la fine di Israele, i dieci punti di Hamas, …
di Francesco Masala (*),
molti giornali importanti degli Usa sono contro Israele (qui) e tante voci sono contro la politica di occupazione, di violenza e di sterminio degli arabi da parte dello stato di Israele.
ho provato a riunire un po’ di cose che si possono leggere in rete, segnalando anche il piccolo striscione del nostro orto:
La fine d’Israele – Gilad Atzmon
…Nonostante l’evidente superiorità tecnologica israeliana ed il suo potere di fuoco, i militanti palestinesi stanno vincendo la battaglia sul terreno e hanno addirittura provato a spostare la battaglia sul territorio israeliano. In più, il lancio di razzi su Tel Aviv non sembra fermarsi.
La sconfitta dell’esercito israeliano a Gaza lascia lo stato ebraico senza nessuna speranza. La morale è semplice. Se tu persisti a vivere nella terra di qualcun altro, la potenza militare è un ingrediente essenziale per scoraggiare gli espropriati dall’agire per reclamare i loro diritti. La quantità di feriti dell’esercito ed il numero di corpi dei soldati israeliani che tornano a casa nelle bare manda un messaggio chiaro sia agli israeliani sia ai palestinesi. La superiorità militare israeliana appartiene al passato. Non c’è futuro per uno stato di soli ebrei in Palestina; potrebbero provare da qualche altra parte.
Le richieste di Hamas (da un articolo di Gideon Levy)
…- il ritiro delle Forze di Difesa Israeliane per permettere agli agricoltori di lavorare la loro terra fino alla recinzione;
– la liberazione di tutti i prigionieri liberati nello scambio con Gilad Shalit che sono stato nuovamente arrestati.
– la fine dell’assedio e l’apertura dei valichi
– l’ apertura di un porto e di un aeroporto in gestito dalle Nazioni Unite
– l’espansione della zona di pesca
– la supervisione internazionale del valico di Rafah;
-un impegno israeliano per 10 anni di cessate il fuoco e la chiusura dello spazio aereo di Gaza per gli aerei israeliani;
-il permesso per i residenti di Gaza di visitare Gerusalemme e pregare alla moschea di Al-Aqsa -un impegno israeliano a non interferire nella politica interna palestinese, come il governo di unità nazionale,
– aprire una zona industriale di Gaza…
Rete-Eco Ebrei contro l’Occupazione
La Rete degli Ebrei contro l’Occupazione (Rete-ECO) fa propria la presa di posizione di Jewish Voice for Peace (JVP) contro la guerra di Israele verso la popolazione palestinese di Gaza e della Cisgiordania, la cui origine sta, come dichiara JVP, nell’occupazione israeliana della Terra Palestinese. Israele occupa da decenni, contro le molte volte solennemente dichiarate decisioni delle Nazioni Unite, tutta la terra tra il Giordano ed il Mediterraneo, e ne scaccia continuamente gli abitanti Palestinesi, nel mentre perseguita tutti nei modi più vessatori. Da questa situazione di ingiustizia, e da null’altro, nasce il conflitto e la ostilità, i crimini atroci dei giorni scorsi e le le vendette sanguinose per opera di fanatici oltranzisti. Su Israele ricade la responsabilità della strage immane di civili a Gaza , condotta con la potenza distruttrice di un esercito moderno potentemente armato. Ieri sera le vittime, quasi tutte civili e comprendenti molti bambini, erano 90, e aumentano continuamente.
Come dicono i nostri amici di JVP, non possiamo attendere un momento di più per alzare la voce: solo cessando l’Occupazione ed adottando il giusto criterio dell’uguaglianza questo terribile spargimento di sangue può cessare. La nostra incrollabile fede nella giustizia, come ebrei e come esseri umani, ci obbliga a riconoscere che la radice di questa violenza sta nell’impegno del governo israeliano ad occupare la terra altrui, sprezzando il benessere di Palestinesi ed Israeliani”.
Chiediamo quindi al Presidente della Repubblica, al Governo Italiano ed alle Autorità della Comunità Europea di cui siamo parte solidale di intervenire con mezzi efficaci ad ottenere dal governo di Israele la immediata cessazione delle ostilità, anche unilateralmente, dato che unilateralmente le ha iniziate.
Lettera aperta alla famiglia di Mohammed Abu Khadr
Alcuni cittadini israeliani scrivono una lettera aperta alla famiglia di Mohammed Abu Khadr, il giovane palestinese arso vivo da un gruppo di coloni. Sfidando il pensiero dominante nella società, e nel tentativo di fermare l’ultima offensiva su Gaza.
