La miniera, la fabbrica e il negozio. Dinamiche globali della “transizione verde”

… e sue conseguenze nel “triangolo del litio”/8

di Alfons Pérez, Bruna Cañada, Marta Pérez, Josep Nualart (*)

Continua da qui.

5.3. Accelerare le fonti di finanziamento equo

Quando si considerano le azioni per la transizione, ci si deve interrogare anche sulle fonti di finanziamento. Riguardando le politiche di emergenza adottate per mitigare e contenere gli effetti della pandemia e della crisi energetica, possiamo constatare che esse hanno comportato un aumento della spesa pubblica a fronte di una timida riscossione delle entrate. L’effetto diretto è stato un notevole aumento del debito pubblico, che potrebbe avere conseguenze nel medio termine. Di conseguenza, è necessario cercare fonti alternative di finanziamento equo, che potrebbero essere condensate nella tassazione della ricchezza e nella cancellazione del debito – di cui si parlerà nella sezione successiva (XXXVI).

Il lavoro della Tax Justice Network avverte che il mondo sta perdendo più di 483 miliardi di dollari all’anno perché le multinazionali e i super-ricchi usano i paradisi fiscali per evadere le tasse: “L’evasione fiscale del 2021 avrebbe permesso di vaccinare l’intera popolazione mondiale per tre volte (151) (…) Con un semplice esercizio di trasparenza si potrebbero recuperare almeno un dollaro su quattro che le multinazionali evadono” (XXXVII).

Nel contesto europeo, nell’ottobre 2022 era stato approvato il “Regolamento del Consiglio sugli interventi di urgenza per far fronte agli elevati prezzi dell’energia” (152). Nel regolamento si potevano distinguere due politiche fiscali tese a limitare i profitti inattesi (XXXVIII) al fine di fornire sostegno finanziario alle imprese e alle famiglie e a mitigare gli effetti dei prezzi dell’elettricità.
La prima azione proponeva un tetto al prezzo di mercato dell’elettricità a 180 euro/MWh dal dicembre 2022 a giugno 2023 per specifici generatori che, secondo il Consiglio d’Europa, avrebbe salvaguardato “la redditività degli operatori evitando di ostacolare gli investimenti nelle energie rinnovabili“.
La seconda politica chiedeva una “tassa di solidarietà” sul settore dei combustibili fossili, definendo i profitti inattesi secondo il metodo delle entrate medie nell’anno fiscale 2022 o 2023 (XXXIX).
Sebbene ogni Stato membro abbia progettato misure significativamente diverse, uno studio recente ha indicato che, se applicate agli anni precedenti, avrebbero potuto raccogliere più di 110 miliardi di euro. (XL).

Anche se queste politiche fiscali nell’UE sono state adottate in via temporanea, sono comunque un segno di come, in tempi di emergenza, si aprano finestre di opportunità per contestare questioni più strutturali. Ad esempio, la misura della “imposta di solidarietà” tassa almeno il 33% dei profitti inattesi, il che significa accettare di consegnare alle multinazionali il 67% del totale. Altra e più incisiva questione è chiedersi se ciò che si deve registrare siano i profitti inattesi in situazioni straordinarie o semplicemente i profitti in situazioni straordinarie e se, in un’emergenza climatica dichiarata praticamente da tutte le istituzioni internazionali (153), queste misure non possano essere considerate permanenti e necessarie per finanziare la transizione in modo più giusto.

Infine, abbiamo voluto fare riferimento al principio delle responsabilità comuni ma differenziate, per rivendicare che a una maggiore entrata nel Nord globale deve corrispondere anche un maggiore impegno verso il Sud globale, ad esempio rispettando quanto stabilito nei negoziati sul clima: il trasferimento di 100 miliardi di dollari dal Nord al Sud (154).

