La strage di Marcinelle: due ricordi per l’oggi
di Franco Astengo e della Confederazione USI
8 AGOSTO 1956: MARCINELLE
di Franco Astengo
Continuiamo a ricordare, come a ogni anniversario, quella tragedia avvenuta in Belgio in un giorno d’agosto di sessantuno anni fa.
Una tragedia del lavoro da intendersi ancora quale esempio assolutamente indicativo delle condizioni di sfruttamento in atto allora e vigenti ancora adesso quale logica espressione del dominio capitalistico.
Condizioni di sfruttamento che ignoravano e ignorano la realtà concreta della condizione umana assoggettandola alla logica del profitto indiscriminato.
Non ci sono concesse pause o illusorie tregue sia nell’esprimere ciò che l memoria ci idnica quale necessità del ricordo storico ,sia nell’attualità della lotta quotidiana per la difesa delle condizioni materiali dei ceti più deboli in tutto il mondo, espressione di un internazionalismo che rimane necessario nell’avanzarsi concreto della lotta di classe.
Torniamo a quei tragici fatti.
L’8 agosto del 1956 136 minatori italiani trovarono la morte nella miniera di carbone Bois du Cazier, in Belgio, insieme a 95 belgi, 8 polacchi, 6 greci, 5 tedeschi, 5 francesi, 3 ungheresi, un inglese, un olandese, un russo e un ucraino. In totale, morirono 262 minatori su un totale di 274 presenti: 12 lavoratori vennero tirati su il primo giorno, mentre i famigliari degli altri dovettero aspettare fino al 22 agosto, tra angoscia e speranza, quando i soccorritori dichiararono: “Tutti cadaveri“. L’incidente – il terzo più grave per gli italiani all’estero dopo quello di Monongah, in Virginia, dove morirono 171 connazionali, e di Dawson, nel Nuovo Messico, dove ne morirono 146 – avvenne alle 8,11 del mattino, quando un errore di manovra agli ascensori al livello 975 provocò un massacro. La tragedia di Marcinelle, rievoca anni bui della storia italiana. Alla fine della Seconda guerra mondiale, la necessità di una ricostruzione industriale porta il governo belga a lanciare la ‘battaglia del carbone’. La prima volontà delle autorità è quella di evitare di ricorrere alla manodopera straniera, ma ben presto si comprende che l’obiettivo non potrà mai essere raggiunto contando unicamente sulla manodopera belga. Si rende così obbligatorio il ricorso all’immigrazione massiccia degli stranieri e poiché l’Europa dell’Est e, in particolare, la Polonia non sembra più una potenziale riserva di manodopera, il Belgio si rivolge all’Italia, che esce esangue dalla II guerra mondiale dopo 20 anni di fascismo. Il protocollo di intesa italo- belga del 23 giugno 1946 prevede l’invio di 50.000 lavoratori italiani in cambio della fornitura annuale di un quantitativo di carbone, a prezzo preferenziale, compreso tra due e tre milioni di tonnellate. Per convincere gli uomini a lavorare nelle miniere belghe, si affiggono in tutta Italia manifesti che presentano unicamente gli aspetti allettanti di questo lavoro (salari elevati, carbone e viaggi in ferrovia gratuiti, assegni familiari, ferie pagate, pensionamento anticipato). In realtà, le condizioni di vita e di lavoro sono veramente dure. All’arrivo a Bruxelles, comincia lo smistamento verso le differenti miniere, dopodiché i lavoratori vengono accompagnati nei loro ‘alloggi’, le famose ‘cantines‘: baracche, insomma, o ‘hangar’, gelidi d’inverno e cocenti d’estate, veri e propri campi di concentramento dove pochi anni prima erano stati sistemati i prigionieri di guerra. La mancanza di alloggi decenti, previsti peraltro dall’accordo italo – belga, impedisce alla maggior parte dei minatori il ricongiungimento con la propria famiglia. Trovare un alloggio in affitto è infatti quasi impossibile all’epoca. Senza contare la discriminazione. Spesso sulle porte delle case da affittare, i proprietari scrivono a chiare lettere ‘ni animaux, ni etranger‘ (né animali, né stranieri). Un’integrazione difficile, dunque, cui si sommano le condizioni di lavoro particolarmente dure e insalubri, nonché le scarse misure di igiene e sicurezza. Tra il 1946 e il 1955, quasi 500 operai italiani trovarono così la morte nelle miniere belghe, senza contare il lento flagello delle malattie d’origine professionale, tra cui la silicosi. Una mostra con le immagini dei minatori di oggi nel mondo è aperta fino a dicembre al Bois du Cazier, il sito a sud di Charleroi diventato un museo del ricordo e che dal 2012 è diventato Patrimonio dell’umanità dell’Unesco.