Le nostre mani grondano di sangue. Le nostre mani hanno dato fuoco a Mohammed. Le nostre mani hanno soffiato sulle fiamme. Viviamo qui da troppo tempo perché si possa dire “non lo sapevamo, non lo abbiamo capito prima, non eravamo in grado di prevederlo”. Siamo stati testimoni dell’enorme macchina di incitamento al razzismo e alla vendetta messa in moto dal governo, dai politici, dal sistema educativo e dai mezzi di informazione.
Abbiamo visto la società israeliana diventare povera e in stato di abbandono, fino a quando la chiamata alla violenza è diventata uno sfogo per molti, adulti e giovani senza distinzioni, in tutte le sue forme.
Abbiamo visto come l’essere “ebreo” sia stato totalmente svuotato di significato, e radicalmente ridotto a nazionalismo, militarismo, una lotta per la terra, odio per i non-ebrei, vergognoso sfruttamento dell’Olocausto e dell’“Insegnamento del Re (Davide, ndt)”.
Più di ogni altra cosa, siamo stati testimoni di come lo Stato di Israele, attraverso i suoi vari governi, ha approvato leggi razziste, messo in atto politiche discriminatorie, si è adoperato per custodire con forza il regime di occupazione, preferendo la violenza e le vittime da ambo le parti ad un accordo di pace.
Le nostre mani sono impregnate di questo sangue, e vogliamo esprimere le nostre condoglianze e il nostro dolore alla famiglia Abu Khadr, che sta vivendo una perdita inimmaginabile, e a tutta la popolazione palestinese…
…Andare contro i metodi di Netanyahu non significa necessariamente sostenere Hamas: la realtà non è dicotomica. Altre opzioni esistono nell’asso tra questi due. Allora sottolineiamo ancora di più che siamo cittadini israeliani e il centro della nostra vita è Israele. Per questo la nostra più grande critica è rivolta alla società israeliana, che cerchiamo di cambiare.
Questi assassini si nascondono tra di noi, fanno parte di noi. Ci sono, ovviamente, spazi in cui si possono criticare anche le altre società. Ma crediamo, ciononostante, che il dovere di ogni persona sia di esaminare prima da vicino e in modo critico la propria società, e solo dopo si possa permettere di approcciarsi alle altre (…).
Le nostre mani grondano di questo sangue, e sappiamo che la maggior parte dei palestinesi innocenti uccisi negli ultimi 66 anni da noi israeliani ebrei non hanno mai ricevuto giustizia.
I loro assassini non sono stati arrestati, neanche processati, a differenza dei ragazzi sospettati per l’omicidio di Mohammed. La maggior parte di questi innocenti è morta per mano di uomini in uniforme mandati dal governo, dai militari, dalla polizia o dallo Shin Bet…
…Gaza è la storia di tutti noi; è anche l’oblio della nostra storia. E’ il posto più segnato dal dolore in Palestina e in Israele (…). Gaza è la nostra disperazione.
Le nostre origini comuni sembrano essere state spazzate via sempre più lontano: dopo 40 anni di possibilità di un compromesso storico doloroso tra i due movimenti nazionali, quello palestinese e quello sionista, questa opzione è gradualmente evaporata. Il conflitto viene reinterpretato in termini mitologici e teologici, in termini di vendetta, e tutto ciò che ora possiamo promettere ai nostri figli sono molte altre guerre per le generazioni a venire, nuove uccisioni tra entrambi i popoli, e la costruzione di un regime di apartheid che richiederà ancora più decenni per essere smantellato.
Le nostre mani hanno sparso questo sangue (…), cerchiamo di lavorare contro questa tendenza. Lo facciamo attraverso le varie comunità della nostra società: ebrei e palestinesi, arabi e israeliani, Mizrahi e Ashkenazi, tradizionalisti, religiosi, laici e ortodossi.
Abbiamo scelto di opporci ai muri, alle separazioni, alle espropriazioni e deportazioni, al razzismo e alla colonizzazione, per offrire un futuro comune come alternativa all’attuale stato depressivo, oppressivo e violento della nostra società.