Ma le responsabilità non sono solo tra paesi, sono anche tra classi sociali. È noto l’impatto negativo della tassa diretta sul diesel voluta dal presidente francese Emmanuel Macron, che ha colpito in modo sproporzionato le collettività e i gruppi sociali vulnerabili (155). Per contro, vale la pena ricordare che il quadro strategico e programmatico del Green New Deal e la sua versione europea, l’European Green Deal, prendono come riferimento storico il New Deal (156) di Franklin Delano Roosevelt. Sotto il suo mandato fu approvato il Revenue Act del 1935, che aumentava le tasse al 75% per i redditi superiori a 500.000 dollari l’anno, raggiungendo il picco del 91% tra il 1954 e il 1963 (157).

In sintesi, per accelerare le fonti di un giusto finanziamento è necessario:

• tassare in modo permanente i profitti delle imprese e i redditi più alti in momenti straordinari come quello attuale di emergenza climatica. Questo gettito dovrebbe essere destinato a mitigare gli effetti della transizione sulla popolazione vulnerabile. Nel caso dell’UE, ciò potrebbe tradursi in un’estensione del campo di applicazione del “Just Transition Fund” alle regioni e ai settori dipendenti dai combustibili fossili (XLI), nonché ai settori interessati dalla pianificazione industriale pubblica basata sui bilanci di carbonio. L’aumento delle entrate dovrebbe contribuire a rispettare gli impegni internazionali di trasferimenti di risorse incondizionati verso paesi del Sud del mondo, senza debiti o prestiti.

5.4. Accelerare la giustizia globale: debito e trattati commerciali e di investimento

La quarta accelerazione riguarda la situazione del Sud globale. Essendo le tre precedenti intimamente legate a questa, qui suggeriamo che la dimensione della giustizia globale è essenziale per affrontare i problemi globali e realizzare transizioni veramente giuste. Questa quarta accelerazione è anche alla base della sfida per mettere da parte la divisione del mondo in Nord e Sud globale, che aiuta ad analizzare le problematiche, certamente differenziate e laceranti nel Sud, ma che forse ci limita nel pensare alla costruzione di alternative.

Per porre fine alle dipendenze estrattive generate da una domanda massiccia proveniente soprattutto dal Nord globale, i paesi si scontrano con realtà macroeconomiche che risultano essere dei veri e propri muri insormontabili. Da un lato, il debito estero rappresenta un sovraccarico per i conti nazionali che impedisce politiche endogene e autonome, comprese quelle post-estrattive.
Per fare un esempio, l’Argentina ha accumulato un totale di 276.694 milioni di dollari di debito estero (XLII) nel quarto trimestre del 2022, di cui il 67% in dollari e il 34% con scadenza di pagamento per l’esercizio 2023 (158).

Questa realtà, con cui convivono molti paesi del Sud Globale, li costringe a cercare entrate a breve termine, e uno dei modi più ricorrenti per ottenerle è quello di intensificare l’estrazione delle risorse naturali. All’inizio del 2023, il presidente colombiano Gustavo Petro ha posto le seguenti domande al World Economic Forum di Davos (Svizzera): “Perché non si riscatta, non si scambia il debito che hanno i paesi e i processi produttivi con azioni per il clima, così da liberare risorse di bilancio per intraprendere l’adattamento e la mitigazione? Perché non svalutare il debito mondiale, che significa anche un cambiamento nel sistema di potere?” (159).

