Kurdistan: lotte, repressione e solidarietà
Scioperi della fame, minacce da Parigi e il comunicato della Rete di Solidarietà con la Resistenza Kurda in Sardegna sui processi contro gli internazionalisti
LO SCIOPERO DELLA FAME CONTINUA. FINO ALLA VITTORIA
di Gianni Sartori
Qualche giorno fa, a Strasburgo, 14 curdi in sciopero della fame si sono sottoposti a un ulteriore esame medico. Il dottor Fahrettin Gulsen ha dichiarato di aver riscontrato un peggioramento della loro situazione. Come era del resto prevedibile, dato che ormai per questi militanti si sta avvicinando il novantesimo giorno di digiuno.
Il medico ha spiegato di aver già eseguito oltre una dozzina di controlli generali dall’inizio della protesta e che fatalmente i sintomi sono andati via via accentuandosi e che rimandano a possibili «danni permanenti».
Un primo gruppo di sintomi è rappresentato da malesseri e disturbi sistematici, ricorrenti: nausee, vomito, difficoltà nell’assumere liquidi, vertigini, tachicardia, aritmia, abbassamento di pressione, bruciori gastrointestinali e anali, infiammazioni, dolori acuti. Oltre a una preoccupante perdita di peso.
E non si escludono primi segnali di pericolose infezioni renali.
Gulsen ha poi rilevato un secondo gruppo di sintomi di natura neurologica: difficoltà nel sollevarsi e camminare, sensibilità estrema alla luce, ai rumori e agli odori. Mal di testa che inizia col manifestarsi in prossimità della nuca per poi espandersi dappertutto. E ancora crampi neuromuscolari, ronzii negli orecchi e riduzione dell’udito. Ovviamente si è accentuata la perdita di sonno.
Sintomi presenti ormai in quasi tutti gli scioperanti.
Per concludere: «Sappiamo che nessuno vuole conseguenze negative quali potrebbe derivare dall’ulteriore deterioramento della salute dei militanti in sciopero della fame.
Per questo rispondere alle loro richieste (in sostanza: la fine dell’isolamento per il leader curdo Ocalan – NDR) si configura come un dovere umanitario affinché si ponga termine all’azione di protesta. Sia i cittadini che le istituzioni devono prendere misure urgenti in tal senso. Un improvviso peggioramento potrebbe avvenire in qualsiasi momento in uno qualsiasi degli scioperanti. Non è facile dirlo, ma in quanto medico è mio dovere parlarne. E l’urgenza di questo mio appello va compresa adeguatamente».
Fahrettin Gulsen ha spiegato che le conseguenze negative dello sciopero della fame si riflettono innanzitutto sulla possibilità di muoversi dei militanti, ormai gravemente compromessa. Rimarcando che i visitatori non dovrebbero essere troppo insistenti nel volerli vedere e incontrare, accontentandosi delle notizie fornite dai volontari che li assistono.
In solidarietà con gli scioperanti curdi, in particolare con la deputata di HDP Leyla Guven, dal 12 marzo due esponenti del TKP/ML – comunisti turchi – hanno intrapreso uno sciopero della fame (di cinque giorni, per ora). Si tratta di Seyit Ali Ugur e di Deniz Pektas, al momento rinchiusi in un carcere tedesco. Lo hanno annunciato durante una udienza del loro processo che si svolge a Monaco.
PARIGI: SCRITTE DELIRANTI INVOCANO IL GENOCIDIO DEL POPOLO CURDO
di Gianni Sartori
Come vi sentireste, in quanto curdi, scoprendo che durante la notte qualcuno, presumibilmente turco, ha imbrattato la facciata della vostra casa o della vostra bottega con scritte che apertamente invocano il genocidio per il popolo curdo? Anche perché i precedenti non mancano, vedi il massacro degli Armeni per mano di Ataturk e soci.
Nella notte fra il 12 e il 13 marzo, a Parigi, la facciata di un ristorante curdo (“Mala Bavo” al 173 di rue Saint Denis) è stata ricoperta di tags razziste e fasciste che invocavano un “génocide kurde total en Turquie, en Iran, en Irak et en Syrie”.
Non è il primo attacco anti curdo di marzo. La settimana precedente, l’8 marzo, un incontro-dibattito sul Rojava e sulle lotte delle donne curde in Siria che si doveva tenere a Chatillon-sur-Chalaronne (Ain) era stato annullato a causa delle minacce di fascisti turchi.