Vogliamo costruire un avvenire che non si arrenda al ciclo di violenza e di vendetta, ma che al suo posto offra la giustizia, la riparazione, la pace e l’uguaglianza; un futuro che attinge agli elementi comuni della nostra cultura, umanità e tradizioni religiose in modo che le nostre mani non serviranno più a spargere sangue, ma a ricongiungerci l’uno con l’altro in pace, con l’aiuto di dio, Insha’Allah.
*Traduzione dall’ebraico all’inglese di Idit Arad and Matan Kaminer. La lettera, pubblicata originariamente sul sito Haokets , è stata pubblicata in inglese sul magazine israeliano +972mag , che ringraziamo per la gentile concessione. Al link originale la lista dei cittadini israeliani firmatari della lettera. La traduzione in italiano è a cura di Stefano Nanni e Anna Toro.
Il genocidio incrementale di Israele nel ghetto di Gaza – Ilan Pappe
…Non c’è nulla come un’operazione militare per soffocare eventuali voci che chiedono al governo di tagliare le spese militari.
Tipiche caratteristiche delle fasi precedenti a questo genocidio incrementale riappaiono anche in questa ondata. Si può testimoniare ancora una volta il consensuale supporto ebraico-israeliano per il massacro di civili nella Striscia di Gaza, senza una voce significativa di dissenso. A Tel Aviv, i pochi che hanno osato manifestare contro di essa sono stati picchiati da teppisti ebrei, mentre la polizia stava a guardare.
L’accademia, come sempre, diventa parte della macchina. Una prestigiosa università privata, il Centro Interdisciplinare di Herzliya, ha istituito “un quartier generale civile” in cui gli studenti volontari possono servire da portavoce della campagna di propaganda all’estero.
Il supporto è prontamente reclutato, non mostra le immagini della catastrofe umana che Israele ha provocato e informa il suo pubblico che questa volta “il mondo ci capisce ed è dietro di noi.”
Tale affermazione è valida fino al punto in cui le élite politiche in Occidente continuano a fornire la vecchia immunità allo “stato ebraico.” Tuttavia, i media non hanno fornito a Israele proprio il livello di legittimità che cercava per le sue politiche criminali.
Eccezioni evidenti includono i media francesi, in particolare France 24 e la BBC, che continuano vergognosamente a ripetere a pappagallo la propaganda israeliana.
Questo non sorprende, dal momento che gruppi di pressione pro-Israele continuano a lavorare instancabilmente per diffondere la causa di Israele in Francia e nel resto d’Europa come fanno negli Stati Uniti.
La strada da percorrere
Sia che si tratti di bruciare vivo un giovane palestinese di Gerusalemme, o di una sparatoria fatale per altri due, solo per il gusto di farlo a Beitunia, o che si uccidano intere famiglie a Gaza, questi atti possono essere perpetrati solo se la vittima è disumanizzata.
Ammetto che in tutto il Medio Oriente ci sono orribili casi in cui la disumanizzazione ha provocato orrori inimmaginabili, come accade oggi a Gaza. Ma c’è una differenza fondamentale tra questi casi e la brutalità israeliana: i primi sono condannati come barbari e disumani in tutto il mondo, mentre quelli commessi da Israele sono ancora pubblicamente leciti e approvati dal presidente degli Stati Uniti, dai leader della UE e dagli amici di Israele in tutto il mondo.
L’unica possibilità per una lotta efficace contro il sionismo in Palestina è quella basata su un’agenda diritti umani e civili che non distingua tra una violazione e l’altra, e che identifichi chiaramente le vittime e i carnefici.
Coloro che commettono atrocità nel mondo arabo contro le minoranze oppresse e le comunità inermi, così come gli israeliani che commettono questi crimini contro il popolo palestinese, dovrebbero essere tutti giudicati secondo gli stessi principi morali ed etici. Sono tutti criminali di guerra, anche se nel caso della Palestina sono stati al lavoro più a lungo di chiunque altro.
In realtà non importa l’identità religiosa delle persone che commettono le atrocità o in nome di quale religione essi pretendono di parlare. Sia che si chiamino jihadisti, “giudaisti” o sionisti, essi dovrebbero essere trattati allo stesso modo.
Un mondo che smetta di impiegare due pesi e due misure nei suoi rapporti con Israele è un mondo che potrebbe essere molto più efficace nella risposta ai crimini di guerra in altre parti del mondo.
La fine del genocidio incrementale a Gaza e la restituzione dei diritti civili e umani base ai palestinesi ovunque essi siano, compreso il diritto al ritorno, è l’unico modo per aprire una nuova prospettiva per un intervento internazionale produttivo in Medio Oriente nel suo complesso.
(Traduzione a cura della redazione di Nena News)
Israele ha mostrato “moderazione” prima di attaccare? Ma fatemi il piacere – Amira Hass
I nostri media ci traviano con una terminologia deformata che tende a dipingere Israele come una vittima. Ecco alcuni esempi.
“Gaza è uno stato indipendente”
Non lo è. Gaza e la Cisgiordania sono un’unica unità territoriale composta di due parti. Secondo le risoluzioni della comunità internazionale, uno stato verrà creato su queste due parti, che sono ancora sotto occupazione israeliana, come lo sono i Palestinesi che ci vivono.
Gaza e la Cisgiordania hanno lo stesso prefisso internazionale – 970. (Il prefisso separato è un vuoto lascito degli accordi di Oslo. La rete telefonica palestinese è una diramazione di quella israeliana. Quando il servizio di sicurezza dello Shin Bet chiama una casa a Gaza per annunciare che l’aviazione militare sta per bombardarla, lo Shin Bet non deve comporre il prefisso 970).
Con la sua scaltrezza colonialista e le capacità acquisite dal Mapai, precursore del partito laburista, Ariel Sharon ha spostato i coloni dalla Striscia di Gaza. Attraverso un’altra forma di dominazione, ha tentato di tagliar fuori per sempre l’enclave dalla Cigiordania. Il controllo effettivo di mare, cielo, frontiere e della gran parte di Gaza resta nelle mani di Israele.
E sì, Hamas e Fatah, a causa dei loro scontri tra fazioni, hanno significativamente contribuito alla separazione tra le due parti. Con la sua propaganda, Hamas ha rafforzato l’illusione dell’ “indipendenza” di Gaza.
Intanto, Israele controlla ancora i registri anagrafici di Gaza e Cisgiordania. Ogni palestinese che nasce a Gaza o in Cisgiordania dev’essere registrato al Ministero degli Interni israeliano (attraverso l’Ufficio per il Coordinamento e Collegamento), per poter ottenere la carta d’identità a 16 anni.
I dati contenuti nel documento sono anch’essi scritti in ebraico. Avete mai sentito di uno stato indipendente la cui popolazione deve registrarsi nello stato “vicino” (che occupa e attacca), altrimenti non avrà i documenti e non esisterà ufficialmente?
Quando esperti come Giora Eiland, generale in pensione che ha collaborato al piano di disimpegno di Gaza, dicono che Gaza è uno stato indipendente che ci attacca, stanno cercando di cancellare il contensto in cui si verifica questo nuovo massacro. E’ un compito piuttosto semplice. Gli israeliani l’hanno già fatto.
“Autodifesa”
Entrambe le parti (Hamas e Israele) dicono che stanno sparando per autodifesa. Sappiamo che una guerra è la continuazione della politica con altri mezzi. La politica di Israele è chiara (anche se non lo è ai lettori dei media israeliani): tagliare ancor più fuori Gaza, ostacolare ogni possibilità di unità palestinese e sviare l’attenzione dall’accelerazione della condotta colonialista in Cisgiordania.
E Hamas? Hamas vuole rafforzare la sua posizione come movimento di resistenza dopo i colpi subiti come movimento di governo. Forse pensa davvero di poter cambiare l’intera strategia della leadership palestinese che fronteggia l’occupazione. Forse vuole che il mondo (e gli stati arabi) si svegli da questo sonno.
E ancora, con tutto il rispetto per Clausewitz, i calcoli razionali non sono l’unica spiegazione. Non dimentichiamo l’ “invidia missilistica” – chi ce l’ha più grande, più lungo, più impressionante e a lunga gittata? I ragazzi giocano con i loro giocattoli e noi ci siamo abituati a chiamare tutto questo “politica”.
“Israele ha dimostrato moderazione”
Da dove di comincia a calcolare la moderazione?
Perchè non iniziare dai pescatori a cui si spara addosso, feriti e a volte uccisi dalla marina israeliana, nonostante negli accordi del 2012 si fosse parlato di estendere la zona di pesca? Perchè non dai contadini e dai raccoglitori di metallo vicino alla barriera di separazione che non hanno altro mezzo di sussistenza e contro cui si spara, e che a volte vengono feriti e uccisi dai soldati? O dalla demolizione di case palestinesi “per motivi amministrativi” in Cisgiordania e a Gerusalemme?
