La privatizzazione della sanità avanza
in tutto il mondo. Insieme alle disuguaglianze – di Sara Albiani, policy advisor sulla salute globale di Oxfam Italia
Partorire in un ospedale privato a Maputo significa per una donna mozambicana, parte del 40% più povero della popolazione, dover spendere tutto ciò che guadagna in un anno. È la scioccante realtà a cui porta la rotta intrapresa a livello globale di riduzione della spesa sanitaria pubblica e di crescente privatizzazione del settore, con conseguenze drammatiche sulle disuguaglianze in salute.
Un orientamento in totale contrasto con la lezione che dovremmo aver appreso dai quasi 7 milioni di morti della pandemia Covid-19: la necessità di garantire il diritto alla salute ovunque nel mondo, rafforzando i sistemi pubblici sanitari nazionali e rendendoli capaci di prevenzione e risposta alle emergenze sanitarie, oltre che equi nell’accesso ai servizi.
Le istituzioni finanziarie guidate dai Paesi ad alto reddito spingono per la sanità privata nei Paesi poveri
Il modello della sanità privata si sta diffondendo anche grazie all’azione di istituzioni finanziarie internazionali – come l’International Finance Corporation (IFC), la Banca mondiale e la Banca europea per gli investimenti (BEI) – che destinano ingenti fondi pubblici al settore privato con l’obiettivo dichiarato di promuovere lo sviluppo economico nel Sud del mondo, combattere la povertà e migliorare i servizi sanitari. Ma le cose stanno in modo assai diverso e le conseguenze sono aberranti. La fotografia di quanto accade è contenuta in due rapporti (qui e qui) pubblicati in questi giorni da Oxfam, che denunciano molti casi in cui il finanziamento da parte di istituzioni finanziarie (guidate da paesi come Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia) a gruppi ospedalieri privati e ad altre società sanitarie profit operanti in India, Kenya, Nigeria, Uganda e altri paesi del Sud del mondo hanno avuto, al contrario di quanto auspicato, un impatto drammatico nella vita delle persone.
La casistica è una galleria degli orrori, che esemplifica quanto c’è di più lontano rispetto alla tutela del diritto universale alla salute: trattenimento di pazienti, compresi neonati, a fronte del mancato pagamento delle prestazioni sanitarie fornite; addebito di spese eccessive ai pazienti, poi ridottisi in povertà per onorarle; prezzi di servizi e medicinali fuori dalla portata della maggior parte dei loro fruitori; cure negate a coloro che non possono permettersele, anche in caso di urgenza o emergenze generalizzate; pressioni sui pazienti affinché accettino di sottoporsi a procedure mediche non necessarie e costose; una grave e mancata prevenzione delle violazioni dei diritti umani, compreso il traffico di organi da parte del personale sanitario.
Il caso dell’India, dove la sanità privata vale 236 miliardi di dollari in uno dei Paesi più disuguali al mondo
In India, dove a oggi il settore sanitario privato vale 236 miliardi di dollari in rapida crescita, l’IFC ha investito direttamente oltre mezzo miliardo di dollari in alcune delle più grandi corporation del Paese nel settore ospedaliero. Mentre in molti casi vengono applicate tariffe eccessive in rapporto al tipo di cura, negata l’assistenza sanitaria, truccati i prezzi, evase le tasse e rifiutate cure gratuite ai pazienti indigenti, nonostante questa fosse una condizione prevista nella cessione statale dei terreni sui quali costruire gli ospedali. Non solo: dei 144 ospedali finanziati, solo uno si trova in una zona rurale e solo 20 si trovano nei 10 stati con peggiori performance in termini di erogazione di servizi sanitari di qualità. Quattro grandi complessi ospedalieri nella regione di Delhi, hanno realizzato margini di profitto che arrivano fino al 1.737% su farmaci, materiali di consumo e diagnostica.
In Mozambico, in piena pandemia richieste di 6 mila dollari per l’ossigeno e 10 mila per un ventilatore
Stessa situazione anche in altre realtà analizzate da Oxfam. Il Maputo Private Hospital in Mozambico, sostenuto dall’IFC durante la pandemia, ha addebitato ai pazienti COVID-19 6.000 dollari per l’ossigeno e 10.000 per un ventilatore. Allo stesso modo, in Uganda, il Nakasero Hospital, finanziato da Francia, UE e IFC, ne avrebbe addebitati 1.900 al giorno per un letto COVID-19 in terapia intensiva; mentre il TMR Hospital, sostenuto da Regno Unito e Francia, ha presentato un conto di 116.000 dollari alla famiglia di un paziente morto a causa del virus.
Mentre le morti di parto aumentano, in un ospedale privato un cesareo può costare 2 anni di stipendio
Il numero di madri che muoiono durante la gravidanza e il parto è in aumento in tutto il mondo, il costo medio di un parto senza complicazioni in questi ospedali privati è superiore al reddito di un anno del 40% più povero della popolazione, mentre il costo di un cesareo supera il reddito di 2 anni. In Nigeria, 9 donne su 10 tra le più povere partoriscono senza un’ostetrica o un assistente al parto qualificati. Oxfam ha rintracciato i fondi di sviluppo di BEI, Germania, Francia e IFC fino agli esclusivi Lagoon Hospitals privati di Lagos, dove il pacchetto maternità più semplice costa più di 9 anni di reddito per il 10% più povero dei nigeriani.
Al contrario, il rafforzamento della sanità pubblica in Etiopia ha ridotto le morti materne del 70%
Le cose vanno diversamente quando è il settore pubblico a essere finanziato e rafforzato. L’Etiopia, ad esempio, ha utilizzato con successo gli aiuti ricevuti dai donatori per raggiungere la maggior parte degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio relativi alla salute entro il 2015, compresa la riduzione delle morti materne di oltre il 70%. A riprova, un dato: nei Paesi a basso reddito che hanno maggiori risultati nella riduzione delle morti per parto, il 90% dei servizi sanitari è pubblico. Ma nonostante la pandemia abbia dimostrato il rapporto diretto tra la salute, l’equità d’accesso a servizi di qualità e la presenza di un sistema sanitario universalistico, si assiste ovunque a un restringimento della sanità pubblica in favore di quella privata, adottando un modello dove il mercato detiene il primato e il settore pubblico finisce per esternalizzare le proprie competenze.
I tagli alla sanità del Governo Meloni confermano una tendenza che viene da lontano: così saremo impreparati alla prossima pandemia
Una linea miope ed iniqua perseguita anche in Italia, dove da più di un decennio si tende a vincolare sempre più salute e prestazioni sanitarie alle disponibilità economiche del paziente, con tagli di risorse alla sanità pubblica (confermati anche dal Governo Meloni) e l’affidamento a privati di servizi assistenziali e diagnostici.
Se i governi e le istituzioni internazionali non cambieranno rotta e non metteranno al centro della loro azione il rafforzamento dei sistemi sanitari pubblici, risulteremo non solo impreparati di fronte alla prossima pandemia, ma a rimetterci saranno sempre i più vulnerabili, tanto nei paesi ricchi quanto più in quelli poveri.