Già la grande emigrazione transoceanica del periodo a cavallo del secolo tra l’800 e il ‘900 aveva interessato milioni di persone nelle regioni meridionali, portando a drastica riduzione della popolazione di moltissimi paesi del mezzogiorno (cfr. F.P. Cerase “Sotto il dominio dei borghesi sottosviluppo ed emigrazione nell’Italia meridionale” Roma 1975).
Si può ben affermare che le condizioni di miseria nelle quali versavano in quel periodo larghe parti del nostro Paese rimanessero sostanzialmente immutate anche nelle situazioni di vita che gli emigranti incontravano nei loro paesi di destinazione (non soltanto il Belgio, ma anche la Germania e la Svizzera) unite alle difficoltà d’integrazione.
L’emigrazione veniva individuata come un espediente delle forze governative per ridurre le tensioni sociali e per ottenere i vantaggi economici delle rimesse.
In sostanza il discorso sull’emigrazione può essere ancora riassunto in un passaggio del documento della FILEF (Federazione italiana lavoratori emigrati e famiglie) stilato nel 1973 che al punto 2 recitava: “L’emigrazione non è stata e non è una libera scelta, ma dipende da processi abnormi di ineguale sviluppo, di impoverimento di vaste aree dalle quali partono masse di lavoratori spinti dalla disoccupazione” (cfr. p. Cinanni “Emigrazione e unità operaia” Milano 1974).
Una lezione per l’oggi che proviene direttamente dalla memoria del passato: memoria da coltivare con cura.
MARCINELLE (Belgio) 8 AGOSTO 1956 – 8 AGOSTO 2017 STRAGE DI MINATORI
MANTENIAMO LA MEMORIA STORICA SU 262 MORTI (136 IMMIGRATI ITALIANI) PER EVITARE CHE NELLA “CIVILE EUROPA” PROSEGUANO MORTI SUL LAVORO e di IMMIGRATI
comunicato della segreteria nazionale collegiale Confederazione USI (fondata nel 1912 e aderente a RETE Nazionale salute e sicurezza sul lavoro e sui territori)
RICORDIAMO ANCHE QUESTA DATA 8 AGOSTO 1956. 61 anni fa, la strage su lavoro nella miniera di MARCINELLE in Belgio. Il bilancio alla fine fu di 262 morti, di cui 136 di emigrati italiani. Causa della strage operaia, un incendio scoppiato a quota 975 della miniera, nel distretto carbonifero di Charleroi, i minatori morirono a causa di un incidente banale, UCCISI SUL LAVORO soprattutto dalla “premeditata” imprevidenza, dalla mancanza di elementari misure di protezione, dalla disorganizzazione.
Uno degli eventi luttuosi dell’immigrazione italiana all’estero, in base ad accordi tra i Governi belga e italiano, forza lavoro e braccia in cambio di quote di carbone per la “ripresa economica”. Nel linguaggio locale, un misto tra il francese e il dialetto, fu detta “La catastròfa”.
