La fantascienza di Kress, Reed e Lanzotti
Non si vive di sola edicola [cioè Urania] è ovvio. In libreria si distingue per qualità, continuità e prezzi accettabili la collana Odissea di Delosbook, diretta da Gianfranco Viviani e impreziosita dalle prefazioni di Salvatore Proietti.
Fra le ultime uscite due testi meritano senz’altro la lettura: «La connessione Erdmann» [144 pagine per 10 euri], premio Hugo 2009, della faconda ed eclettica Nancy Kress e «La verità» [120 pagine, 10 euri] di Robert Reed.
«Era un tipico scienziato, convinto che la scienza fosse l’unica strada verso la conoscenza, che quanto non poteva verificare, misurare o replicare non fosse vero anche se lui stesso l’aveva provato»: un bel casino per Henry Erdmann. Il vecchio professore vive all’ospizio e qui viene colto da una strana sensazione che, lì per lì, prende per un infarto. Ma molte altre persone hanno vissuto quel fenomeno che nei giorni seguenti si ripete, più intenso. Da buon ricercatore inizia a indagare, formulare ipotesi, verificarle finché deve fare i conti con una verità sconcertante. Gli balzano in mente «le parole di Michel Faraday, scolpite sulla facoltà di fisica alla Ucla: “Niente è troppo meraviglioso per essere vero”. Le sue parole sembravano una beffa».
Notevole il finale che resta sospeso, belli i riferimenti sia scientifici che letterari e, si sa, la Kress maneggia la penna [cioè il mouse] quasi come Paganini il violino. Interessanti molti dei co-protagonisti: la mai domata Carrie e il suo orrendo marito, l’investigatore Vince Geraci [«se qualcosa gli puzzava di strano, inevitabile che avesse ragione»], la diva Anna Chernov sul viale del tramonto.
C’è una Guantanamo del futuro prossimo, per un solo prigioniero [esperto di astronomia] nel romanzo di Robert Reed. Siamo nel 2014 e dopo 12 anni e 5 mesi di carcere, con risultati scarsi, arriva un nuovo agente – solo dopo un po’ sapremo che è una donna – per carpire i segreti del misterioso uomo soprannominato Lemonade-7 [ma lui dice di chiamarsi Ramiro] il quale pare venga da molto lontano, anzi dal futuro e ha tuta l’aria di un super-terrorista.
La macchina del tempo sarebbe stata – sarà, in futuro – inventata nel Kashmir ed è da quelle parti che forse si deciderà tutto. Ma siamo sicuri che qualcuno ha rubato la pipa di Stalin [un celebre aneddoto] e che noi umani siamo in grado di uscirne salvi se «un dio di passaggio starnutisce»? E se l’indecifrabile Lemonade-Ramiro sin dall’inizio avesse costruito una trappola? «La paranoia non aveva mai conosciuto tanta acida, maliziosa bellezza». Il colpo di scena finale è di gran livello, forse un po’ carente l’approfondimento psicologico dei protagonisti. Il bello della fantascienza è che ci mostra «un mondo riconoscibile in maniera inquietante» eppure un piccolo particolare mutato, un «e se» sconvolge tutto.
Un accenno critico per «Il segreto di Kregg» di Paolo Lanzotti, vincitore – a pari merito con Clelia Farris – del premio Odissea 2009. Lo spunto iniziale era promettentissimo: evolvendosi e conquistando pianeti, gli umani divengono «un albero dai mille rami», imboccano la via che conduce a «mutazioni irreversibili»; una «parentela difficile a cogliere» significa prendere tutti per alieni anche se sono … cugini. Intelligente anche l’idea di affidare lo stesso racconto a tre diversi voci che ora si completano e ora si smentiscono, un po’ come nel film «Rashomon» di Akira Kurosawa. Purtroppo l’autore annacqua subito tutto. Scrive bene ma siamo all’avventura e poco più. Dovrebbe essere più ambizioso. Nessun paragone possibile con l’ottimo «Nessun uomo è mio fratello» della Farris, già entusiasticamente recensito su codesto blog.