La nostra «orbita spezzata», un gran Brunner
Torna in edicola un grande John Brunner
«Questo nostro vecchio pianeta sta rotolando come una trottola lanciata male, e se non troveremo un nucleo di persone decise e sensibili in grado di correggere la nostra corsa, finiremo col percorrere un’orbita spezzata, a sobbalzi, come qualche razzo difettoso con i motori bloccati, a volte diretti verso l’alto, a volte a capofitto verso il basso e a volte ad angoli sghembi fra l’uno e l’altro […] spero sempre che qualcuno si faccia vivo per salvarci giusto in tempo, stabilizzando per noi i nostri giroscopi». E’ nell’ultima pagina che comprendiamo meglio il titolo, cioè «The Jagged Orbit» (1969) di John Brunner che a giugno Urania ha rimandato in edicola nella traduzione di Gianni Montanari: 290 pagine al solito per 6,90 euri, appunto «L’orbita spezzata».
Non sorprende che in copertina spicchi la definizione/recensione «Un’opera superba» di Philip Dick; in primo luogo perché davvero siamo di fronte a un romanzo geniale (nonostante alcune ingenuità, anche politiche, è uno fra i migliori del discontinuo Brunner) e in secondo luogo perché alcuni personaggi e molti passaggi sono assai dickiani.
Inizio splendido con il primo capitolo – cioè “Mettetevi al mio posto” – di una sola parola («Io» o per essere più precisi «I(o)») a specchiarsi nel penultimo, intitolato allo stesso modo, dove però la parola è “Voi” anzi per l’esattezza “Vo(i)” in modo da legarsi meglio alla prima parola del capitolo successivo.
Non vi scorderete di Matthew Flamen, professione «Cantachiaro del palinsesto tri-di» (demagogo, Robin Hood o entrambi, giudicherete voi), della «pitonessa» Lyla Clay, del sociologo Xavier Conroy, di Harry Madison (non posso svelarvi chi è, credetemi), di Celia incarcerata dal dottor Mogshack; o dei neri (vedrete che, secondo Brunner, loro preferiscono definirsi in altra maniera) come Pedro Diablo, «creatore di paura» o come il molto arrabbiato Morton Lenigo il quale però è forse troppo ingenuo se si fida degli «spacciatori di armi» (vedi la bella copertina). Il domani – si sa – può esser figlio dell’oggi: «la socializzazione della paranoia», i razzismi, le religioni, i nostri «idoli di plastica», la diffusa «rinuncia alla ragione», gli amici che non si trovano più, le ami letali, i computer che “sanno” tutto, i bambini uccisi “per errore” dalle armi “intelligenti”… Ma nei futuri possibili c’è anche la variante impazzita, il sentiero perduto di un qualche presente: ed ecco «le pillole sibilla», le pubblicità per posta ma con altoparlanti incorporati oppure questa frase-choc: «qual è l’archetipo dell’uomo meglio difeso? Il catatonico». Certi futuri poi sono figli di teste particolari: «come tutti i neopuritani, la tua mente è una fogna» dirà Flamen al cognato.
Gran libro.