La farina del linguaggio va in Crusca…
… e per una volta “Repubblica” fa la cosa giusta
di Gian Marco Martignoni
Si è conclusa con l’uscita del quattordicesimo volume – «Le parole di Repubblica», intendendo il quotidiano – la pubblicazione della collana «L’Italiano; conoscere e usare una lingua formidabile», promossa dall’omonimo quotidiano in collaborazione con gli studiosi che animano la prestigiosa Accademia della Crusca, ovvero l’osservatorio – diretto da Piero Marazzini – più impegnato nel cogliere le continue trasformazioni che caratterizzano la nostra lingua.
L’iniziativa era decollata con il volume «Bada a come scrivi», con l’intento di rivolgersi a un pubblico ampio e comunque attento all’evoluzione della nostra lingua, stante l’apporto dei dialetti, l’influenza dettata dalle lingue straniere e i cambiamenti determinati dai linguaggi utilizzati dai media (giornali, radio e tv) nonché dalle nuove regole di comunicazione imposte dalla velocità della rete.
Fra i quattordici volumi – al modico prezzo di 5,90 euro cadauno – mi permetto di segnalarne un paio in particolare. Cioè «Sindaco e Sindaca: il linguaggio di genere», che riprendendo le raccomandazioni di Alma Sabatini per «un uso non sessista della lingua», si concentra fra l’altro anche sui cambiamenti intervenuti nel mondo delle istituzioni. Molto interessante anche «Il linguaggio della politica», a opera di Michele Cortellazzo: esamina in maniera approfondita il passaggio dal discorso argomentato e didattico dei “padri” ( da Alcide De Gasperi a Palmiro Togliatti, da Aldo Moro a Enrico Berlinguer) fino a quello delineatosi con l’avvento della spettacolarizzazione della comunicazione politica (da Bettino Craxi a Matteo Renzi, da Silvio Berlusconi a Beppe Grillo) cogliendo le sostanziali differenze tra il paradigma della superiorità e il paradigma del rispecchiamento, con tutte le degenerazioni che da tempo misuriamo purtroppo quotidianamente mediante lo schermo televisivo e non solo.
Chi scrive – sia detto per inciso – è dall’autunno 1980 che non acquista «La repubblica», ovvero da quando nella ben nota vicenda dei quarantamila licenziamenti alla Fiat il quotidiano diretto da Eugenio Scalfari evidenziò la sua natura anti-operaia e filo liberista. Ma quando una proposta editoriale merita, bisogna riconoscere a Cesare quel che è di Cesare.