L’abissale ignoranza degli economisti

di Mauro Antonio Miglieruolo

Avete notato quanto poco ne sanno di economia gli economisti (almeno quelli che

scrivono sui giornali e discettano sulle televisioni)? Non lasciatevi ingannare, gli piace far apparire (gli conviene) d’essere alquanto ignoranti e un po’ scemi, ma non lo sono. A Roma in questi casi chiedono “ci sei o ci fai?”, domanda retorica, si sa in partenza che il tizio fa lo scemo per non andare alla guerra.

Le cose che sono capaci di propinarci (approfittando della nostra vera, autentica ignoranza dei meccanismi economici)! Buon ultimo ho udito un certo Signor Giavazzi, Dio abbia pietà di lui, affermare con profonda convinzione, nel corso di una discussione sull’art. 18 (ma non sanno pensare a altro, costoro?), che quel che occorreva per risolvere i problemi della nostra vacillante economia è un po’ più di precarietà. Esattamente l’opposto di quel che occorre. E’ infatti l’espandersi del lavoro precario, inrtrodotto dal ministro Treu (PD) e ultraliberalizzato con la legge Biagi (governo Berlusconi), a costituire una delle cause più potenti dell’attuale crisi. Più lavoro precario, lavoro malpagato e provvisorio, meno contante in circolazione, e perciò crescente difficoltà del mercato di assorbire la produzione. Minor costo del lavoro, diminuita propensione a investire nell’innovazione (la tecnologia costa, il lavoro no) per vincere la partita della concorrenza. Elementare Watson. Non per Giavazzi a quanto sembra. Che sono certo potrebbe schiacciarmi dall’alto delle sue competenze, dei mille libri che ha letto, delle astuzie di cui è dotato e che non esisterebbe ad adoperare contro di me per seppellirmi di chiacchiere. Il problema (per lui) è che con quasi i medesimi miei argomenti (anche se meglio articolati) si esprime Stiglitz, il quale alla ADN Kronos sembra abbia dichiarato:

“Attualmente le riforme strutturali sono quasi tutte viste dal lato dell’offerta ma non è questo il problema. Il problema è la domanda. Se si abbassano retribuzioni, stipendi e pensioni, se si indeboliscono gli ammortizzatori sociali, scenderà la domanda aggregata e si inaspriranno i problemi dell’occupazione e il quadro macroeconomico.”

Economista contro economista di chi fidarsi? Non mi schiero. Anche Stiglits ogni tanto ne spara d’assurde. Vedi ad esempio quella su Renzi, il quale secondo lui “sta facendo nel complesso le cose giuste ma le sue mani sono legate”. Opinione rispettabile, come tutte le opinioni; ma non abbasyanza rispettabile da indurre a non ridere, o quantomeno non scrollare le spalle: bisognerebbe che il buon Stiglitz chiarisse come può qualcuno far bene pur avendo le mani legate. O una o l’altra, ambedue non si tengono. Ma questi economisti, davvero, ci fanno o ci sono?

Io però qui intendo andare oltre. Oltre il paragone tra due diversi gradi e due diversi modi nel confondere le acque. Intendo andare alla storia degli ultimi cento anni e alla politica di apertura (di una parte del padronato) alle insistenti richieste dei lavoratori. Andare più indietro e ricordare che è stato un reazionario del livello di Bismarck a introdurre le prime misure a favore dei lavoratori. Lui a introdurre un limite alla giornata lavorativa e imporre ai Padroni del Vapore di cercare altrove (nell’innovazione tecnologica) gli strumenti per aumentare il saggio di profitto. Gli economisti alla Giavazzi e i politci alla Renzi invece li spingono a cercare proprio nella pauperizzazione del lavoro gli strumenti per vincere la concorrenza dei paesei emergenti. Bismarck e gli altri che si sono messi sulla stessa strada, sotto la spinta del lavoro che altrimenti minacciava di prendersi tutto, hanno salvato il capitalismo (purtroppo); questi di oggi lo stanno portando alla rovina. Prima però porteranno alla rovina noi, comminandoci una sorta di condanna storica alla miseria, all’ingiustizia, alla disperazione.

Non dobbiamo permetterlo. All’abissale ignoranza degli economisti, che fanno gli scemi per non andare alla guerra, deve corrisponde una vertiginosa nostra chiarezza sugli scopi. Sull’unica soluzione praticabile, prenderci tutto. Per farlo dobbiamo smettere di ascoltarli e ridere loro in faccia. Gli argomenti contro non serviranno a farli tacere, il ridicolo forse sì.

Redazione
La redazione della bottega è composta da Daniele Barbieri e da chi in via del tutto libera, gratuita e volontaria contribuisce con contenuti, informazioni e opinioni.

  • Il problema degli economisti, come si può leggere nel pampleth di Emiliano Brancaccio e Marco Passarella ” L’ austerita è di destra” è che al 99% sono asserviti al pensiero dominante neoliberale. Cosicché gli economisti keynesiani hanno dovuto sottoscrivere un appello per rivendicare la libertà di pensiero all’ interno della comunità accademica. Se questo è il mondo rovesciato dall’ imperialismo del pensiero unico, altro che ignoranza,,,,,,,,,

  • Grazie della precisazione/approfondimento, molto opportuna.
    Il problema è che fondamentalmente sono un ingenuo, non finisco mai di stupirmi, nonché rassegnarmi alla disonestà intellettuale di tanti intellettuali. Quel che ho cercato di dire (non essendoci ben riuscito, temo) è che l’argomentare di tanti economisti va ben aldilà degli stessi limiti teorici (e ideologici). Che c’è “leggerezza” e incoerenza nelle loro prese di posizione.
    Ricordo lo stupore che mi colse quando udii Modigliani giustificare i primi tagli alle pensioni, saranno passati una ventina di anni, ormai;”dimenticando” che qualche tempo prima aveva rintuzzato le pretese di chi proponeva il consolidamento del debito pubblico a un basso tasso di interesse argomentando che “I debiti si pagano”. Ma i debiti contratti dallo stato nei confronti dei lavoratori che anno dopo anno versano il 27% circa (solo per il trattamento pensionistico) delle loro retribuzioni per finanziare le varie attività produttive, finanziarie o dei servizi? Un 27%, preciso, che non serviva solo per le loro pensioni, ma anche a integrare quelle dei lavoratori autonomi, artigiani, commercianti, professionisti ecc. i cui fondi, al contrario di quello per i lavoratori dipendenti – sempre attivo – erano sempre in passivo! No, questi debiti, non si pagano. O si pagano nella misura in cui fa comodo.
    Oppure essere di destra comporta sempre unn certo grado di disonestà intellettuale?
    Temo proprio di sì.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *