La neve, i treni, i libri e il canta(conta)storie
Riflessioni di Angelo Maddalena. A seguire il calendario per incontrarlo… gelate permettendo da stasera a Imola e poi a Milano, a Ceriale e a Bordighera
Rivoluzione quotidiana cercasi…
Dell’emergenza neve di febbraio 2012 avevo scritto e pubblicato (in qualche blog e nel mio libro Diari dalla Val di Susa). Lo scenario si è replicato qualche giorno fa con treni bloccati per ore e ore, anche ad Alta Velocità, sino a far dire a Renato Mazzoncini, Ad di Trenitalia: investiremo 100 milioni di euro per riparare la manutenzione che manca a Roma. Nel 2012, al posto di Mazzoncini c’era Mauro Moretti e aveva detto, al limite del provocatorio e inopportuno: «portatevi maglioni caldi e panini». Una cosa simile era successa a dicembre 2009, pochi giorni prima di Natale.
Sia nel 2012 che nel 2009 ero in in treno: nel 2009 da Milano a Taranto. In quel periodo avevo parlato con un ferroviere in pensione e mi aveva detto che gli scambi dei binari si riscaldano automaticamente, e che i problemi erano dovuti allo scombussolamento provocato dai treni e dalle (nuove allora) linee ad Alta Velocità. Il primo punto è questo: è lo stesso problema, oggi come allora? I treni e le linee ad Alta Velocità – oltre a essere investimenti in perdita (recentissima la svendita di ITALO a una cordata americana, con 500 milioni di buco finanziario), oltre a debellare i treni regionali e popolari (quelli notte da Nord a Sud, con prezzi accessibili ecc) – vai a vedere che hanno complicato il problema delle linee ferroviarie fino a comprometterne la fluidità in situazioni di neve neanche tanto abbondante (giorni fa si parlava di pochi centimetri) ? Al danno la beffa.
D’altronde Ivan Cicconi – che da quasi due anni non è più fra noi – aveva scritto pagine lungimiranti circa 10 anni fa. Inascoltato come Claudio Cancelli e altri studiosi: l’Alta Velocità è la più grande truffa del secolo ai danni dello Stato. E segnalo che su «Il fatto quotidiano» di sabato 24 febbraio c’è un appello al governo: «Tav Torino-Lione, dati e previsioni sballate: ridiscutiamo il progetto».
Con i tempi relativamente lunghi e tutti i distinguo possibili, gli abitanti della Val di Susa – e di altre parti d’Italia – avevano identificato un nemico reale e concreto, anziché accanirsi contro quelli inesistenti e pretestuosi: molti valsusini che votavano Lega e Forza Italia fino al 2005 hanno spostato in buona parte i voti su Rifondazione e Verdi nel 2006 e dal 2013 sul Movimento 5 Stelle.
Paolo Rumiz ricorda queste dinamiche nel suo editoriale «La paralisi bianca e l’uomo nero» (su «La repubblica», 27 febbraio 2018) come certi passaggi della prefazione di Daniele Barbieri al mio recente libro «Un anno di frontiera» ovvero «Diari, appunti, impressioni sull’accoglienza “incompleta” dei migranti a Ventimiglia» (*). E ci si può connettere anche con la prefazione di Ivan Cicconi al mio libro «Amico treno non ti pago» (**) tra l’altro parecchio attinente all’argomento che affronta Rumiz, partendo dall’immagine di due giorni fa alla stazione di Bologna: poliziotti che invece di soccorrere i passeggeri bloccati ed esasperati da ore e ore di attese, circondano uno straniero di pelle scura, e poi alcuni giovani che passano deridono il ragazzo perquisito. «Vent’anni fa sarebbe stata la rivoluzione» scrive Rumiz: «oggi niente. Perché?». Rumiz si avventura in un discorso veramente molto simile a quello di Barbieri nella prefazione del mio libro di cui sopra: perché un popolo oppresso, invece che rivolgersi contro gli oppressori si accanisce sui più oppressi?
Parlo di una esperienza personale, che in un certo qual modo sa di liberazione collettiva, almeno potenziale. Appunto in quel viaggio da Milano a Taranto con la neve (ne ho scritto nel libro e lo racconto nell’omonimo monologo teatrale «Amico treno non ti pago!»). Siamo a Bologna e c’è la scena “romantica” di una ragazza che si rifiuta di salire sul treno (è lo stesso che ho preso io, pensavo di viaggiare insieme a lei) non perché non ha il biglietto – sarebbe stato comunque “inopportuno” come scrupolo, visto che il treno aveva 180 minuti di ritardo – ma perché aveva un biglietto Intercity (forse perso per i ritardi dovuti alla neve). Lei rifiuta di prendere un Eurostar con più di 100 minuti di ritardo, anche se il controllore le ha fatto capire che il biglietto non importa in quel contesto e che non le farà nessuna multa.
Qui c’è un elemento cruciale: abbiamo perso molta capacità di gestire le ansie interiori, di prendere in mano la nostra vita anche in situazioni in cui la nostra “irregolarità” è più che giustificata e per niente importante. Da qui bisognerebbe partire. Poi nel libro ci sono altre riflessioni – più o meno comiche – che parlano del malinteso fra “onestà” e rigidità autolesionista, fra egalitarismo e immobilismo (l’esempio della ragazza è lampante, ce ne sono molti altri nel libro come nella quotidianità).
Un’esperienza liberatoria invece mi viene da un viaggio di quel febbraio 2012, per fare uno spettacolo a Pistoia, partendo da Milano. Avevo un po’ di febbre, le previsioni dicevano che la neve bloccava tutto e la Protezione Civile consigliava di “non partire”. Io però partii, trovai il sole a Firenze e a Pistoia, un po’ di neve a Bologna e viaggiai senza biglietto sul Frecciarossa Milano-Firenze, andata e ritorno; in più, durante il viaggio di andata, due signore comprarono «Amico treno non ti pago!». Nella catastrofe in cui siamo immersi alcuni gesti sembrano non solo lungimiranti e profetici ma anche “comodi” e tecnicamente auspicabili.
Adesso sento che Trenitalia e Italo rimborseranno del 100% i viaggiatori che hanno subìto più di 100 minuti di ritardo. Viene da ridere, perché dovrebbe essere la prassi anche per chi viaggia di solito nei treni regionali, come spesso avviene, con più di 30 minuti di ritardo: il rimborso però è previsto solo per chi viaggia sulle Frecce e non sui regionali. Voglio ricordare anche che sino a tre anni fa i rimborsi erano previsti solo per i ritardi superiori a 60 minuti, poi si è abbassato a 30 minuti perché è intervenuta l’Antitrust (credo su sollecitazione dell’Unione europea) multando di 1 milione di euro Trenitalia perché non rimborsava dopo 30 minuti di ritardo e per l’eccesso di sovrapprezzo per chi non ha il biglietto (50 euro di multa e 200 per chi non paga entro 15 giorni: aumenti illeciti secondo l’Antitrust). La cosa triste è che fino a quando un individuo – o anche gruppi organizzati di pendolari e viaggiatori in generale – rivendica di non pagare il biglietto come forma diretta di protesta, concreta ed efficace (hanno ottenuto di più i gruppi di pendolari in sciopero dell’abbonamento che mesi e mesi di concertazioni sindacali, si veda il documento «Allarme, agli ammutinati delle vie ferrate» stampato a Torino nel 2005) molti di noi invocano la “legalità” (che nasconde mancanza di coraggio e responsabilità individuale e politica) autolesionista mentre quando l’Antitrust parla delle stesse cose … magari si comprende che non si può aspettare passivamente il cambiamento dall’alto.
Visto che siamo in periodo elettorale mi viene da pensare: quanti, di quelli che andranno a votare, ma anche di quelli che non ci andranno, sanno assumersi teoricamente e praticamente la propria responsabilità individuale fino in fondo? E così facendo vivacizzare la propria e altrui esistenza? Perché di questo si tratta: di vivere la vita… come si faceva anni fa. Basterebbero un po’ di esercizi di insurrezione quotidiana, metafisica e quotidiana.
Oggi ho un treno a rischio neve. Voglio fare il biglietto ma se poi succedono i blocchi e devo aspettare i rimborsi? Non è che mi conviene pagare a metà? La paura della neve, la manutenzione che manca… forse dovrei chiedere anche un indennizzo per il fatto stesso che prenderò il treno?
