La lettera di Patrizia, mamma di Federico
di Luigi Manconi (*)
Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, ha scritto una lettera in cui spiega perché ha deciso di ritirare le querele nei confronti del Senatore Carlo Giovanardi, del segretario del sindacato di polizia Coisp Franco Maccari e dell’agente condannato Paolo Forlani.
La decisione della mamma di Federico Aldrovandi di ritirare le querele nei confronti di quanti, in questi anni, hanno offeso lei e la memoria di suo figlio, è uno straordinario esempio di rigore civile e morale. La lettera di Patrizia sottolinea inoltre una distanza morale davvero incolmabile tra la famiglia Aldrovandi e i loro diffamatori.
Sono inaudite e totalmente false le affermazioni di Giovanardi, nei confronti del quale la giunta del Senato si è pronunciata dando l’autorizzazione a procedere lo scorso marzo, così come è impossibile commentare le parole di uno dei condannati per l’omicidio di Federico, che su un blog lo ha definito “cucciolo di maiale”. Questo un estratto delle parole di Patrizia:
“Quei quattro poliziotti non dovevano più indossare quella divisa: nessuno può indossare una divisa dello stato se pensa che sia giusto o lecito uccidere. Il delitto è stato accertato, le sentenze per omicidio emesse. Invece le divise restano sulle spalle dei condannati fino alla pensione. Fine del discorso. La mancanza di provvedimenti non guarda al futuro, non protegge i diritti e la vita: non tutela nemmeno l’onestà delle forze dell’ordine. A dieci anni dalla morte di Federico per il mio ruolo di madre, ma anche per le mie aspirazioni e per la mia attuale visione del mondo, penso che il dedicare anche solo alcuni minuti a persone che disprezzo sia un’imperdonabile perdita di tempo. Non voglio più doverli vedere né ascoltare o parlare di loro. Perciò ritirerò le querele ancora in corso. Non lo faccio perché mi è venuta meno la fiducia nella giustizia, ma dieci anni sono troppi, ed è il momento di dire basta. Non è il perdono, d’altra parte nessuno mi ha mai chiesto scusa, ma prendere atto che per me andare avanti nelle azioni giudiziarie rappresenta soltanto un doloroso e inutile accanimento”.
(*) tratto da https://www.change.org/ – 8 luglio 2015