L’accordo Italia-Albania e la nuova frontiera dell’esternalizzazione

I centri forse operativi a novembre. Forti le preoccupazioni sulla tutela dei diritti e la sicurezza delle persone coinvolte.

di Kristina Millona (1)

La fine dei lavori di costruzione dei centri italiani in Albania che era stata stabilita per il 20 maggio, slitta a novembre. Ad aggiudicarsi la gestione dei centri di “accoglienza e trattenimento” nei siti di Shëngjin e Gjadër per 24 mesi è la cooperativa Medihospes che ha vinto la gara d’appalto 2 con un’offerta di 133,8 milioni di euro (con un ribasso del 4,9%) 3.
Negli ultimi decenni, l’esternalizzazione del controllo migratorio è diventata uno dei pilastri fondamentali delle politiche europee sui confini e il Protocollo Italia-Albania ne rappresenta una nuova preoccupante frontiera.

L’accordo Rama-Meloni, annunciato il 6 novembre 2023, prevede che l’Albania ospiti piattaforme di sbarco per persone intercettate durante attraversamenti non autorizzati dei confini e soccorsi in mare dalla Guardia Costiera italiana, dalla Polizia di Frontiera e dalla Marina Militare. Secondo l’accordo, l’Albania concede due aree del suo territorio (Shëngjin e Gjadër) al governo italiano che vi edificherà due strutture ricettive.
L’accordo specifica che in queste porzioni di territorio albanese si applicherà la giurisdizione italiana.
Il centro di prima ricezione per le procedure di sbarco e identificazione verrà costruito nei pressi del porto di Shëngjin, situato a nord-ovest dell’Albania. Gli agenti di Frontex avranno qui un ufficio a disposizione, che verrà utilizzato per l’identificazione e il fotosegnalamento delle persone migranti. “Intorno al centro verrà costruito un muro di quattro metri, così che non sia visibile cosa sta accadendo all’interno“, dice una fonte all’interno del Porto di Shëngjin.

Un’altra struttura verrà costruita più a nord a Gjadër, dove verranno trasferite tutte quelle persone ritenute, almeno in prima istanza, non vulnerabili: richiedenti asilo a cui verranno applicate le procedure di frontiera e tutti quanti non faranno domanda di asilo o le quali domande verranno ritenute inammissibili. Questi ultimi dunque, permarranno nel centro in attesa della loro espulsione dal territorio, ma non è chiaro se, prima della loro effettiva deportazione in un paese terzo, transiteranno comunque dal territorio italiano.

La costruzione qui a Gjadër è iniziata circa un mese fa, e il centro diventerà operativo a novembre“, ha dichiarato un guardiano della sicurezza che ha chiesto di rimanere anonimo. È la Cooperativa Medihospes 4 ad aggiudicarsi l’appalto di gestione di questa struttura 5.
Un’azienda italiana già nota a cronaca e giustizia in quanto il suo presidente è stato sotto inchiesta per abuso di fondi pubblici e mala gestione di centri di detenzione per migranti. Preoccupanti inoltre anche i legami della cooperativa con altri soggetti coinvolti nell’inchiesta Mafia Capitale.
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Sulla carta, i detenuti in questi centri avranno il diritto alla difesa legale, ma potranno comunicare con i loro avvocati solo da remoto tramite mezzi audiovisivi.
Erida Skëndaj, direttrice esecutiva di Albanian Helsinki Committee (AHC), ha espresso preoccupazione per il rispetto delle procedure d’asilo e l’accesso all’assistenza legale per i richiedenti asilo: “L’assistenza legale fornita a distanza può essere molto impegnativa e non aiuta i richiedenti asilo a capire molto bene il processo“.
Skëndaj ha inoltre denunciato le ambiguità legali nell’accordo e ha sostenuto che la distanza creerà notevoli difficoltà anche per gli avvocati nel comprendere le richieste dei richiedenti asilo, portando a una scarsa difesa legale.

Se la domanda d’asilo viene respinta, seguiranno procedure di deportazione in paesi terzi o nei paesi d’origine. Non ci sono informazioni disponibili su queste procedure e l’accordo non specifica quali autorità siano responsabili delle deportazioni. Rimane dunque poco chiaro cosa accadrà ai richiedenti asilo il cui status di rifugiato non viene riconosciuto.

Secondo un rapporto pubblicato da AHC 6, il Ministero dell’Interno Albanese, insieme al Ministero per l’Europa e gli Affari Esteri in Albania, ha preparato dieci accordi di riammissione con paesi terzi di origine, come Marocco, Afghanistan, Iraq, Iran, Pakistan, Algeria, India, Egitto, Tunisia, Bangladesh. Fino ad ora, le autorità albanesi non hanno ricevuto risposta da nessuno dei paesi.