Non la chiamiamo forse “moderazione” perchè tutta questa è questa violenza che i media israeliani omettono con arroganza? E perchè non sentiamo parlare di “moderazione palestinese” dopo che Nadim Nawara e Mohammed Abu Dhaher sono stati uccisi dai soldati israeliani al check point di Ofer? “Moderazione” è un altro termine che cancella il contesto e rafforza il senso di vittimismo della quarta potenza militare del mondo.
“Israele fornisce acqua, elettricità, cibo e medicine a Gaza”
No, non lo fa. Israele invia 120 megawatt di elettricità a prezzo pieno, al massimo un terzo della domanda. La bolletta viene dedotta dalle tasse dei consumatori, tasse che Israele raccoglie per i beni che passano attraverso i suoi valichi e che sono destinati ai territori occupati. Cibo e medicine, che i commercianti palestinesi acquistano a prezzo pieno, entrano a Gaza attraverso i valichi che sono sotto controllo israeliano. Secondo il Gisha Legal Center for Freedom of Movement, nel 2012 nella Striscia di Gaza sono stati acquistati prodotti israeliani per 13 miliardi di shekel (379 milioni di dollari).
Per quanto riguarda l’acqua, Israele ha imposto l’autarchia a Gaza; i Gazawi, cioè, devono arrangiarsi con l’acqua piovana e l’acqua che raccolgono dal sottosuolo nel territorio. Israele, che impone una “quota acqua” ai palestinesi, non lascia che vengano condivise le fonti tra Cisgiordania e Gaza. Di conseguenza, la domanda supera l’offerta e c’è un iper-pompaggio. L’acqua di mare penetra nel sottosuolo, e crea liquami a causa di tubature decrepite. Il 95% dell’acqua di Gaza non è potabile. E, secondo precedenti accordi, Israele vende 5 milioni di metri cubi d’acqua a Gaza (una goccia nell’oceano).
“Israele mira solo a obiettivi legittimi”
Sono state bombardate le case di membri vecchi e nuovi di Hamas, con e senza bambini all’interno, e l’esercito dice che questi sono obiettivi legittimi? Esiste forse una casa ebraica in Israele che non dia rifugio ad un comandante che ha collaborato al piano o partecipato a un’offensiva? O a un soldato che non abbia sparato o non sparerà ad un palestinese?
“Hamas usa la popolazione come scudi umani”
Se non sbaglio, il Ministero della Difesa si trova nel cuore di Tel Aviv, in quanto è la principale “sala operativa” dell’esercito. E che dire della base di addestramento di Glilot, vicino al grande centro commerciale? E il quartier generale dello Shin Bet a Gerusalemme, al confine con un quartiere residenziale? E quanto dista la nostra “sartoria” di Dimona (base per la produzione di armi nucleari, ndt) dalle aree residenziali?
Perchè va tutto bene per noi e non per loro? Solo perchè loro il missile non ce l’hanno abbastanza lungo per bombardare questi posti?
Fonte: http://www.haaretz.com/.premium-1.604844?v=D4BD661BDFE9CBE367F7EEC2B9B6DEAA
Traduzione: Elena Bellini
Nurit Peled: “Boicottate questo Stato di apartheid”
…L’acqua scorre senza alcuna limitazione nelle piscine degli insediamenti, mentre i bambini palestinesi soffrono la sete ed interi villaggi e città vivono sotto un crudele razionamento dell’acqua, come ha recentemente sottolineato il presidente del Parlamento Europeo Schultz.
Strade per soli ebrei ed un numero infinito di checkpoint rendono impossibile la vita e gli spostamenti dei palestinesi. Il carattere non democratico dello Stato di Israele lo sta sempre più trasformando in un pericoloso Stato di apartheid.
Tutte queste atrocità sono frutto di un’unica mente diabolica e criminale: la mente dei razzisti, crudeli occupanti della Palestina. La responsabilità per tutti questi crimini contro l’umanità dovrebbe essere attribuita ai dominatori israeliani che hanno le mani sporche di sangue.
Politici e generali israeliani, soldati e piloti, delinquenti di strada e membri della Knesset sono tutti colpevoli dello spargimento di sangue e dovrebbero essere processati dalla Corte Penale Internazionale.
A tutt’oggi la Comunità internazionale non ha fatto abbastanza per porre fine al regime di occupazione israeliana. Di conseguenza Israele non paga alcun prezzo per le sue gravi violazioni della legislazione internazionale e dei valori umani.
