3 commenti

  • lella di marco

    alcuni amici arabi- marocchini immigrati a Bologna nel ringraziare la bottega per l’attenzione che ha sempre dimostrato e dimostra nei confronti della situazione complessiva in Marocco
    mi hanno fatto notale una contraddizione nel titolo che poi è in contrasto con quanto riportato di seguito sia nell’articolo che nell’introduzione, arrivata come testimonianza diretta dal Marocco

    In pratica dal titolo sembrerebbe una rivolta etnica berbera mentre il movimento-rivoltoso è organizzato e diretto dal R.I.F. ben altra cosa di una semplice etnia . Sostengono che attribuire la contraddizione etnica ai diversi conflitti che esplodono . rischia di offuscare L’ANIMA DELLA RIVOLTA CHE E’ DI CLASSE- e poi come mai il ministro degli interni che è berbero , si presterebbe alla repressione dei berberi mentre il RE arabo discendente diretto da Allah manterrebbe il ruolo di pacificatore neutro ?
    I
    o semplicemente sto riportando alcune osservazioni non mie che però mi convincono , penso però che potremmo- dovremmo fare pìù chiarezza e conoscere più dettagliatamente gli avvenimenti e la storia

    tra l’altro queste notizie di lotta, come l’approvazione da parte del governo tunisino della legge contro la violenza sessuale alle donne
    arrivano come una ventata di speranza nel nostro paese che langue e coltiva atteggiamenti sempre più nikilisti e
    “ODIA RENZI COME ELABORAZIONE DEL LUTTO PER LA PERDITA DELLA SINISTRA”
    SARA’

  • antonella selva

    bell’approfondimento, grazie!
    però, se posso permettermi, il titolo “la rivolta dei berberi!” contrasta – mi sembra – con il contenuto che, sia nella testimonianza introduttiva, sia nell’articolo, molto approfondito, si focalizza su aspetti “nazionali”, “popolari”, “socio-economico-politici” che travalicano di molto gli aspetti più specificamente “etnici” (la pretesa centralità della contraddizione berberi vs arabi). C’è una forte specificità della dimensione “locale” (cioè riffana, non genericamente berbera, perché berberi sono anche nel centro e nel sud, praticamente in tutte le aree rurali, ma il Rif, è chiarito bene nell’articolo, custodisce una particolarissima memoria di lotta) ed anche la dimensione nazionale come orizzonte geografico e quella popolare come orizzonte di classe sono preponderanti rispetto alla dimensione etnica, mi pare.
    Da notare addirittura, come giustamente sottolinea l’articolo, che il ministro degli interni che ha ordinato le repressioni è berbero – guarda un po’! (quindi è una “rivolta berbera” che si fronteggia con una “repressione berbera”? e dunque il re – arabo e discendente del profeta – giocherebbe il ruolo dell’arbitro pacificatore?)
    Insomma, stiamoci attenti con l’abitudine quasi automatica di scivolare sulla lettura etnica di ogni conflitto: di solito, zoommando sull’immagine i contorni si sgranano in una miriade di contraddizioni che poi vengono volta a volta raggruppate a seconda degli interessi in gioco

  • Sono d’accordo che il titolo è fuorviante. Non l’avrei messo un titolo del genere. MA non perchè la questione Amazigh non centra niente. La questione del Rif ha sempre avuto molte dimensioni e quella della reppressione della lingua e cultura berbera ne ha sempre fatto parte. Anche se buona parte della sinistra maghrebina, storicamente panarabista, ha sempre fatto finta di non vedere le violazioni di stampo nazionalista arabo. E il fatto che il ministro in carico della reppressione per conto del re (anche se giocano al poliziotto buono e poliziotto cattivo pubblicamente) sia berbero, o che buona parte degli sbirri che picchiano come matti lo siano anche loro non toglie questo carattere ad ogni rivolta del Rif. Anche perchè altrimenti come spiegare il numero di bandiere ammazigh presenti in piazza?
    Detto questo è vero che la questione culturale, linguistica, non è centrale. Fa parte ma non è la prima cosa. La maggior parte delle rivendicazioni sono di tipo sociale e politico che sono comune a tutto il paese anche se vissute con più durezza in una regione colpita da politiche di isolamento da più di mezzo secolo.

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