L’amianto in casa e in gola
Esposto di Vito Totire alla procura modenese: una vendita sotto l’egida del Tribunale di Modena; una forma, ancorché involontaria, di “persuasione occulta”?
Esposto alla Procura della Repubblica.
Oggetto: vendita di edificio con presenza di amianto. Stabilimento acque oligominerali Monforte. Ipotesi di violazione della legge 257/92 – Norme per la cessazione dell’uso dell’amianto.
Apprendiamo dalla stampa («Il Resto del Carlino» del 10.1.2016) che a Modena è in programma , il 25 febbraio 2016 a Sassuolo, la vendita giudiziaria di un edificio con presenza di amianto;
la locandina è sotto l’egida del Tribunale di Modena; come diciamo nel titolo dell’esposto, è una forma involontaria di “persuasione occulta” destinata a convincere i lettori della “liceità” della operazione ?
l’annuncio precisa che la copertura in cemento-amianto “necessita di manutenzione come da perizia redatta da ditta specializzata e disponibile presso il Curatore”;
in sostanza si sta commercializzando una struttura contenente amianto che “necessita di manutenzione” e non necessita dunque , a quanto si può desumere, “solo” di monitoraggio (ai fini del presente esposto comunque , a nostro avviso, non vi sarebbe molta differenza);
riteniamo che la suddetta vendita/commercializzazione non sia consentita dalla legge 257/1992;
vero è che nel 2004 è stato emanato un decreto (14.12.2004, GU n. 31 8.2.2005) che introduce il concetto – si consenta – “stravagante” del cosiddetto “amianto intenzionalmente aggiunto”; questo concetto genera qualche elemento di confusione, in quanto, secondo chi ha emanato il decreto, solo l’amianto intenzionalmente aggiunto costituirebbe ostacolo alla commercializzazione!
L’argomentazione è – per usare un eufemismo – “ardita”; così ardita da far pensare ad argomentazioni scaturite e avanzate dalla creatività di lobbies (immobiliari, cavatori, ecc.).
La nostra associazione ritiene che :
- La legge 257/92 vieta letteralmente ed oggettivamente la “commercializzazione di amianto e materiali che lo contengono” ; anni fa in Italia fu sequestrato un termos di fabbricazione cinese che conteneva – segregato – un anello di amianto crisotilo; il sequestro era assolutamente comprensibile e legittimo e resisteva anche al subdolo concetto dell’amianto “intenzionalmente aggiunto” in quanto in quel caso l’amianto era stato effettivamente aggiunto dal fabbricante ; tuttavia il concetto di amianto “intenzionalmente aggiunto ” esula completamente dalle finalità della legge che riguardano la tutela della salute pubblica; peraltro: intenzionalmente aggiunto da chi? Si intende quello intenzionalmente aggiunto da soggetto diverso dall’attuale venditore? In questi termini però chiunque potrebbe comprare oggetti o materiali contenenti amianto e rivenderli in quanto l’amianto non è stato intenzionalmente aggiunto da lui ma da chi gli ha venduto i materiali; se qualcuno oggi vende un immobile con amianto, quell’amianto qualcuno lo ha “intenzionalmente aggiunto” anche se è una persona diversa da chi sta vendendo ; quello che tutti comprendono è che la nocività dell’amianto – a prescindere da chi e quando lo abbia “intenzionalmente aggiunto” – sia identica; anzi se volessimo approfondire dovremmo precisare che l’amianto “intenzionalmente aggiunto” di recente è meno pericoloso e degradato di quello “intenzionalmente aggiunto” molto tempo prima; l’amianto “intenzionalmente aggiunto” col passare del tempo diviene , abitualmente, sempre più degradato e pericoloso , salvo che i “decisori” per così dire “politici” abbiano scambiato l’amianto per certi altri prodotti alimentari soggetti a stagionatura; ci si consenta la ironia ma non saranno i giochi di parole ad attenuare la cancerogenicità dell’amianto, sostanza riconosciuta inequivocabilmente cancerogena per l’uomo e per l’animale e per numerosi organi bersaglio.