Sulla stessa linea, la campagna Deuda x Clima (Debito x Clima) (160) chiede di porre fine all’oppressione del debito. L’iniziativa globale dei movimenti sociali, ambientali e dei lavoratori del Sud e del Nord del mondo cerca di “consentire ai paesi in via di sviluppo di uscire dal labirinto del debito sfidando l’agenda neocoloniale dell’oppressione finanziaria dei debiti illegittimi (XLIII) imposta dal Fondo Monetario Internazionale, dalla Banca Mondiale, dal Club di Parigi e dal G7“.
A differenza della proposta di Petro, la campagna non “scambia” il debito con azioni, in quanto ritiene che gran parte dei debiti del Sud Globale siano illegittimi e vadano cancellati (XLIV). In realtà, il debito estero finanziario dei paesi del Sud Globale è infinitamente inferiore al debito ecologico e climatico dovuto dai paesi del Nord Globale per il saccheggio storico e attuale dei beni naturali, per gli impatti ambientali negativi esportati e per l’uso gratuito dello spazio ambientale dove depositare i propri rifiuti (161).
Per certificare la cancellazione del debito, si potrebbe recuperare lo strumento dell’audit civico del debito, un esercizio che prevede la partecipazione attiva della cittadinanza e delle associazioni indipendenti, con l’obiettivo di verificare che gli atti amministrativi, le concessioni e i contratti, i prestiti e le operazioni finanziarie dell’istituzione siano stati fatti a beneficio dell’interesse generale della popolazione (162). L’aspetto importante in questo caso è che la cancellazione del debito dovrebbe utilizzare anche argomenti climatici.
Questo contributo permette di allontanarsi dal discorso che limita la lotta al cambiamento climatico al computo dei gas serra, ignorando le relazioni coloniali preesistenti e gli impatti differenziali tra i paesi e le loro dipendenze estrattive (163).

D’altra parte, anche i trattati commerciali e di investimento (TCI) rappresentano una tenaglia per le politiche di trasformazione. I TCI, nelle loro molteplici forme, offrono vantaggi alle grandi multinazionali per garantire l’accumulo di profitti presenti e futuri. I sistemi di protezione e l’inclusione di clausole per la risoluzione delle controversie investitore-Stato consentono ai primi di aggirare i tribunali nazionali e di ricorrere a tribunali arbitrali privati per presentare le loro richieste. Questi tribunali finiscono per deliberare su questioni che riguardano intere comunità e paesi, mettendo a rischio l’autodeterminazione delle popolazioni indigene, i diritti umani e gli ecosistemi, e possono imporre agli Stati sentenze milionarie (164).

L’Unione Europea ha 47 accordi commerciali con 79 partner (XLV) ed è in fase di negoziazione con Giappone, Singapore, Vietnam, Messico, Cile, Australia, Nuova Zelanda e Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay) (165).
Nel caso del Cile, il 9 dicembre 2022 si sono conclusi i negoziati per l’ EU-Chile Advanced Framework Agreement, in cui si afferma che “L’accordo rafforzerà le relazioni commerciali e di investimento tra l’UE e il Cile (…) Per la transizione verso un’economia verde è fondamentale un maggiore accesso alle materie prime e ai combustibili puliti, come il litio, il rame e l’idrogeno” (166). Anche il Critical Raw Materials Act fa riferimento a questo trattato per garantire il flusso di materiali.

                                                    

Esiste un riferimento analogo secondo cui si può uscire dai trattati. Alla fine del 2022, Francia, Spagna, Polonia, Germania, Lussemburgo e Paesi Bassi hanno annunciato l’intenzione di ritirarsi dal Trattato sulla Carta dell’Energia (TCE), sostenendo che l’accordo è contrario ai loro obiettivi climatici (167).
Sebbene sia vero che questi paesi appartengono al Nord Globale, la loro uscita dal TCE è un precedente che alimenta la necessità di un audit integrale dei trattati per sospenderne le rivendicazioni, uscire dall’International Centre for Settlement of Investment Disputes (ICSID) (XLVI), come hanno già fatto l’Ecuador, la Bolivia e il Venezuela, promuovere la giustizia ordinaria nazionale e non firmare nuovi trattati che comportino un freno al pieno esercizio della sovranità nazionale e popolare (168).

Riassumendo, l’accelerazione della giustizia globale ha bisogno di:

• stabilire processi di cancellazione del debito illegittimo nel Sud Globale attraverso audit civici sul debito, tenendo conto del debito ecologico, climatico e storico. Il sovraindebitamento pubblico riguarda anche il Nord globale ed è appropriato un egual esercizio di revisione.