Al contrario l’Europa paga anche per molti dei danni umanitari dell’occupazione, rendendo persino più facile ad Israele mantenerla.
Benché siano state pubblicate Linee guida che proibiscono ad istituzioni dell’Unione Europea di investire o finanziare organizzazioni che fanno ricerca e attività negli insediamenti, e nonostante 20 paesi europei abbiano diffidato formalmente i propri cittadini ed imprese dal fare commercio e avere rapporti finanziari con gli insediamenti, ciò non basta.
Questi provvedimenti non mettono seriamente in discussione la politica di Israele nella Palestina occupata.
L’Europa potrebbe fare di molto meglio, come ha dimostrato recentemente nella sua dura risposta all’annessione della Crimea da parte della Russia. Nel giro di poche settimane – non anni – l’Unione Europea ha imposto sanzioni mirate nei confronti di funzionari russi ed ucraini e di imprese di affari operanti in Crimea. L’Unione Europea è andata anche oltre ed ha esteso le sanzioni mettendo al bando l’importazione di merci della Crimea.
Noi cittadini di Israele e popolazione senza Stato della Palestina, non possiamo da soli ottenere la fine dell’occupazione o fermare da soli il bagno di sangue.
Abbiamo bisogno dell’aiuto di tutta la Comunità internazionale e della Comunità Europea in particolare.
Abbiamo bisogno che voi mettiate sotto accusa il governo e l’esercito israeliani, abbiamo bisogno che boicottiate l’economia e la cultura israeliana, abbiamo bisogno che facciate pressione sul vostro governo perché cessi di trarre profitto dall’occupazione.
E abbiamo bisogno che facciate un appello perché ad Israele sia imposto un embargo sulle armi e sia tolto l’assedio a Gaza.
Israele è la più grande e pericolosa organizzazione terroristica esistente al giorno d’oggi. Tutte le sue munizioni vengono usate per uccidere civili innocenti, donne e bambini. Questo non è niente di meno di un genocidio.
Come persona insignita del premio Sakharov del Parlamento Europeo per i Diritti Umani e in qualità di madre ed essere umano, io faccio appello all’Unione Europea affinché usi tutti i mezzi diplomatici ed economici a sua disposizione per aiutare a salvare il mio paese da questo abisso di morte e disperazione in cui viviamo.
Vi prego di mettere al bando Israele dalla comunità internazionale fino a quando non diventerà un vero Stato democratico.
Boicottate e sanzionate chiunque faccia affari con questo Stato di apartheid e aiutateci a liberarci di questo governo razzista e assettato di sangue, perché sia restituita la vita sia ai palestinesi che agli ebrei israeliani.
Nurit Peled El Hanan
*Nurit Peled-El Hanan insegna all’università di Gerusalemme, ha scritto diversi libri ed ha studiato i testi utilizzati nelle scuole israeliane svelandone il razzismo. E’ stata tra le fondatrici del Parent’s Circle, associazione di palestinesi e israeliani che hanno subito perdite nelle proprie famiglie. Ha perso sua figlia di 13 anni in un attentato kamikaze compiuto a Gerusalemme: per la sua morte, Nurit ha accusato il governo israeliano. Attiva da sempre nei movimenti contro l’occupazione e la colonizzazione, è stata tra le promotrici del Tribunale Russell sulla Palestina. E’ stata insignita del premio Sakharov per i Diritti dell’Uomo del Parlamento Europeo insieme allo scrittore palestinese Izzat Gazzawi. Ha scritto questa lettera aperta agli attivisti italiani rispondendo ad un appello di Luisa Morgantini. La traduzione dall’inglese è a cura di AssoPace Palestina.
(*) «Nella prefazione a “Le folgori d’agosto” (edizione Vallecchi 1973) alla domanda sul perché scrive Jorge Ibargüengoitia ha confessato che scrive un libro ogni qual volta desidera leggere un libro di Ibargüengoitia, che è il suo scrittore preferito. Quella lettura fu una folgorazione, da allora ogni volta che voglio leggere qualcosa di veramente bello e interessante che non riesco a leggere da nessuna parte, me la scrivo da me, anche perché non è mica facile per gli scrittori sapere quello che voglio leggere io». Francesco Masala si presenta così. Aggiungo solo che una delle sue frasi preferite è «La libertà non sta nello scegliere tra bianco e nero, ma nel sottrarsi a questa scelta prescritta» di Theodor W. Adorno. (db)
Esaustiva rassegna . Grazie Francesco per aver fornito questo materiale prezioso