Per molti anni, nessun Presidente della Repubblica Italiana, nessun esponente del Governo italiano, si è recato sul luogo della strage di Marcinelle, nè si impegnò a sostegno delle vittime e dei familiari, nessun intervento istituzionale durante l’inchiesta successiva al disastro sul lavoro, con una giustizia inerte di fronte a questo “massacro annunciato”. A tanti anni di distanza dalla strage e in una fase nella quale in Europa, in Italia, continua la fuga di centinaia di migliaia di disperati e disperate, non solo dalla fame e dalla miseria, ma anche da persecuzione religiose, politiche, dalle discriminazioni etniche, con forme di sfruttamento bestiale e un mercato che ricorda quello, abolito formalmente, della schiavitù e della tratta di di esseri umani, questa storia di emigrazione e di immigrazione (italiana, questa volta) dovrebbe farci riflettere. La sola rievocazione del fatto, non dovrebbe lasciare insensibili coloro che oggi, in Italia come nella “civile” Unione Europea con tante direttive sulla salute e sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, parla di “flussi programmati”e di “integrazione”, o di “invasione”, quando si riferisce al fenomeno dell’immigrazione, come se fosse già dimenticato quello che subirono i nostri antenati, bisnonni, nonni…emigrati e immigrati nei Paesi “ricchi” per uscire dalla quotidiana miseria e alla ricerca di un destino e di un futuro migliore, spesso pagato a caro prezzo di vite umane, come a Marcinelle non dovremmo mai dimenticare i cartelli davanti a negozi ed esercizi pubblici “…vietato l’ingresso ai cani e agli italiani”.
Così come, ci si dimentica troppo spesso che in Italia, nonostante la crisi, la messa in mobilità, i licenziamenti collettivi, il precariato e tanto lavoro sommerso e “al nero”, che quantifica in diminuzione la forza lavoro codificata “attiva” 8ache con contratti di lavoro di pochi giorni…) anche il numero ACCERTATO DI MORTI SUL LAVORO (e DA LAVORO SALARIATO), non accenna a diminuire. Rispetto solo a qualche anno fa, l’Italia rimane pur sempre un PAESE DOVE LA SALUTE E’ CONSIDERATA UNA MERCE, LA SICUREZZA NON SOLO SUI LUOGHI DI LAVORO MA SUI TERRITORI (inquinati, devastati, senza manutenzione, rimboschimento, o controlli seri in termini preventivi), E’ VISTA DA PADRONI E GOVERNANTI COME “UN COSTO” DA RIDURRE O ELIMINARE PER MANTENERE, IN REGIME DI “CRISI PERMANENTE”, UN MARGINE PUR MINIMO DI PROFITTO, UN’OCCASIONE PER LUCROSE SPECULAZIONI FINANZIARIE, EDILIZIE…o anche come smaltimento illecito di scorie e deposito di materie pericolose, inquinanti sui territori.
Noi non dimentichiamo, non scordiamo Marcinelle e la dolorosa lezione che ci ha lasciato, come non scordiamo la Thyssenkrupp, l’Umbria Olii, Molfetta, Trani, Ravenna, Genova, L’Ilva di Taranto, Marghera, Monfalcone, Palermo…Viareggio e tante altre.
NOI NON DIMENTICHIAMO, PERCHE’ CHI NON HA MEMORIA, NON HA UN FUTURO E NONOSTANTE TUTTO, SIAMO ANCORA DISPOSTI A LOTTARE COLLETTIVAMENTE, AD ESSERE SOLIDALI …PER UN ALTRO FUTURO…POUR UN AUTRE FUTUR
Unione Sindacale Italiana segreteria nazionale confederale; www.unionesindacaleitaliana.eu/www.usiait.it
Roma/Milano/Udine/Caserta 8 agosto 2017
IN BOTTEGA CR ANCHE Scor-data: Marcinelle, 8 agosto 1956 con l’intervista ad Anna Maria Pelone, figlia di un minatore, di Sabatino Annecchiarico
LE IMMAGINI sono di VINCENZO APICELLA
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.