La difesa europea. Non così
Giancarla Codrignani (insegnante, giornalista, parlamentare), impegnata anche sui temi della pace, riflette sulle modalità della difesa europea (*)
“La carta di Ventotene – la prima figurazione di un Europa politica pensata nel 1943 da antifascisti confinati in quell’isola -prevedeva che tra le prerogative della nuova Europa ci fosse uno strumento della comune difesa.
In quanto diritto anche i pacifisti debbono rendersi conto di non avere nessuna bacchetta magica antimilitarista: anche i militari sono impiegati dello Stato.
La democrazia deve pretendere il rispetto della Costituzione e il primato del potere civile di un Parlamento coerente con la nonviolenza.
Dai tempi dell’Atto Unico che, dopo la prima Conferenza intergovernativa ha approvato nel 1986 la denominazione, già comunemente usata, del nostro Parlamento europeo.
Negli anni cinquanta, quando si temeva la solita invasione sovietica e stava per scoppiare la guerra di Corea, si era già parlato di “difesa europea” e la Nato (1949) attrezzava le linee del proprio confine.
Jean Monnet avanzò la proposta concreta di un progetto preparatorio a cui aderì anche De Gasperi appoggiato da Spinelli.
La CED, Comunità europea di difesa fallì per mancanza di consensi: la Francia era impegnata in Indocina, si configuravano preoccupazioni nazionalistiche, si aggiungeva il problema del riarmo tedesco, sopraggiunse perfino la morte di Stalin e non se ne fece nulla.
Tuttavia con il senno di poi ci si rende conto che, se si fosse messo mano allo strumento militare, sarebbe stato necessario coordinare la politica estera dei governi e, forse, l’unione avrebbe avuto una marcia in più.
Comunque resta un’idiozia che i 27 paesi componenti l’Unione Europea spendano denaro per 27 eserciti che non si sa quali difese possano assumere, tanto più che la Nato ha rappresentato la sola alternativa alla difesa direttamente prestata dagli Stati Uniti in caso di emergenze nel vecchio continente.
Si sono persi anni preziosi – anni di pace – senza far assumere alla gente la consapevolezza democratica del problema in tempi in cui era già molto se si sosteneva l’obiezione di coscienza alla leva militare.
Infatti, nonostante la diffusione del movimento pacifista, persiste la vecchia cultura che vuole la guerra come perenne componente storica della vita umana.
Eppure la crescita dell’educazione, diventata diritto – almeno sulla carta – in tutti i paesi del mondo, il cambiamento simbolico del nome del ministero di competenza diventato Ministero della Difesa dopo esser stato un “normale” Ministero della Guerra non hanno impedito la conversione del soldato in professionista, le tecnologie mirate delle armi leggere, la perversione delle armi letali autonome, il nucleare miniaturizzato e l’aumento del 75% dei guadagni dei titoli dei produttori di armi dopo la guerra ucraino/russa.
Per giunta è tornata l’adozione delle milizie di ventura che riporta a un mondo che non dovrebbe esserci più.
Gli storici del futuro ci accuseranno di non aver approfittato di quasi ottant’anni di pace tra gli europei, compresi gli inglesi della speriamo ex-Brexit.
Perché oggi siamo in piena modernità con il terrore che l’IA entri nella difesa e inviti al rimpianto dei generali del Pentagono.
Come europei da due anni e mezzo siamo dentro una guerra che assomiglia ancora al 1915/18, tolti i cannoni sostituiti dai missili.
Una guerra che tutti sanno dovrà finire con i due contendenti seduti allo stesso tavolo come si sarebbe potuto fare poco dopo il 24 febbraio 2022. Dobbiamo aspettare le elezioni americane 2024.
C’è di peggio. La Nato dovrà cambiare il nome all’ ”alleanza”, se si farà carico del Sudest asiatico: il “Patto Atlantico” potrebbe estendersi al Pacifico.
Inquietanti i viaggi del segretario generale Stoltenberg in Corea e Giappone e la “proiezione italiana” nell’Indo-Pacifico, che ha portato l’anno scorso la nave Morosini fra il Giappone e la Corea del sud e oggi addirittura l’ammiraglia Cavour con il relativo Carrier Strike Group a navigare nel Pacifico.
Dove casualmente Cina ed Emirati (!) stanno compiendo esercitazioni aeree congiunte sullo Xinjiang.
Sono in corso anche le esercitazioni americane Rimpac ai bordi del Pacifico, nelle isole Hawaii: partecipano Francia e Germania, anche l’Italia per la prima volta con la Montecuccoli.
A parte la recente presentazione a Brescia da parte di Leonardo di tre nuove mitragliere da 20 e 30 mm, tradizionali ma tecnologicamente superottimizzate, le attività di mercato di Leonardo e Fincantieri vanno alla grande e il settore non ha cassa integrazione.
Per accrescere le perplessità, nonostante crescenti difficoltà, sembra avviato alla produzione il Tempest, un fantascientifico e, per fortuna, costosissimo caccia di sesta generazione, varato sulla carta da Gran Bretagna, Giappone, e Italia!
Se vincesse Trump, le cassandre prevedono che l’Europa sarebbe esposta a pericoli, anche se Gran Bretagna e Francia non hanno mai cessato di curare la difesa e si ha pudore a ricordare che sono paesi nucleari. Sarebbe invece ora di affrontare una buona volta la questione dello strumento militare comune, ma soprattutto se davvero si deve accettare che la via d’uscita dalle eventuali offese di presunti “nemici” sia la guerra.
Il cittadino privato, quando subisce danno da un altro cittadino ricorre al tribunale, il giudice terzo.
Possibile non volere prevenire neppure il pericolo che Giovanni XXIII definiva alienum a ratione, “roba da matti”?
(*) Articolo originale pubblicato nella newsletter https://vorreicapire.it/newslette-n-56/