• realizzare un audit integrale dei trattati commerciali e di investimento per sospendere le loro richieste, abbandonarli e non firmarne di nuovi, poiché alimentano un’architettura globale di impunità per il potere economico.

6. In conclusione

All’inizio di questo documento abbiamo proposto un’analisi critica della miniera, della fabbrica e del negozio, cioè degli attori coinvolti nell’estrazione dei minerali, nella produzione di “tecnologie pulite” e nei mercati in cui queste vengono richieste come base della cosiddetta “transizione verde”. Siamo inoltre partiti da un’affermazione che si è consolidata in seguito alla pandemia e alla crisi energetica: la tecnologia è al centro della transizione e ne fa un elemento chiave dal punto di vista commerciale, geopolitico e, sulla scia della guerra in Ucraina, securitario.

Questo impulso affrettato, giustificato dall’emergenza climatica ed ora dalla guerra, porta con sé un ordine di grandezza senza precedenti della domanda di estrazione di minerali critici. L’estrazione mineraria, inoltre, richiede grandi quantità di derivati del petrolio per le sue operazioni. Per questo diciamo che i minerali per la “transizione verde” aggiungono un nuovo livello di complessità al contesto internazionale, ma non sostituiscono la mappa dei combustibili fossili. Come risultato i territori che ospitano questi minerali diventano strategici. Non è un caso che il così detto “triangolo del litio” sia più conosciuto delle saline altoandine, delle comunità di Collas e Lickan-Aantay o delle vigogne e dei guanacos. Tanto meno è noto che Bayan Obo, nella Mongolia interna (Cina), porta il nome della “città natale delle terre rare”. La ridenominazione dei territori consente di assegnare loro nuovi ruoli e responsabilità, che saranno gestiti da società che guidano progetti minerari critici: Glencore, BHP, China Molybdenum, Tianqi Lithium, Jinchuan Group, Galaxy Resources, SQM, Zijin o Albemarle.

Ma il controllo della miniera non è sufficiente. È necessaria una capacità industriale per produrre le “tecnologie pulite” promosse da imprese come la Canadian Solar, LONGi, Shangii, Jiangxi Jinko, CATL, BYD, Tesla e molte altre. Nel Nord Globale, gli Stati Uniti e l’Unione Europea si contendono il controllo di questa industria e hanno versato grandi quantità di denaro pubblico attraverso il Recovery Fund europeo NextGenerationEU o l’Inflation Reduction Act negli Stati Uniti.

Entrambi gli strumenti generano incentivi per attirare l’industria nazionale o verde, per delocalizzare e contribuire alla transizione, in sintesi, per il Made in USA e il Made in EU.
Fin qui arriva la pianificazione industriale di questi due attori impegnati nello sfidare la Cina, un paese che ha iniziato due decenni fa. Dal 2001, il gigante asiatico ha perseguito una strategia nei suoi piani quinquennali per guidare l’industria della “transizione verde”. E ha funzionato: ha abbondanti riserve di minerali critici, controlla gran parte della loro raffinazione ed è il più grande produttore di “tecnologie pulite”. Al momento il Made in China continua ad essere molto avanti rispetto ai suoi inseguitori.

Ciò situa i diversi attori in posizioni di partenza molto diverse nelle catene globali di approvvigionamento e di valore – dominante, avvantaggiata, importatrice e subordinata – rappresentate rispettivamente da Cina, Stati Uniti, Unione Europea e Sud Globale. L’egemonia tecnologica cinese in Europa è così grande che i paragoni con la dipendenza energetica russa e le sue conseguenze sono continui.

Vogliamo anche mettere in rilievo che alcuni paesi del Sud Globale stanno cercando di uscire dalla loro condizione di subalternità con processi di industrializzazione per avanzare nella catena di valore delle tecnologie. Il paese più avanzato è sicuramente la Bolivia con l’industrializzazione del litio, ma i risultati sono stati fallimentari. Cile e Argentina hanno piani simili, come la Repubblica Democratica del Congo e lo Zambia, ma si scontrano con limiti macroeconomici come il debito estero o i trattati commerciali e di investimento, oltre che con crisi interne o con governi progressisti senza una chiara volontà di abbandonare l’estrattivismo, o semplicemente con governi reazionari e negazionisti.