- Come si sia riuscito a commercializzare materiali contenenti amianto dopo la legge 257/92 “lo sa solo Dio”; infatti i «Quaderni del Ministero della Salute» (giugno 2012, numero monografico sull’amianto , propedeutico alla Conferenza nazionale governativa novembre 2012, Venezia) a proposito di un problema analogo a quello che stiamo affrontando qui, vale a dire il problema delle “ofioliti” , recita in maniera sorprendente che, nel continuare a gestire ed autorizzare le cave di “pietre verdi” contenenti amianto, non si è tenuto conto della supremazia giuridica della legge rispetto al decreto, salvo che – non ci pare – sia cambiato qualcosa neppure sulla commercializzazione delle ofioliti (*) ; abbiamo usato il termine “sorprendente” in quanto questa tesi noi la abbiamo sempre sostenuta e ben prima del 2012.
- Quel che le usuali capacità cognitive umane non consentono di comprendere è come mai commercializzare una piccola guarnizione in amianto (segregata) sia vietato e sia invece consentito commercializzare qualche migliaio di metri quadrati di cemento-amianto non segregato; per la verità non sappiamo quale sia la estensione della copertura dell’edificio in vendita giudiziaria ma, complessivamente, siamo certi che non sia “piccola” .
- Il citato decreto del 2004 parrebbe voler legittimare l’uso dell’amianto “non intenzionalmente aggiunto” ad libitum ; non entriamo nel dettaglio ma pare che questo decreto voglia legittimare l’uso e non la commercializzazione.
- Ad ogni modo che qualche governo o ministro abbia voluto legittimare uso o commercializzazione, la commercializzazione, nel caso di contraddizione tra norme, rimane vietata da una legge più esplicitamente che non l’uso, se pure qualche decreto precedente o successivo al citato decreto del 2004, avesse tentato di renderla possibile.
- Una ulteriore questione riguarda il contesto europeo: in Francia a chi vende una abitazione il notaio chiede certificazione di assenza di amianto (legge Cassez); la Francia ha adottato una norma identica alla legge 257/92, benché con due anni di ritardo rispetto all’Italia (in quanto ha subìto maggiori pressioni dal Canada contro la adozione del divieto ); i primi articoli della legge francese sono “copiati” dalla legge 257/92 italiana; ci chiediamo se la “furbizia” italiana non comporti discrepanze e fenomeni di dumping; non mancheremo di segnalare al Parlamento europeo il prosieguo di questa vicenda, ma al di là delle questioni economiche (appunto di dumping) ci chiediamo se sia legittimo che i cittadini italiani siano tutelati meno di quelli francesi; non vi è dubbio infatti che in Francia lo stop deciso alla commercializzazione degli edifici contenenti amianto abbia velocizzato le bonifiche.
- La vendita in questione riguarda immobili utilizzati nel comparto della industria alimentare; ci pare una “aggravante”, vale a dire una ulteriore complicazione per la salute pubblica, in quanto occorrerebbe verificare se esista il rischio che le fibre rilasciate dalla copertura possano finire “imbottigliate” nell’acqua oligominerale che i consumatori acquistano a caro prezzo per difendersi da acque erogate dai rubinetti che sindaci poco informati spesso propagandano, narcisisticamente, come “acqua del sindaco”! Vale la pena di ricordare che, esattamente un anno fa, gli organi inquirenti hanno inviato avvisi di reato a vari soggetti in provincia di Pesaro, implicati nella accusa di aver sotterrato coperture in cemento-amianto proprio derivanti da uno stabilimento di acque oligominerali (dopo la storica nevicata del 2012); poco saggiamente infatti, all’epoca di costruzione di questi stabilimenti, la commistione tra amianto e produzione alimentare, veniva considerata “accettabile” in virtù di criteri “igienistici” approssimativi e assolutamente non condivisibili.
