La crisi vista da Samir Amin
di Gian Marco Martignoni
E’ stato un Samir Amin radicale e combattivo l’animatore delle due sessioni del seminario organizzato a Milano (nella Sala degli Affreschi della provincia) in occasione del ventennale della Associazione culturale Punto Rosso avente per tema “Come si trasforma il capitalismo su scala mondiale. Dalla crisi del capitalismo alla sfida per un nuovo internazionalismo delle forze antisistemiche”.
In questo resoconto riassumeremo le tesi della sua prima relazione, che ha innanzitutto evidenziato come la mondializzazione costituisca la nuova fase dell’imperialismo, per cui ciò che comanda la riproduzione del sistema è la rendita dei monopoli generalizzati,mondializzati e finanziarizzati, mediante l’accumulazione permanente per espropriazione e conseguente tentativo di privatizzazione dei servizi pubblici.
Questo capitalismo mondializzato ha dichiarato guerra ai lavoratori e ai popoli, e con Lenin per Amin quando gli avversari dichiarano la guerra dobbiamo rispondere con la guerra, non essendo possibile alcuna negoziazione con il neo-liberismo.
Al contempo se si sono sviluppati dei movimenti di resistenza al Nord come nel Sud del mondo dobbiamo prendere atto dell’implosione del sistema capitalistico per via delle sue contraddizioni interne, tant’è che siamo entrati in una lunga fase storica di caos.
Quando si determina una crisi di queste proporzioni è possibile che vi sia un’avanzata rivoluzionaria, ma anche una controrivoluzione caratterizzata da una violenza sociale senza limiti contro i popoli.
Di qui la necessità di definire un programma radicale e audace – perché è l’audacia ciò che manca alla sinistra radicale in questa fase -, in quanto le classi popolari sono vittime, purtroppo, di una triplice nostalgia: quella della socialdemocrazia, quella del socialismo reale (URSS e Cina) e infine quella dei regimi nazional-popolari anti-imperialisti (Africa, Asia).
Questi sistemi conflittuali e complementari hanno effettuato dei progressi importanti, che non possono essere assolutamente disprezzati, ma anche sviluppato contraddizioni interne che li hanno condotti alla deriva e poi praticamente ad affondare.
Peggio ancora delle nostalgie “passatiste” sono le illusioni in forma religiosa (l’Islam ad esempio) e l’illusione che ricerca nel caso dell’Europa un consenso tra monopoli e lavoratori, poiché non vi sono le condizioni storiche per un compromesso come quello avvenuto dopo la II° guerra mondiale.
Anche l’ecologismo naif, ingenuo, fa parte di questa ricerca di un consenso illusorio, quando a proposito della crisi climatica sostiene che per salvare il pianeta serve il concorso sia dei miliardari, che dei lavoratori e dei disoccupati.
Se si cade nella trappola dell’ideologia del consenso, facendoci accecare dal pio desiderio di un mondo buono moralmente, facilitiamo solo l’offensiva del capitalismo, poiché il programma della sinistra maggioritaria ambisce a un mondo migliore, senza però intaccare il potere dei monopoli.
Non ci sarà invece alcun avanzamento rivoluzionario senza attaccare la proprietà privata che è alla base dei monopoli, ad esempio socializzando le grandi imprese dell’agro-businnes che dominano l’agricoltura contadina ( occupando ben il 40% della popolazione mondiale) e le multinazionali del campo farmaceutico, al fine di riorientare la ricerca in relazione ai reali bisogni delle vittime del sistema.
E’ indispensabile la nazionalizzazione delle banche, che è solo l’inizio di un processo, a cui deve seguire una socializzazione della gestione e la de-finanziarizzazione dell’economia.
La riduzione del debito pubblico è una menzogna imposta dal discorso dominante, essendo solo la copertura per attuare i programmi di austerità ed incrementare la rendita dei monopoli di capitali che lo originano.
Rendita che ne beneficia attraverso la sua collocazione sui mercati finanziari.
Bisogna lavorare in direzione di uno sviluppo autocentrato e per una de-mondializzazione dell’economia, in quanto la mondializzazione opera attraverso cinque principi: controllo dei monopoli relativamente all’accesso alle risorse naturali del pianeta, controllo della modernizzazione tecnologica, del sistema finanziario, del sistema di comunicazione e informazione e mediante gli stati imperialisti delle armi di distruzione di massa.
La costituzione dell’Europa, che è un sottosistema del sistema mondializzato, governato nella realtà da una tecnocrazia al servizio dei monopoli, è stato pensato (Monnet docet) per espropriare i popoli europei dall’uso efficiente della democrazia borghese.
Pertanto, è ingenuo pensare di cambiare l’Europa, bisogna semmai decostruirla.
La responsabilità storica della sinistra radicale è in questo senso grande, poiché può sembrare insignificante elettoralmente, ma se si propone dei programmi audaci può avere un sicuro eco popolare ed un successo rapido.
Queste schematicamente sono le sue indicazioni di lavoro:
a)- i Paesi del nord devono costruire un blocco storico alternativo anti-monopolista;
b)- la sinistra radicale deve contestare e smembrare le proposte demagogiche della destra fascista e reazionaria, altrimenti come in Spagna ci sono gli “ Indignados” in piazza, mentre prossimamente le elezioni vedranno il successo con tutta probabilità delle destre;
c)-i Paesi del sud devono costruire blocchi popolari contro quella borghesia compradora che si è arricchita dentro alla mondializzazione.
PS – Il testo di riferimento per approfondire il discorso di Samir Amin è il recente “ La crisi: Uscire dalla crisi del capitalismo o uscire dal capitalismo in crisi?” (2009): 208 pagine per 13 €, Edizione Punto Rosso
finalmente uno che fa proposte… a parte qualche ambiguità sulla sinistra radicale che non ho ben capito… quel riferimewnto agli indignados in Spagna… ne parla bene o male? non si capisce…
alcuni chiarimenti da parte di Gian Marco Martignoni (che era in viaggio, così mi ha telefonato):
1 – Samir Amin segnalava un paradosso (dunque non era una critica agli indignados); ovvero le piazze sono piene di gente di sinistra ma alle elezioni vincono le destre; mancanza di organizzazione e forse non solo
2 – la polemica di Amin con le sinistre radicali non va letta in un’ottica euro-centrica (come ben spiegano i suoi ultimi libri, con interessanti riferimenti a esempio all’India)
Aggiungo io che per quanto Gian Marco nel prendere appunti sia veloce quasi come Bolt nel correre… nella trascrizione qualcosa scappa sempre e dunque rimando anche io ai libri di Samir Amin, sempre molto chiari.
(db)
Interessante.
Salve, Sto cercando il conttato e mail e /o telefonico di Samir Amin per un documentario. Grazie di inviarmelo via e mail se l avete! Cordiali saluti, Nicoletta Fagiolo
io non sono d’aiuto ma presumo che gli editori italiani di Samir Amin (per esempio Punto rosso) abbiano tutti i suoi riferimenti