E naturalmente i curdi non hanno dimenticato la data del 9 gennaio 2013 quando tre femministe curde – Sakine Cansiz, Fidan Dogan e Leyla Saylemez – vennero assassinate a Parigi in una operazione di “guerra sporca” (*).Tutti gli indizi portavano a identificare i mandanti in quel di Ankara, ma la giustizia francese sembra aver rinunciato a fare piena luce sulla tragica vicenda.
Per l’insegnante franco-curdo Ibrahim Seydo Aydoganha «il fascismo turco è in pieno sviluppo sul suolo francese». E di questo le autorità francesi sarebbero ben consapevoli. Anche se forse non agiscono in maniera adeguata per contrastarlo.
Ricordando come i curdi intendano «vivere in pace con la gente che ci sta accanto quali che siano le loro origini etniche e religiose», Ibrahim Seydo Aydoganha ha ricordato «la nostra inquietudine, dovuta alle recrudescenze fasciste e all’operato di gruppi di individui di origine turca presenti in Europa».
Ovviamente i curdi non cadranno «nella trappola» (scopo evidente della vile provocazione) ma non per questo «resteremo con le mani in mano».
In perfetta sintonia con il tono delle scritte, qualche giorno fa Suleyman Soylu – ministro turco dell’Interno – aveva dato la sua interpretazione sulle cause che portarono ai massacri degli anni settanta. Ne sarebbero stati responsabili i curdi medesimi in quanto dissidenti e ribelli. Medesimo linguaggio quello utilizzato dal “numero uno” dei servizi segreti turchi. Hakan Fidan ha recentemente ricordato ai rappresentanti curdi di avere a disposizione oltre 5mila uomini nelle città europee.
Senza dimenticare quelle che Seydo Aydoganha ha definito «cellule dormienti». In futuro Ankara potrebbe utilizzarle per provocazioni da utilizzare contro i curdi.
(*) cfr Terrorismo di Stato: ieri era Pretoria, oggi è Ankara
NELLA FOTO QUI SOPRA una manifestazione (a Parigi in gennaio) contro il fascismo turco
CONTRO LA CRIMINALIZZAZIONE INTERNAZIONALE
di Rete Kurdistan Sardegna
Nell’orrore della guerra, i curdi e le altre popolazioni della Federazione Democratica della Siria del Nord hanno costruito un sistema di convivenza pacifica e democratica, basato sulla liberazione della donna e sulla gestione comune delle risorse. Per anni questo nuovo modello di società ha dovuto difendersi dalle orde terroriste e
genocide dell’Isis, sostenute dalla Turchia.
Centinaia di volontari e volontarie sono partite da tutto il mondo per unirsi alla resistenza dei popoli della Siria del nord nella lotta al sedicente “Stato Islamico” o per contribuire in altro modo allo sviluppo della rivoluzione democratica. Oggi il dittatore Erdogan attende il completamento del ritiro americano per invadere la Siria del Nord e perpetrare una vera e propria pulizia etnica, nell’indifferenza degli stati europei, che mostrano interesse solo per gli affari che fanno con la Turchia. In questo quadro si è avviato in Sardegna e in Italia un processo di criminalizzazione di tante e tanti combattenti del terrorismo come fossero essi stessi dei terroristi.
In Sardegna, nello scorso settembre, 3 internazionalisti sono stati inquisiti per terrorismo, mentre in Italia, nel mese di gennaio la questura di Torino ha richiesto la misura della Sorveglianza Speciale contro 5 combattenti e solidali. Si tratta di una misura di “prevenzione” che ricorda molto il “confino” dell’epoca fascista e che,se applicato contro dei militanti, implicherebbe la negazione del diritto di svolgere ogni attività politica.
Uno dei solidali sardi già inquisiti per 270bis, Luisi Caria, il quale, nel 2017, prese parte alla liberazione di Raqqa dalle forze dell’ISIS con l’International Freedom Battalion, ha ricevuto nel mese di gennaio la richiesta per lo stesso tipo di misura di prevenzione dei cinque torinesi che sarà discussa al tribunale di Cagliari il 19 Marzo, in seguito al rinvio richiesto dal giudice in occasione della precedente udienza del 21 Febbraio.
Le tempistiche e le modalità con cui le questure si stanno muovendo suggeriscono un coordinamento da parte dello stato italiano, nello specifico del ministero degli interni (di cui le questure sono emanazione) riguardo al trattamento di coloro i quali e le quali hanno mostrato concretamente la loro solidarietà ai popoli della Siria del nord.
