La legge del più forte
di Rom Vunner
Nelle giornate che 70 anni fa segnarono la fine dell’occupazione nazifascista viene anche a me da fare qualche riflessione.
Riflessioni libere che in questi giorni mi colpiscono mentre vado per la strada e leggo le civette dei quotidiani o vedo le loro prime pagine nelle edicole delle stazioni. Riflessioni che mi nascono mentre in treno ascolto con le cuffiette le radio in FM. Riflessioni che mi spingono tutte nella stessa direzione: come abbiamo fatto a conciarci così? Com’è possibile che il quotidiano nazionale a maggiore diffusione parli di “schiavisti” riferendosi a chi pilota gli scafi dei profughi e non a quelle aziende che affamano più di mezzo mondo per soddisfare ampiamente le voluttà del basso ventre dei loro padroni?
Come è possibile che si inneggi al bombardamento di navi civili ancorate nei porti di Paesi altri? Come è possibile che di fronte a centinaia di migliaia di persone stipate in campi di concentramento in Libia, ma non solo, l’unico pensiero sia come farceli rimanere? Forse perché l’atteggiamento verso questi profughi è solo la classica punta dell’iceberg. Un iceberg che si poggia su una possente base di deprivazione culturale, una deprivazione culturale coltivata nei decenni. Questa sistematica azione di impoverimento ha impedito una reale defascistizzazione della nostra società: una società basata sull’esercizio del potere individuale e familistico a discapito della collettività.
Vediamo un po’ quella che dovrebbe essere la nostra base, i partiti politici. Questi dovrebbero permettere alla società tutta di partecipare alle scelte comuni attraverso un processo di delega. Lasciamo perdere per un attimo il concetto di delega e voliamo più bassi. Già alla partenza quei partiti si sono rivelati deboli, succubi di una sovranità nazionale limitata che ha caratterizzato la nascita di questa Repubblica. Ogni volta che si è tentato di allontanarsi da quello che altri prevedevano per noi sono scattate rappresaglie vere e proprie anche con bombe che hanno colpito la popolazione civile. Questi partiti si sono limitati a gestire le loro aree di influenza, tentando di raggiungere il risultato migliore per i propri padrini. Con tangentopoli la vox populi diviene sentenza di tribunale e questi partiti implodono sul loro cinismo. Ovviamente nessuna discussione politica, né sulla sovranità limitata né sul significato della forma partito. Si riparte con un gruppo di volenterosi, i classici capitani coraggiosi, che si impegnano, sul loro onore, a fare meglio, qualcuno di loro se vi ricordate arriva a giurare sulla testa dei propri figli. Nelle mie riflessioni di fantapolitica arrivo anche a pensare che qualcuno intuisce che a quel punto il Paese intero potrebbe implodere e spingersi all’agognato federalismo, che già si sognava tra i monti. Ecco allora servita la Lega Nord, un gruppo ad hoc per impedire lo sviluppo di un pensiero federalista. Un gruppo per impedire lo sviluppo di un qualunque pensiero, un misto di cori da aperitivo lungo, in osteria. Tra Lega e Shengen nasce anche il nuovo nemico nella guerra tra poveri: l’immigrato. Non che l’Italia fosse nuova a questa cultura. Una cultura che trova le sue radici nelle teorie razziali che, ad esempio,definivano gli italiani del sud “negroidi”. Un razzismo che, seguendo Evola, non si basa solo sulla provenienza razziale ma si spinge allo spirito, nell’area di quel misticismo fascistoide di cui fu interprete Giovanni Gentile e che distingue la destra italiana attuale da quella di altri Paesi. Un atteggiamento per cui è il debole del momento a essere additato come pericolo, minaccia. Sia “il napoli”, “al tarun” (del nord riferito ai veneti), “il marocchino”, “al neger”, “lo zingaro”, tutte figure che sono vissute come il problema maggiore. Non sono poi passati mica tanti anni da quando fuori dalle agenzie immobiliari si leggeva “non si affitta ai meridionali”.
In questa brodaglia, poi, siamo arrivati al punto che ognuno ha una sua propria legge e vuole farla rispettare al di fuori del patto sociale che ci dovrebbe legare. A partire da chi vuole essere libero di sparare a chiunque gli stia antipatico sino a chi dai palazzi che contano intende la democrazia come esercizio del proprio potere, assistiamo a una deriva ormai avanzata in cui vige la legge del più forte e in cui i deboli si riconoscono negando l’evidenza: non essendo i più forti soccomberanno ma li aiuta il fatto che prima ne soccomberanno altri.
Come dice un caro amico “cerchiamo il fascista che è in noi e suicidiamolo!”.