Chiediamo dunque alla Procura della Repubblica di Modena se non ritenga necessario:
- Bloccare la vendita giudiziaria su menzionata affidata al curatore fallimentare dr. Gregorio Mastrantonio e consentire la vendita solo previa bonifica integrale della presenza di amianto; vorremmo precisare che non intendiamo né accusare né minimamente mettere in discussione la professionalità del suddetto curatore; da un lato su questo tema, negli ultimi anni, noi siamo stati vox clamans in deserto e i curatori fallimentari non pare abbiano ricevuto messaggi, dalle istituzioni, in sintonia col nostro; dall’altro, questo curatore, ha segnalato e fotografato il “problema” evidenziandolo ed abbiamo un margine di dubbio sul fatto che lo facciano tutti;
- Avviare un quesito alla Corte Costituzionale qualora si ravvisasse una contraddizione tra la norma di legge (257/92) e successiva decretazione; a nostro avviso comunque, come abbiamo già detto, il decreto 2004 non riguarda la commercializzazione ma l’uso (ovviamente il nostro punto di vista è che sia illegittimo anche l’uso, ma non ci soffermiamo su questo); per chiarezza comunque dobbiamo sottolineare che la legge 257/92 ha come titolo “Norme per la cessazione dell’uso dell’amianto” e dunque la ratio della norma è bonificare il territorio nazionale il prima possibile anche se nell’articolato di legge viene citato il divieto di estrazione, fabbricazione, commercializzazione, ecc., mentre il divieto d’uso non viene invece citato. E’ nostro parere che da un lato il legislatore “minus scripsit quam voluit”, dall’altro era impossibile che il legislatore – nonostante la finalità della norma sia la “cessazione dell’uso” – pensasse fosse realistico e possibile giungere davvero alla cessazione dell’uso e dunque alla eliminazione dell’amianto da tutto il territorio in pochissimo tempo. Rimane doveroso, anche in ossequio al saggio criterio procedurale adottato storicamente dalla sanità pubblica, che un passaggio di proprietà e/o una riconversione d’uso o di licenza, siano associati ad una contestuale bonifica; su questo tema forse le Procure della Repubblica potrebbero dare indicazioni alle AUSL.
- Avviare una indagine retroattiva sulle circostanze , certamente centinaia o migliaia, almeno in provincia di Modena, in cui, dopo la Legge 257/92, siano state effettuate vendite di immobili contenenti amianto; A NOSTRO AVVISO TUTTE QUESTE VENDITE DOVREBBERO ESSERE CONSIDERATE ILLEGITTIME; detto per inciso, un maggior rigore su questo tema, avrebbe comportato un minore impatto sanitario ed ambientale come conseguenza degli eventi sismici.
Riteniamo dunque legittima la vendita di immobili -o altri “prodotti” o merci – solo se bonificati dalla presenza di amianto.
Ci pare che tutti i cittadini di buon senso condividano questa affermazione e che una pratica che bypassa questa logica si sia affermata per la solita supremazia degli interessi economici sul diritto alla salute collettiva.
Certo la vicenda di Modena che segnaliamo alla Procura è solo la punta dell’iceberg, ma auspichiamo che chi ne ha il potere tiri il freno di emergenza.
Riteniamo che chi ha comprato del cemento amianto – dopo la fine del mese di aprile del 1994 (data oltre la quale non era più consentito la commercializzazione neppure dell’amianto crisotilo) – debba essere risarcito;
per la commercializzazione degli anfiboli la dead-line deve essere considerata quella della entrata in vigore della legge 257/92.
A disposizione per ogni esigenza di approfondimento.
Si notificano, per ogni evenienza, le generalità dell’avvocato di fiducia della Associazione: Guglielmo Giuliano via Boldrini 5/2 40122-Bologna
Grazie per la attenzione.
Distinti saluti.
Dottor Vito Totire, medico del lavoro/psichiatra, presidente AEA (associazione esposti amianto e rischi per la salute)
Bologna, 17.2.2016
(*) p. 88; Cave di pietre verdi. Il DM 14maggio 1996 nel definire i criteri di classificazione e utilizzo delle cosiddette pietre verdi in funzione del loro contenuto in amianto, fornisce una nozione di pericolosità che non sembra collimare con i principi della legge 257/92 secondo la quale la pericolosità è una caratteristica intrinseca dell’amianto (il DM stabilisce invece un indice della pericolosità che sembrerebbe legittimare l’uso dell’amianto sotto il valore della soglia; probabilmente si tratta di un errore dovuto alla errata utilizzazione del termine “pericolo” in luogo di quello di “rischio”).