Il nostro lavoro sul campo non ha fatto altro che confermare questo ruolo. Il Cile combina una tradizione mineraria, zone di sacrificio come Antofagasta, l’estrazione storica del rame, la concentrazione di litio nelle saline altoandine e le già citate politiche di espansione del rinnovabile e dell’idrogeno verde. Le comunità che abitano i territori di estrazione vicino alle saline di Atacama o Maricunga, e le comunità di pescatori di Mejillones e Tocopilla, vivono una situazione tra lotta, resistenza, rassegnazione, divisione, conflitto o semplicemente in attesa di un lavoro o di un compenso che contribuisca a soddisfare i loro bisogni primari disattesi.

In Catamarca (Argentina), la corsa al litio sta sconvolgendo la realtà della cittadina di Fiambalá. L’arrivo di centinaia di uomini per lavorare nell’impianto di lavorazione del litio dell’impresa cinese Zijin ha avuto un impatto sulla vita della popolazione, in particolare delle donne. Ma la preoccupazione che accomuna le comunità di entrambi i versanti delle Ande riguarda l’acqua. “L’estrazione del litio è un’estrazione di acqua“, commentava preoccupato il compagno Lickan-Aantay. Anche se l’acqua è vita e cibo, a maggior ragione in un territorio ad alto stress idrico, essa viene utilizzata principalmente per l’estrazione mineraria su larga scala.

Tutti questi impatti negativi, che saranno aggravati dalla massiccia domanda di minerali, sono la realtà territorializzata della “transizione verde”. Per questo abbiamo esplorato le alternative, cercando di allontanarci dalla prioritizzazione tecnologica e dal carattere d’urgenza che elude la complessa e strutturale messa in discussione della situazione in cui ci troviamo. Dobbiamo rispondere alla situazione con altri acceleratori: la riduzione della domanda, una giusta transizione e un giusto finanziamento e la giustizia globale. La riduzione della domanda nel Nord Globale implica l’assunzione di limiti e dell’ “estrazione indispensabile”, riconsiderando settori industriali chiave dell’economia come quello automobilistico. L’azione più trasformativa in questo caso non è la sua elettrificazione, ma il cambiamento del regime di proprietà da privata a pubblica, collettiva o comunitaria. È nell’ambito di questa trasformazione che possiamo parlare dell’impulso dell’estrazione urbana o secondaria, cioè del recupero e del riciclo dei minerali tecnologici a fine vita, non come una “soluzione di fine ciclo“, ma come una vera e propria attività post-estrattiva nel Nord Globale.

Ma questa proposta di riduzione settoriale deve rientrare in una pianificazione industriale pubblica che vada oltre le politiche di incentivi finanziari e di garanzie per le imprese private, come i fondi NextGenerationEU , il Piano Industriale del Gree Deal o l’Inflation Reduction Act (IRA) statunitense, e sia legata a bilanci di carbonio che determinino quali settori debbano decrescere ed essere ridimensionati, e quali debbano guidare la transizione. A tal fine, è necessario condividere il lavoro produttivo e riproduttivo riducendo la giornata lavorativa e promuovendo sistemi di assistenza pubblica che cambino l’epicentro della transizione. È inoltre necessario ampliare la portata dei fondi per la transizione giusta, affinché le persone che lavorano non siano colpite negativamente.
Qui giocano un ruolo fondamentale i finanziamenti derivanti da una tassazione equa, che sposti l’onere della transizione sui redditi più alti e sui profitti delle grandi imprese.