Come Rete Kurdistan Sardegna non accettiamo in alcun modo il tentativo di criminalizzare la scelta rivoluzionaria delle tante e dei tanti che hanno deciso di prendere parte alla lotta contro i tagliagole dell’ISIS e di difendere un modello di democrazia dal basso, basato sulla liberazione delle donne, sull’ecologia e la convivenza pacifica e solidale dei popoli.
CHIEDIAMO ALLE ASSOCIAZIONI E ALLE ORGANIZZAZIONI CHE VOGLIANO ADERIRE AL SIT-IN DI PORTARE CON SE’ LE RISPETTIVE BANDIERE. INVITIAMO TUTTE E TUTTI I SOLIDALI CON LA RESISTENZA KURDA E LA RIVOLUZIONE DEL ROJAVA A MOBILITARSI CONTRO QUESTO ENNESIMO ATTACCO REPRESSIVI
I prossimi appuntamenti:
–19 MARZO ORE 9 DAVANTI AL TRIBUNALE DI CAGLIARI, PRESIDIO DI SOLIDARIETÀ CON I COMBATTENTI INTERNAZIONALISTI (https://www.facebook.com/events/411441069615014/) per mostrare la nostra solidarietà a Luisi, agli altri inquisiti e per dimostrare ancora una volta che la solidarietà attiva alla rivoluzione del Rojava non può essere fermata o criminalizzata in nessun modo!
– 23 MARZO ORE 17 RESPUBLICA ALGHERO, NEWROZ (https://www.facebook.com/events/1633578046787332/) per parlare di repressione e resistenza nel giorno che simboleggia l’inizio della primavera per il nuovo anno, la rinascita, ma diventato simbolo di resistenza contro dittatura, colonialismo e patriarcato.
Rete di Solidarietà con la Resistenza Kurda in Sardegna
ERDOGAN- NETANYAHU:
UNO A UNO
(a perdere, come sempre, sono i popoli oppressi, quello curdo e quello palestinese)
(Gianni Sartori)
Stando a quanto riferiva AFP, mercoledì 13 marzo si è tenuta una replica della sceneggiata “chi è più fascista di chi?” interpretata periodicamente da Recep Tayyip Erdogan e da Benjamin Netanyahu. Impossibile stabilire che recitasse da protagonista e chi da antagonista. Del resto i ruoli, almeno per questi ineffabili personaggi, sono intercambiabili.
I due dirigenti Erdogan e Netanyahu (rispettivamente turco e israeliano) sono entrambi in campagna elettorale. E si vede.
L’ultimo scambio di invettive è stato a base di accuse tipo “massacratore di bambini” (Erdogan verso il primo ministro israeliano) oppure “genocida dei curdi” (Netanyahu verso l’esponente turco). Entrambe vere – da un certo punto di vista – e dimostrabili con dati alla mano.
“Che non venga a darci lezioni. Stai ben attento Netanyahu. Tu sei un tiranno” aveva detto Erdogan durante un comizio a Ankara (in vista delle elezioni locali turche del 31 marzo mentre per Netanyahu si tratta delle legislative del 9 aprile) dopo che l’israeliano lo aveva definito “un dittatore”.
Erdogan aveva accusato l’avversario di aver “massacrato bambini palestinesi“ definendolo anche “ladro” (un riferimento alle recenti accuse di corruzione).
A innescare l’ultimo contenzioso erano state alcune dichiarazione di Netanyahu per cui Israele non sarebbe lo Stato-nazione di tutti i suoi cittadini ma “unicamente del popolo ebraico”. Mettendo di fatto (in base alla controversa legge votata lo scorso luglio dal parlamento) ai margini l’intera comunità arabo-israeliana. Affermazioni che il portavoce di Erdogan, Ibrahim Kalin, aveva stigmatizzato come “razzismo palese”.
Pronta la replica del primo ministro israeliano che ha ricordato come le carceri turche siano al momento “piene di giornalisti e di magistrati”. Aggiungendo in un secondo momento che Erdogan “spedisce migliaia di oppositori politici in prigione, opera un vero genocidio nei confronti dei curdi e occupa Cipro-nord”.
Per non essere da meno, Erdogan aveva evocato i recenti scontri tra la polizia israeliana e palestinesi sulla spianata delle Moschee (a Gerusalemme), un luogo sacro dove – secondo l’esponente turco – all’esercito e alla polizia non dovrebbe nemmeno essere consentito di entrare.
Aveva poi rivendicato il fatto che in Turchia nessun ebreo era mai stato perseguitato e che “noi non abbiamo mai fatto a una sinagoga quello che voi state facendo (sempre in riferimento alla spianata delle Moschee nda)”.