I primi passi del Protocollo Rama-Meloni sono stati in gran parte nascosti al pubblico. “Abbiamo sentito parlare dell’accordo per la prima volta dalle notizie. Nessuno nella comunità ne sapeva nulla“, afferma Arilda Lleshi, attivista di Lezhë. Arilda sostiene che in un paese come l’Albania, con un’emigrazione straordinariamente elevata, il governo albanese dovrebbe investire di più nell’affrontare questo problema piuttosto che firmare accordi per costruire centri di detenzione.

PH: Melting Pot (Gjadër, l’area di costruzione del CPR, aprile 2024).

La mancanza di trasparenza pubblica sulle politiche di esternalizzazione è preoccupante, dato che l’esternalizzazione del controllo migratorio mina le leggi internazionali e la protezione dei rifugiati. Negli ultimi anni, l’Albania è stata al centro dell’agenda di esternalizzazione dell’UE e non solo. Alexander Downer, consulente per la UK Border Force, ha più volte insistito sull’opportunitá di costruire centri per l’elaborazione delle domande di asilo offshore e proprio l’Albania figurava tra i possibili stati partner di questa strategia 7.

Downer ha precedentemente servito come ministro degli Affari Esteri australiano ed è l’ideatore del modello australiano, che prevede il respingimento delle imbarcazioni in arrivo e l’internamento delle persone intercettate in campi offshore. Downer in persona ha guidato le negoziazioni con Nauru e Papua Nuova Guinea per l’implementazione di tale strategia.

Il modello di esternalizzazione australiano è stato denunciato da svariate organizzazioni per i diritti umani per le sue politiche di confine severe che equivalgono a tortura, con almeno dieci casi documentati di migranti che si sono tolti la vita mentre erano detenuti nei “centri di elaborazione offshore”.

Nel giugno 2023, Downer ha incontrato la prima ministra italiana a Londra 8, elogiando Meloni come la promettente politica destinata a diventare il leader più significativo dell’Unione Europea. Cinque mesi dopo, i primi ministri albanese e italiano hanno annunciato la conclusione di questo controverso accordo, anche se Rama aveva precedentemente rifiutato “di trasformare l’Albania in un luogo dove i paesi ricchi stabiliranno campi per i loro rifugiati“. Il piano si è invece concretizzato con questo accordo bilaterale sulla gestione delle migrazioni, reso pubblico solo alla fine dell’anno scorso.

Un’indagine recente sulla missione di Frontex in Albania 9 ha gettato luce su abusi sistematici, pestaggi e morti sospette di migranti. Il rapporto espone una serie di abusi contro persone migranti registrate tra dicembre 2022 e gennaio 2023. Queste violazioni sono avvenute per mano della polizia albanese, che sarà responsabile della sicurezza esterna dei centri di detenzione italiani, in presenza degli agenti di Frontex, gli stessi che saranno impiegati nel porto di Shëngjin.

Queste testimonianze mettono preoccupantemente in discussione le salvaguardie dei diritti umani e la legittimità dei soggetti a vario titolo responsabili dei centri di detenzione istituiti dal protocollo Rama-Meloni.

Gli esperti avvertono che la privazione della libertà durante la detenzione infliggerà danni fisici e psicologici devastanti ai richiedenti asilo e ai rifugiati imprigionati nei centri. La politica introdotta dal nuovo protocollo potrebbe portare a operazioni di soccorso caotiche, con i richiedenti asilo che potrebbero anche gettarsi in acqua per evitare lo sbarco in Albania.

Tratto da Melting Pot Europa.

Note:

  1. Kristina Millona è una ricercatrice e giornalista investigativa con base a Tirana, in Albania, che si occupa di temi legati alla migrazione albanese, alla violenza di confine e al capitalismo razziale. Dopo essersi laureata alla SOAS University di Londra in Transnational Queer Feminist Politics, ha svolto ricerche e scritto sulla criminalizzazione della migrazione albanese nel Regno Unito, con particolare attenzione alla securizzazione dei richiedenti asilo maschi albanesi. La sua ricerca attuale, “Omosessualità, sicurezza di Stato e violenza carceraria nell’Albania comunista“, fa luce sui modi in cui lo Stato ha cercato di controllare i desideri omosessuali maschili durante il regime comunista
  2. Funzionamento e gestione dei centri di accoglienza e trattenimento di cui al protocollo Italia – Albania. Siti di Shengjin e Gjader – Prefettura di Roma (6 maggio 2024)
  3. Tutti i costi e i dubbi dell’accoglienza dei migranti in Albania, OpenPolis (19 aprile 2024)
  4. The refugee camps would be managed by the company under investigation for links to the mafia – Politiko (8 maggio 2024)
  5. Medihospes, Consorzio Hera, Officine sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania – Altreconomia (5 aprile 2024)
  6. Leggi il rapporto
  7. Why Rwanda? Border Control and Transnational Penal Power in an Unequal World – Border Criminologies (28 aprile 2022)
  8. Meeting Giorgia Meloni turned out to be quite a surprise – Financial Review (4 aprile 2023)
  9. La missione Frontex in Albania: abusi, botte e morti sospette – Domani (11 aprile 2024)
alexik

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