Per finire, abbiamo chiuso il testo con il tema che lo ha motivato: l’assenza di una prospettiva di giustizia globale nella “transizione verde”. Alla base delle proposte c’è la sfida di rompere con una divisione del mondo che aiuti ad analizzare le problematiche, certamente differenziate e laceranti nel Sud, ma che forse ci limita nel pensare alla costruzione di alternative di fronte a un problema globale.
In ogni caso, notiamo con preoccupazione come la prospettiva della giustizia globale sia assente dalla “transizione verde”, perché implica la presa in considerazione dell’attuale fase di saccheggio, delle responsabilità storiche e dell’imposizione di linguaggi di valutazione che subordinano le epistemologie del Sud. Lungi dal fare una proposta completa, ci siamo concentrati sull’entità del debito estero, che dovrebbe essere cancellato in quanto illegittimo, insostenibile e irrisorio rispetto al debito ecologico. Abbiamo anche avvertito che i trattati commerciali e di investimento dovrebbero essere sospesi a favore di una maggiore autonomia delle sovranità nazionali e popolari.

Infine, sebbene nel testo possano avere una presenza minore per tono, carattere e portata, non vorremmo chiudere questa pubblicazione senza affermare che una vera transizione deve avere un percorso autonomo, al di là dell’azione istituzionale; che questo si costruisce a partire dal livello territoriale e comunitario; che discipline come l’ecofemminismo, le quali sostengono il riconoscimento che siamo esseri interdipendenti ed ecodipendenti, sono la base di una transizione che implica una riorganizzazione economica ecologica e depatriarcalizzata; che è necessaria una Decrescita, con la maiuscola, che ci ricollochi all’interno dei limiti planetari secondo il principio delle responsabilità comuni ma differenziate e che ridefinisca il significato delle nostre relazioni; che è imprescindibile che la transizione sia svincolata da un estrattivismo che riproduce un modello coloniale e razzista, un nuovo ciclo di oppressione dei popoli del Sud Globale, e che, al contrario, la diversità che abita il nostro pianeta deve essere rispettata, curata e celebrata.

(08. Fine)

* Traduzione di Marina Zenobio per Ecor.Network.


LA MINA, LA FÀBRICA, I LA BOTIGA. Dinàmiques globals de la “transició verda” i les seves conseqüències al “triangle del liti”
Alfons Pérez, Bruna Cañada, Marta Pérez, Josep Nualart
Observatori del Deute en la Globalització, Julio 2023 – 108 pp.

Versione originale in catalano, spagnolo e inglese.

         


Note:

XXXVI) L’ODG (Observatorio de la Deuda en la Globalización) ha prodotto una serie di documenti audiovisivi e di webinar sulla “transizione verde” e sul finanziamento giusto. Disponibile qui.

XXXVII) Secondo le stime della Tax Justice Network, le multinazionali evadono un totale di 312 miliardi di euro, che potrebbero essere recuperati attraverso la rendicontazione “paese per paese”, una misura contabile che mette in luce in modo specifico i profitti destinati ai paradisi fiscali.

XXXVIII) I profitti inattesi sono profitti che non derivano da azioni dirette e pianificate dell’impresa, ma da cambiamenti esterni imprevisti delle condizioni di mercato.

XXXIX) Se i guadagni medi superano il 120% nel periodo di riferimento, fissato come guadagno medio dal 2018 al 2021, saranno soggetti a un’aliquota fiscale di almeno il 33%.

XL) Lo studio prende a riferimento i dati consolidati disponibili al momento della sua realizzazione.
Calcola quindi che nell’esercizio 2021 la tassa di solidarietà avrebbe raccolto 4,4 miliardi di euro.
Il tetto ai prezzi dell’elettricità, invece, è calcolato per il 2022 e avrebbe raccolto 106 miliardi di euro.
Lo stesso studio avverte che le cifre finali potrebbero variare a causa della fluttuazione dei prezzi dell’energia nel periodo di attuazione.
Per maggiori informazioni si veda: European Parliament Think Tank , The effectiveness and distributional consequences of excess profit taxes or windfall taxes in light of the Commission’s recommendation to Member States, 29 marzo 2023.”

