la pace perpetua» («Zum ewigen frieden» del 1791), che meglio di tutti ha saputo rappresentare lo spirito europeo, ispirando la filosofia stessa che oggi giorno anima (o dovrebbe animare) l’ ONU – si può leggere:
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Nessuna conclusione di pace, che sia stata fatta con la riserva segreta della materia di una guerra futura, deve valere come tale. Una conclusione fatta con la riserva segreta di una guerra futura non può definirsi pace, ma rappresenterebbe solamente un armistizio.
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Nessuno Stato che sussiste in modo indipendente deve poter essere acquistato da un altro per eredità, permuta, compravendita o donazione. Uno Stato non deve essere comprato o venduto in alcun modo: uno Stato non è una proprietà ma un insieme di esseri umani, comprare uno Stato significa oltrepassare la volontà delle persone che vivono nello Stato, le uniche a cui si potrebbe imputare la proprietà.
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Gli eserciti permanenti (miles perpetuus) devono col tempo del tutto cessare. Essendo la guerra l’unica finalità di questi eserciti, essi istigano alla guerra. Inoltre un esercito permanente comporta una spesa economica rilevante e spesso l’unica soluzione che uno Stato ha per liberarsi da questo peso economico è fare guerra.
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Non si devono fare debiti pubblici in relazione a conflitti esterni dello Stato. La guerra è una spesa e non un investimento, indebitarsi per fare guerra risulta una doppia spesa a cui, in caso di esito negativo, uno Stato non può fare fronte.
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Nessuno Stato deve interferire con la forza nella Costituzione e nel governo di un altro Stato.
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Nessuno Stato in guerra con un altro deve permettersi ostilità tali da rendere impossibile la fiducia reciproca nella pace futura: come per esempio l’impiego di sicari (percussores), di avvelenatori (venefici), l’infrazione della resa, l’istigazione al tradimento (perduellio) nello Stato con cui si è in guerra etc. Anche durante una guerra deve rimanere fiducia nella disposizione d’animo del nemico.
Ecco dunque le linee guida che ogni governo dovrebbe imporre nelle proprie direttive politiche: nel film l’avviso dell’alieno è chiaro e lampante, alla fine l’alterità non è altro che un ritrovare dal sottosuolo ciò che si era per troppo tempo volutamente sepolto.
Una pellicola fortemente progressista; di quell’illuminismo tedesco che vedeva nell’attività politica e nell’impegno giuridico la vera forza eversiva contro lo Stato monarchico corrotto e inefficiente, istituzione ormai priva di sostanza che andava sostituita dall’ordinamento repubblicano.
L’avvertimento di Klaatu è che l’essere umano non deve in alcun modo permettersi di espandere la propria influenza oltre il proprio pianeta d’origine: in tal modo diffonderebbe la terribile malattia della guerra, contro la quale non esiste rimedio alcuno.
«Non c’è da attendersi che i re filosofeggino o che i filosofi diventino re, e neppure è da desiderarlo, perché il possesso della forza corrompe il libero giudizio della ragione. Ma che un re o un popolo sovrano non lascino ridurre al silenzio la classe dei filosofi, ma la lascino pubblicamente parlare, è indispensabile agli uni e agli altri per avere luce sui loro affari»: ancora Kant in «Per la pace perpetua».
Lo stato di natura in cui versa il mondo è necessitato a esistere per l’intrinseca costituzione umana e dai rapporti di forza empirica che fino a quel momento hanno determinato l’agire dell’uomo, all’inseguimento della ricchezza, del prestigio o delle terre da coltivare per sfamarsi.
Sembra che la sola ventata di pace sia in persone – come Helen, nel fim – non viziate dall’uso strumentale della forza e in atto di usare la Ragione senza condizionamenti, per poter davvero portare di fatto l’attuazione dell’ordinamento giuridico, simile agli Stati federali e alla federazione dei pianeti uniti presente in «Star Trek», che garantisca la vera pace.
E’ la possibilità dell’uomo di crescere e avventurarsi alla scoperta della cosa in sé, che anima Kant: «Due cose riempiono l’animo di ammirazione e venerazione sempre nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si occupa di esse: il cielo stellato sopra di me e la legge morale in me» (a pag 200 in «Critica della ragion pratica», nella traduzione di Francesco Capra, Laterza, Bari, 1966). Un mondo nuovo, che si apre ai nostri occhi, un tuffo nell’infinito sorretti da ragione e sentimento.
UNA BREVE NOTA
Se desiderate incontrare Fabrizio Melodia nella veste (insolita?) di poeta e siete a Mira, dunque in zona Venezia, segnatevi che sarà – con altre e altri – il 27 aprile alle 21 in piazzetta Mira Porte per un reading poetico-letterario sulla Liberazione. (db)