A proposito del mio libro «Diari della Val di Susa» nell’appello pubblicato da «Il fatto quotidiano» ( firmato da don Ciotti, Paolo Congetti, Sandra Bonsanti ecc) c’è scritto: «dopo trent’anni il TAV Torino-Lione è ancora ai blocchi di partenza (…) La Francia, pur senza mettere in discussione il tunnel di base di 57 Km nella zona di confine, ha rinviato di decenni la scelta riguardante le rimanenti tratte nel suo territorio». Ma soprattutto «un documento dell’Osservatorio per la Torino-Lione istituito presso la presidenza del Consiglio riconosce che molte previsioni fatte 10 anni fa, anche appoggiandosi a previsioni UE, sono state smentite dai fatti, salvo poi giustificare comunque la realizzazione del tunnel di base e di altri interventi non meno devastanti in territorio italiano adducendo opinabili ragioni sulla necessità di ammodernare l’infrastruttura» (***). Mi vengono da dire alcune cose, Uno dei danni o delle concause della devastazione del nostro Paese è da attribuire a chi segue e sostiene partiti leghisti e nazionalisti perché, al contrario di quello che dicono, non difendono l’Italia: se difendessero, come dicono, il territorio italiano, dovrebbero impegnarsi contro la “devastazione” di infrastrutture inutili, nocive e costosissime che tolgono soldi alle «risorse nazionali disponibili del Fondo aree sottoutilizzate per la messa in sicurezza delle scuole, per le opere di risanamento ambientale, per l’edilizia carceraria, per le infrastrutture museali ed archeologiche, per l’innovazione tecnologica e le infrastrutture strategiche per la mobilità». Le parole che ho messo fra virgolette sono sempre dal mio «Diario dalla Val di Susa» (a pagina 26) e le avevo ricopiate da un documento che distribuivano in Val Susa il 3 luglio del 2011: lì si diceva che la delibera CIPE per il cantiere di Chiomonte autorizza a utilizzare quei fondi di cui ho scritto nel virgolettato per finanziare la TAV Torino-Lione. Ricordo che quattro anni fa, con il libro appena stampato, in un treno tra Roma e Perugia lo avevo venduto a una signora che – mi diceva – era una fan di Erri De Luca: da quando aveva saputo che De Luca difendeva la lotta Notav si era incuriosita. Dopo aver letto le prime pagine (io ero seduto davanti a lei) arrivò a quel passaggio di pag. 26 e andò in tilt scoprendo i dati “oggettivi” del CIPE, che la TAV “ruba” soldi a fondi pubblici riservati a spese sociali. “Cazzo, allora sono veramente stronzi, ci dobbiamo ribellare, è devastante e vergognoso”. Ma poi quasi contrariata: “Eh no, la TAV si deve fare, ci sono i fondi europei pronti e quindi si deve fare”. In pratica: Erri De Luca piace alla signora che quindi si interessata vagamente alla TAV ma quando si parla di dati oggettivi la signora preferisce…evadere! Una cosa simile mi è capitata recentemente con un’altra signora che ha comprato due miei libri nell’ultimo anno e uno in particolare lo ha molto apprezzato, consigliandolo anche ad amici: quel mio libro parla di luoghi e lei ha apprezzato il mio sguardo obliquo da “straniero” capace di vedere cose che spesso chi abita da molto tempo i propri luoghi non vede più. Ho voluto proporle «Un anno di frontiera». Sapevo che lei è tendenzialmente “rigida”, diciamo un po’ di destra: infatti quando ha visto i ragazzi africani in copertina e il titolo mi ha subito detto: “no, questo non lo leggo”. Pensavo scherzasse, e le ho pure regalato una copia. Dopo un paio di settimane le ho chiesto se aveva letto qualche pagina: mi ha detto che non lo aveva letto e neppure portato a casa. La cosa mi ha sconvolto perché mi è sembrato un capriccio ma soprattutto un “rifiuto” della realtà: una realtà parziale certo, ma comunque rifiutata. Un dettaglio forse poco importante: mi aveva detto che secondo lei i migranti sono troppi in Italia o una cosa del genere, che poche cooperative se ne approfittano per guadagnare soldi, insomma una mentalità di destra. Però un mio compaesano ha comprato «Un anno di frontiera» e mi ha detto che anche se lui non ha le mie stesse idee, comunque è curioso di leggere qualcosa scritto da chi ha visto direttamente i migranti di Ventimiglia e i loro problemi. Quindi c’è spesso di mezzo il “rifiuto” della realtà: come la signora innamorata di Erri De Luca e perciò interessata alla Val di Susa ma contrariata dalla “realtà” dolorosa e oggettiva del furto che comporta la TAV, quest’altra donna si è innamorata dei miei libri che parlano di luoghi ma si blocca quando le propongo un libro che parla di migranti, cioè di una realtà che rifiuta di approfondire.
(*) Nonostante l’evidente “conflitto di interessi” – eh eh – ne parleremo presto in “bottega”; intanto qui sotto trovate il CALENDARIO delle presentazioni
(**) vedi anche Binario, infame e solitario
(***) cfr ci eravamo sbagliati, dicono quelli del governo, la Tav è proprio uno schifo
GLI INCONTRI DI ANGELO
1° marzo: presentazione di «Un anno di frontiera» e canzoni al CSA Brigata 36 di Imola.
4 marzo: idem al mercatino Cox 18 di Milano.
8 marzo: Canzoni di strada e di contrada, nuove e nuovissime di Angelo Maddalena, alla libreria Calusca di Milano.
15 marzo: Canzoni di strada e contrada alla CCCP – Casa dei circoli e culture dei popoli – di Ceriale (Savona)
16 marzo: «Un anno di frontiera» alla libreria Amico libro di Bordighera