La Storia perde la maiuscola, si sveglia oppure muore?

di Daniele Barbieri (*)

Alice Borgna, con “Tutte storie di maschi bianchi morti…”, offre un’analisi originale delle intricate vicende statunitensi (e non solo) che i media bollano come «cancel culture».

Ecco un libro che chiunque ami greco e latino, antichistica, letterature antiche (o come volete titolare le cattedre) dovrebbe fermarsi a leggere con calma. Ovviamente va bene per chi si appassioni ai temi dell’insegnare e delle discriminazioni educative perché l’autrice non usa gerghi accademici e si fa sempre capire, esponendo con chiarezza i fatti separati dai dubbi, senza fare “caciara” da Twitter o tifare dove il vento social sibila più forte.

Alice Borgna si presenta così: «pur essendo una donna viva si occupa di maschi morti», soprattutto bianchi come chiarisce il titolo. Il suo attuale lavoro è insegnare «Lingua e letteratura italiana all’università del Piemonte orientale» e chiarisce subito che lì «si occupa (anche) della democratizzazione degli studi classici».

Borgna mi è sembrata la persona giusta per capire le intricate vicende statunitensi (e non solo) che i media bollano come «cancel culture» cioè soprattutto, così sembra, abbattere statue di schiavisti, fascisti o molestatori sessuali. Ma i giornalisti amano decontestualizzare tutto e informare quasi zero … come accade ormai in ogni campo, aggiungerà qualche persona, lucidamente sconfortata. «In realtà, come vedremo, il discorso è molto più complesso e ci porterà a parlare ben poco di maschi bianchi morti». Quelli vivi sono più interessanti, a partire da Trump.

Il libro parte da un «incidente», anzi due, nel gennaio 2019 durante il meeting della Society for Classical Studies. Prima gli addetti alla sicurezza chiedono a due donne di identificarsi: sono le uniche senza tesserino di riconoscimento? No, però sono visibilmente «una di colore e una latina americana». Il secondo incidente si collega alle discussioni per quell’atto (inconsciamente?) razzista: il professor Dan-el Padilla Peralta, «di origine domenicana», mentre ragiona sulla «scarsa rappresentanza delle minoranze» riceve dal pubblico – di colleghi – l’accusa opposta: «hai ottenuto il tuo posto di lavoro solo perché sei nero».

Nelle prime 85 pagine, Borgna ci guida nell’intricatissimo dibattito (con molte punte di rissa, almeno a parole) statunitense: fra le cause remote troviamo l’Utilocrazia regnante nelle università, le tante discipline legate a pregiudizi di razza e genere a ogni livello, l’idea che le radici greco-romane siano purissime (ed è un falso storico) dunque confermino la superiorità eterna di un pur vago Occidente e soprattutto i recenti deliri del «suprematismo bianco».

Non mi azzarderò a riassumere fatti, ragionamenti e dubbi dell’autrice che, con una scrittura appassionante, più volte invita a «fermarsi» per riflettere. Poche domande hanno facili risposte: rischi e opportunità a volte finiscono in un abbraccio quasi mortale. Poi quasi all’improvviso Alice Borgna ci porta in un capitolo intitolato «Il Tevere mormorò: non passa lo straniero. Le reazioni in Europa».

Arrivati anche in Italia incontriamo situazioni che dovrebbero esserci note (pur se la maggior parte del giornalismo glissa o peggio): baroni, scuole di A e di B, insegnanti sottopagati, abbandono scolastico, i sogni dell’«ascensore sociale» e i rischi del «disoccupificio», i contenuti classisti e discriminatori, il sempre più praticato elogio dell’ignoranza… Una cartina di tornasole? Il merito rispetto al genere: se ai vertici delle università restano solo maschi è perché il percorso è costruito da un contesto storico che li favorisce e danneggia le donne. Se avete ancora dubbi non resta che verificare i numeri per credere.

Questo non è un giallo e dunque potrei anticiparvi il finale, che però ci riserva un bel colpo di scena a 10 pagine dalla fine. Alice Borgna sta proponendo una «chiusa irenica e piena di speranza» ma… «peccato che nel corridoio sia rimasto un grosso elefante». E per vederlo in zanne e proboscide, capendo davvero cosa stia accadendo ci servirà addirittura una frase (facile) del vecchio latino: «cum grano salis».

Non posso fare “spoiler” sull’ultimo capitolo che fra l’altro ci offre il giusto collegamento fra la prima e la seconda parte del libro. Ma in un certo senso ci mette davanti due possibili futuri delitti con molti potenziali killer.

Neanche un indizio? Beh, a chi ricorda gli orrori delle guerre di religione in Europa questa famosa frase può suonare da campanello: «uccideteli tutti, Dio (o meglio Giove) riconoscerà i suoi, è un rischio reale». Se non sapremo urgentemente dare le giuste risposte.

(*) recensione pubblicata su https://www.micromega.net

In “bottega” cfr almeno Statue, lapidi, schifezze fasciste e noi, Statue e monumenti: crimini, oblio, senso comune, Statue e lapidi: celebrare i boia, I muri e le statue che cadono in Cile.

 

danieleB
Un piede nel mondo cosiddetto reale (dove ha fatto il giornalista, vive a Imola con Tiziana, ha un figlio di nome Jan) e un altro piede in quella che di solito si chiama fantascienza (ne ha scritto con Riccardo Mancini e Raffaele Mantegazza). Con il terzo e il quarto piede salta dal reale al fantastico: laboratori, giochi, letture sceniche. Potete trovarlo su pkdick@fastmail.it oppure a casa, allo 0542 29945; non usa il cellulare perché il suo guru, il suo psicologo, il suo estetista (e l’ornitorinco che sonnecchia in lui) hanno deciso che poteva nuocergli. Ha un simpatico omonimo che vive a Bologna. Spesso i due vengono confusi, è divertente per entrambi. Per entrambi funziona l’anagramma “ride bene a librai” (ma anche “erba, nidi e alberi” non è malaccio).

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