XLI) Il Fondo ha un budget complessivo di 17,5 miliardi di euro per il periodo 2021-2027 – 7,5 miliardi di euro dal bilancio dell’UE e 10 miliardi di euro dalla NextGenerationEU – e sostiene finanziariamente gli Stati, concentrandosi sulle regioni e sui settori che dipendono dai combustibili fossili, tra cui carbone, torba e scisti bituminosi, e dai processi industriali ad alta intensità di gas serra.

XLII) Il totale viene visualizzato in dollari come valuta di riferimento, ma in realtà il debito è in diverse valute.

XLIII) Un debito illegittimo è un debito per il quale non può essere richiesto il rimborso perché il prestito, i finanziamenti o le garanzie, o i termini e le condizioni di tale prestito, titoli o garanzie, hanno violato le leggi (sia nazionali che internazionali), o perché tali termini o condizioni di prestito, titoli o garanzie erano estremamente ingiusti, irragionevoli, inammissibili o altrimenti discutibili.

XLIV) La campagna cita il caso dell’Argentina, che ha considerato illegittimi i 44 miliardi di dollari concessi dal FMI al governo dell’ex presidente Mauricio Macri.

XLV) Senza contare gli accordi bilaterali che gli Stati membri hanno con paesi terzi.

XLVI) L’International Centre for Settlement of Investment Disputes (ICSID) è un’istituzione della Banca Mondiale con sede a Washington dedicata alla risoluzione delle controversie internazionali in materia di investimenti.


151 Tax Justice Network, State of Tax Justice 2022, 15/11/2022.

152 Official Journal of the European Union Council, Regulation (EU) 2022/1854 of 6 October 2022 on an emergency intervention to address high energy prices, 6 ottobre 2022.

153 European Parliament, The European Parliament declares climate emergency, 28 novembre 2019.

154 Observatori Del Deute en la Globalització, ¿Qué ha salido de la COP26?, dicembre 2021.

155 GNDE, The Green New Deal for Europe For Europe’s Just Transition, dicembre 2019.
Per una visuale critica sul New Deal vedi: López, Isidro and Martínez, Rubén (2020) La Hidra Cooperativa (2021). La solución verde: Crisis, Green New Deal y relaciones de propiedad capitalista, 2020. [Dossier]. Disponibile su: https://report.gndforeurope.com/

156 Para una mirada crítica del New Deal, revisar: López, Isidro; Martínez, Rubén, La Hidra Cooperativa, La solución verde: Crisis, Green New Deal y relaciones de propiedad capitalista, 2020, 2021.

157 McKee, Brent Income and Wealth Taxes (1934-1941). The Living New Deal, 7 maggio 2018.

158 Instituto Nacional de Estadística y Censos de la República Argentina, Balanza de pagos, posición de inversión internacional y deuda externa. Cuarto trimestre de 2022.

159 Torrado, Santiago, Petro reta a la élite económica de Davos con su propuesta de canjear deuda por servicios ambientales, El País, 18 gennaio 2023.

160 Deuda x clima .

161 Colectivo de Difusión de la Deuda Ecológica, Deuda ecológica ¿Quién debe a quién? , Icaria Editorial, 2003.

162 ODG, Posicionamiento ODG ante los fondos europeos Next Generation EU, 23 novembre 2021.

163 AAVV, Disminución planeada de la dependencia fósil en Colombia: entre el cambio cultural y la gestión participativa de la demanda, 2022.

164 Pérez, Alfons (2021). Pactos verdes…, op.cit.

165 European Council, The EU’s role in global trade, 15 novembre 2021.

166 European Commission, EU and Chile strengthen a comprenhensive political and trade partnership, 9 dicembre 2022.

167 Liboreiro, Jorge, ¿Qué es el Tratado sobre la Carta de la Energía y por qué es importante ahora? Euronews, 26 ottobre 2022.

168 TNI y CAJAR, ISDS en números: Colombia – un boom de demandas de inversores extranjeros, maggio 2023.

**

alexik

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *