La canzone a pedali di Andrea Satta
«Mio padre era di Luogosanto, in Gallura. Mi raccontava di un luogo amato per i sugheri e per il rumore del mare che, nonostante la lontananza, era nell’aria». Ultimo di una famiglia numerosa («lunga» dice lui) Andrea Satta – l’inventore dei Tetes De Bois che hanno appena festeggiato 20 anni di musica – è decisamente romano eppure la Sardegna è nel cuore. «Per papà ma non solo. Lui ci raccontava della guerra, davanti al fuoco: pause lunghe ma poi ripartiva per ore. Come tanti, nel dopoguerra, siamo partiti dagli scantinati. Quando arrivò mio padre, l’Acqua Bullicante era una periferia carica di migranti. Oggi è lo stesso con tanta gente sola che ha le famiglie di là del mare e vive in attese senza tempo. Ma sono cambiati i Paesi d’origine». Non c’è possibilità di sbagliarsi visto che l’intervista a Satta avviene alla scuola Carlo Pisacane, la più “colorata” di Roma nel Pigneto, quartiere multi-etnico per eccellenza. E’ giorno di festa e canti alla Pisacane ma Andrea Satta non è qui come cantante: lo hanno invitato a leggere qualche pagina del suo «Ci sarà una volta: favole e mamme in ambulatorio». E’ pediatra infatti oltre che musicista, scrittore e genitore – molto presente – di due figli. Inevitabile chiedergli come fa a trovare il tempo per tutto. «Sono sempre in ritardo ai concerti e persino in ambulatorio» sorride: «come pediatra ho una preparazione tecnica ma per dialogare con bimbi e mamme a volte mi serve di più l’arte dell’ascoltare e del raccontare. Il 40 per cento delle persone che vengono da me sono straniere o hanno un genitore non nato in Italia. Mica posso proporre a tutti lo stesso svezzamento o le stesse cure. Devo entrare in una relazione con loro, non mi basta quello che ho studiato sui libri».
Nelle tue parole si avverte l’ammirazione.
«La maggior parte delle persone che migra è piena di coraggio e di progetti».
Torniamo al babbo. Oltre all’arte di narrare ha insegnato ai figli ad amare la Francia dei poeti e delle canzoni.
«Sì, ci faceva ascoltare Aznavour e Becaud ma soprattutto Brassens e Ferrè».
Una buona palestra per i futuri Tetes De Bois.
«Cominciammo con il rock e con loro. Era l’inverno 1992, strano a dirsi nevicava anche a Roma. Il nostro primo concerto fu a Campo dei Fiori, sotto la statua di Giordano Bruno. Non chiedemmo in anticipo l’occupazione di suolo pubblico perchè avevamo un furgoncino e suonammo da lì. Ci multarono per sosta vietata e pagarono le nostre fidanzate dell’epoca … che infatti poi ci lasciarono».
Da allora siete rimasti quasi sempre gli stessi ma in numero variabile. «Al completo siamo così: Carlo Amato, contrabbasso e molto altro; Luca De Carlo, tromba; Angelo Pelini con pianoforte, tastiere e fisarmonica; le chitarre di Maurizio Pizzardi e Stefano Ciuffi; alle percussioni Lorenzo Gentile».
Più ovviamente Andrea Satta alla voce e ai… berretti.
«E’ una mia mania: zuccotti, cappeli, copricapo di ogni tipo. Non riuscirei a cantare senza».
L’ultimo disco si chiama «Mai di moda» dove avete recuperato 30 vostre canzoni (con ospiti vecchi e nuovi) ormai introvabili. Eppure ogni tanto alla moda ci finite: in tv e persino a Sanremo.
«Facciamo qualche incursione nel sistema degli show per avere quel minimo di nome che ti consente di andare in periferia e trovare qualcuna/o con cui parlare perché ti ha già sentito nominare».
A esempio i vostri tour in camioncino del 2007 con concerti, libri e storie dimenticate che finiscono in «Avanti Pop». Però lì di Sardegna ce n’era poca.
«Intanto noi abbiamo recuperato “Sa mundana commedia” di Salvatore Poddighe»
Un testo maledetto.
«Poddighe era un poeta autodidatta, nato a Sassari nel 1871. Minatore prima, emigrato poi, si appassionò alle gare di poesia improvvisata. L’opera che gli dà fama, ma anche guai, è appunto “Sa Mundana cummedia”, una lunga risposta – 1848 versi – a quella“divina” di Dante che fu scritta dopo il 1917. La denuncia dell’ingiustizia sociale («Totu dipendet dae sa faccenda / de non esser comune sa sienda») e l’attacco alla religione vennero osteggiati dai fascisti e dal vescovo. Alla fine Poddighe si impiccò».
Prossima tappa per i Tetes De Bois?
«Un nuovo disco per Leo Ferrè e poi il tour alimentato a pedali».
Le famose biciclette energetiche.
«Sì, ne bastano 128 in azione e noi possiamo suonare per ore, grazie ai cavi a bassa dispersione e altri accorgimenti. Lo abbiamo già provato (a Bari, a Roma, a Napoli, a Verbania) e funziona»
Energia pulita non solo nei testi.
«Bella definizione, magari la ruberemo».
CONSUETA NOTA
Questa mia intervista ad Andrea Satta è stata pubblicata (al solito: parola più, parola meno) sul quotidiano «L’unione sarda» del 10 gennaio. Lo spazio era più che adeguato ma, come quasi sempre accade con persone o storie interessanti, chi scrive rimame con il dubbio di non aver detto abbastanza. Così ho deciso di recuperare una più lunga chiacchierata, che avevo fatto nel 2008 con Satta, e di postarla qui (la troverete con «ricerca»). Però… il consiglio migliore che io possa darvi è di ascoltarlo con i Tetes de Bois; senza nulla togliere al Satta che scrive, è nelle canzoni e soprattutto sul palco – zuccotto o cappellino in testa – che dà il meglio di sè. (db)
care e cari,
in queste ore il blog è infestato da messaggi pubblicitari (a esempio sulla lettera a proposito dei militari italiani in Colombia o sulla “scor-data” di Daniela Pia a proposito del Chiapas). Anche questa invasione, come una precedente, è non concordata e sgradita. La volta scorsa si interruppe subito… e poche/i se ne accorsero. Non so dirvi perchè accade (le famose regole del “mercato”?) e come mai proprio in certi momenti (il blog è più visitato del solito?). Neppure so se potremmo – intendo noi della piccola redaz di codesto blog – evitarlo (ma come? trasferendoci su un luogo pagato?). La discussione è aperta ma intanto volevo-volevamo avvisarvi che noi non gradiamo la pubblicità, tantomeno di questo tipo, e che si cercherà una strada per liberarci di un simile fardello. (db)