L’ amico di posata
Un poco parabola evangelica, un poco novella deleddiana, ma è una storia vera. di Natalino Piras
Per la festa grande, veniva tutti gli anni in paese uno sportaro, carico di mercanzia, lui e il cavallo: cesti di ogni tipo, lavorati con maestria, fatti di asfodelo, rafforzati a refe, spago e altro cordame, rivestiti di stoffe quelli destinati a particolari occasioni. C’erano le sporte del quotidiano e i cestini dove adagiare i dolci, papassinos, amarettes, marigosos, sa cuffittura e sos turrunzinos fatti circolare davanti agli invitati ai matrimoni, ai battesimi, in altre occasioni solenni. Ancora isportas e canisteddas di varia foggia e grandezza facevano abbondante quella merce, manufatti che servivano per svariati usi domestici: per il grano, per la farina, per contenere mandorle e noci, per stenderci sopra fichi e altra frutta da essiccare, per la conservazione delle provviste, soprattutto per il pane. La festa grande era l’occasione per poter acquistare quei beni, per contrattare con i mercanti che li esponevano in bancarella lungo l’erta che saliva al Santuario e tutto intorno alle cumbessias, in mezzo a torronai, venditori di dolciumi, giocolieri e mendicanti che tendevano la mano per la carità, in mezzo all’altra dolente umanità di tzegos, toppos e istroppiados, tutta gente senza fissa dimora. Lui no, lo sportaio che scendeva della montagna. In paese aveva una casa di riferimento, un amico di posata che lo accoglieva tutti gli anni con cuore grande, perché questa è una delle leggi non scritte della festa: essere ospitali, specie con il forestiero. L’amico di posata provvedeva a che l’altro amico, lo sportaro, mangiasse insieme a loro, la sua famiglia, nel pranzo e nella cena della vigilia e della festa grande. Lo aiutava a scaricare la merce e ricaricarla. Si prendeva pure cura del cavallo, gli aveva preparato riparo e biada nella stalla adiacente alla casa. L’amico di posata sapeva come economizzare gli spazi da dividere con i suoi buoi, il carro ben al sicuro nella corte antistante. Lo sportaro ripartiva mostrando gratitudine, a parole, niente lasciando in cambio dell’ospitalità ricevuta. Menzus a novas. Così per anni. Capitò che una volta, una delle figlie dell’amico di posata avesse visto nella mercanzia dello sportaro un cestino finemente lavorato, l’orlatura di filo rosso, lo stesso colore intrecciato con altri lungo la circonferenza a formare figure di ballo e di danza. Un incanto che portò la ragazza a invaghirsi di quel cestino, a farci sopra qualche sogno. A sera, all’ora di cena, lo sportaro era tornato contento per il buon andamento dei suoi affari. Mangiava e beveva con gusto, pure raccontava e rideva. Il cestino non era stato venduto e riluceva là, distinto in tutto il resto della mercanzia. La ragazza se lo mangiava con gli occhi e a un certo punto non ce la fece più a resistere. Indicò l’oggetto del desiderio. “Bello il vostro cestino, me lo vendereste? Ho messo da parte qualche soldo. Volevo comprare un’altra cosa ma il vostro cestino mi piace troppo”. “Quanto hai?” chiese lo sportaro. La ragazza allora andò nel ripostiglio vicino alla porta, prese le monete da un piccolo moggio di sughero e le mostrò al mercante. “Non bastano” disse questi dopo aver visto, “ce ne vogliono almeno il doppio”. E continuò a mangiare, bere, e ridere. Ma era mutato il clima.
L’anno seguente, puntuale, lo sportaro arrivò per la festa grande. Sapeva dove andare per la posata. La casa stava al centro del paese. Il cavallo era stracarico di mercanzia. Arrivò alla casa dell’amico ma il portale era chiuso. Si sentivano voci provenire dalla cucina, allegria di festa. Lo sportaro bussò. Non gli fu aperto. Bussò ancora, insistentemente. Si presentò allora al portale il padrone di casa. Lo sportaro lo salutò manieroso: “Salute amico? Ti eri screduto perché ancora non arrivavo? Come vedi son qui”. E fece per tendere la mano. “Non vedo nessun amico” disse il padrone di casa. “Né tu meriti amici”. E richiuse il portale in faccia al mercante.
Natalino Piras
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Immagini: Nico Orunesu
Con l’invenzione della TV, gli uomini che non vorresti vedere sono entrati e continuano a disturbarti nel tuo salotto a tutte le ore e con l’arrivo di internet è ancora peggio.