Per concludere definendo Israele come “lo stato più fascista e più razzista del mondo”. Detto da uno che se intende.
Ovviamente la polemica a distanza è destinata a riaccendersi e alimentarsi con nuovi pretesti; almeno fino alla conclusione delle rispettive campagne elettorali. Poi si vedrà.
Gianni Sartori
E’ MORTO IN SCIOPERO DELLA FAME IL PRIGIONIERO ZULKUF GEZEN
Nella prigione di Tekirdag, dove scontava l’ergastolo, è morto un prigioniero politico. In carcere dal 2007, Zulkuf Gezen era in sciopero della fame illimitato per protestare contro l’isolamento a cui viene sottoposto il leader curdo Abdullah Ocalan. Attualmente sono centinaia le prigioniere e i prigionieri politici (e altrettanto numerosi i militanti fuori dalle carceri, anche in Europa: a Strasburgo, Parigi, Bruxelles, nel Galles…) che con questa radicale protesta – alcuni da più di cento giorni come Leyla Guven – esprimono la loro ribellione nei confronti della politica carceraria adottata da Ankara.
Gianni Sartori
RETE KURDISTAN SARDEGNA: Giovedì 18 aprile alle ore 9 presidio davanti al Palazzo di Giustizia di Cagliari.
Il 18 aprile il Tribunale di CA riprenderà l’esame della richiesta di Sorveglianza Speciale, presentata dalla Questura di Nuoro a danno di Pierluigi Caria e noi saremo con lui.
Luisi Caria è stato attenzionato dalla Digos, prima a causa della sua solidarietà con la resistenza del popolo kurdo, poi perchè è un antimilitarista e un indipendentista solidale con la lotta dei pastori sardi.
Nel Medio Oriente, scosso dalle brutali politiche colonialiste occidentali, dai terrorismi degli Stati neofeudali e dalle bande prezzolate dell’ISIS, avanza la resistenza di un intero popolo, quello kurdo, che lotta per la civiltà di tutto il mondo, resiste, combatte e sconfigge il terrorismo in Siria.
In Italia e in Sardegna, chi solidarizza con quella resistenza viene criminalizzato!
In Sardegna, chi si oppone al colonialismo dello Stato italiano e si batte per l’autodeterminazione del popolo sardo, chi si oppone alle basi militari e all’avvelenamento del territorio, chi contesta le politiche colonialiste e rivendica i diritti dei sardi, viene anch’esso criminalizzato e represso.
Anche in questo caso l’attacco a tutto il movimento indipendentista e di lotta in Sardegna è chiaro.
Non a caso, cadute le ridicole accuse iniziali di collaborare col terrorismo, Caria è accusato di “aver imbrattato un muro di La Caletta con la scritta -sozialismu e indipendenzia-, di aver sostenuto l’antimilitarismo e l’anticolonialismo con manifesti e volantini e l’aver partecipato attivamente ad una manifestazione di solidarietà con i pastori, con un blocco stradale a Lula” a cui parteciparono migliaia di persone, sindaci con la fascia tricolore ed avvenne DUE MESI DOPO, la richiesta della sorveglianza speciale e che quindi non avrebbe potuto motivarla.
E’ evidente anche il “favore” fatto al despota turco Erdoğan.
La Turchia, oltre a reprimere con ogni mezzo gli oltre 15 milioni di suoi cittadini di etnia kurda, attaccare il PKK (il Partito dei Lavoratori del Kurdistan guida della resistenza), bombardare i kurdi resistenti, invadendo periodicamente anche i confini con l’Iraq, è interessato a giustificare la minacciata invasione del nord della Siria la cui popolazione è prevalentemente kurda nonchè impegnata a realizzare un modello di società basata sulla convivenza pacifica e ugualitaria, sull’ecologismo e il femminismo, libera dalla violenza patriarcale e feudale.
Per tutte queste buone ragioni, Giovedì 18 Aprile saremo ancora di fronte al Tribunale di Cagliari.
GIÙ LE MANI DALLA RESISTENZA DEL POPOLO KURDO!
LIBERTÀ PER IL PRESIDENTE DEL POPOLO KURDO ABDULLAH ÖCALAN!
GIÙ LE MANI DA CHI IN SARDEGNA È IMPEGNATO NELLA SOLIDARIETÀ INTERNAZIONALE E LOTTA PER L’AUTODETERMINAZIONE DEL POPOLO SARDO!