Lamina di Milano: lutto e sciopero nazionale

A ogni strage governi e istituzioni ripetono «mai più», alla successiva dicono sempre «mai più»… VERGOGNA!

di Vito Totire

Ancora una strage operaia, questa volta a Milano. Un ennesimo grave lutto che ricorda da vicino la strage di Bologna dei primi anni novanta, nel corso di lavori per gli inutili mondiali di calcio. Gli operai di una piccola azienda di Alba Adriatica, totalmente ignari del rischio, bucarono una sacca sotterranea di gas metano naturale: rischio ben noto per chi avesse una minima conoscenza storica della situazione geologica del sottosuolo nella zona.

La dinamica di quel plurimo omicidio sul lavoro fu simile a ciò che è accaduto alla Lamina di Milano:

  1. misconoscenza del rischio
  2. assenza totale oltre che di informazioni di maschere antigas
  3. eroico tentativo del secondo di salvare il primo operaio e del terzo di salvare i primi due.

Nessuno pagò penalmente , neppure il committente che nella logica del “risparmio” incaricò chi costava meno contribuendo a lasciare che gli operai fossero esposti a rischio ignoto benché avrebbero potuto salvarsi con poche lire, il costo di maschere antigas.

Né le due stragi citate (Bologna e Milano) sono le uniche causate da questo mix micidiale di non consapevolezza del rischio e conseguente assenza di dispositivi di protezione individuale che, in verità, costano pochi soldi.

Dopo Bologna intervennero “novità” nelle norme di prevenzione. Si definì l’obbligo, per il padrone, di redigere un documento di valutazione del rischio. E qui si è consolidata una nuova contraddizione: valutazioni del rischio troppo spesso inadeguate, redatte senza una vera partecipazione dei lavoratori, non validate criticamente dagli organi ispettivi. Troppo spesso valutazioni ridotte a un fascio se non inutile, troppo lacunoso, di fotocopie.

In questi “buchi” – allargati dal dislivello di potere fra padrone e operai – si annida il rischio di morte.

Una serie di stragi di operai e di cittadini negli ultimi decenni: Mecnavi di Ravenna, Tyssenkrupp, Modugno (fuochi artificiali), Andria e Viareggio (ferrovie), Mineo e Molfetta (gestione rifiuti e carburanti). A volte per risparmiare pochi euro in misure di sicurezza ma soprattutto perché la valutazione del rischio è delegata ai padroni e, come ha denunciato il giudice Raffaele Guariniello, troppo spesso gli ispettori preannunciano le loro visite.

Bisogna voltare pagina davvero e definitivamente: lutto e sciopero nazionale.

Entriamo come parte civile nei processi.

Bologna, 17.1.2018

(*) Vito Totire è medico del lavoro per: Aea (Assiciazionre esposti amianto e rischi per la salute), Circolo Chico Mendes e Centro Francesco Lorusso per l’alternativa alla medicina e alla psichiatria

QUI https://www.medicinademocratica.org/wp/?p=5623 IL COMUNICATO DI “MEDICINA DEMOCRATICA”

 

Redazione
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2 commenti

  • Gian Marco Martignoni

    Purtroppo, parlo per esperienza diretta,essendomi occupato di sicurezza nei luoghi di lavoro dal 1979 sino ad oggi, la situazione è grave e fuori controllo per vari motivi. Al di là delle realtà sindacalizzate, ove comunque non è semplice intervenire sulle aziende esterne e in subappalto, la frantumazione del tessuto produttivo aggrava l’incoscienza del rischio tra i lavoratori, oltre al fatto che le valutazioni del rischio in queste realtà sono carta straccia. Paradossalmente, chi si trova nei co.co.pro dell’Inail conosce sul piano statistico quanti sono gli imprenditori di queste realtà in miniatura che ci lasciano la vita ( in agricoltura, in edilizia, nell’autotrasporto, ecc..) Tra l’altro si tratta di un tessuto produttivo completamente de-sindacalizzato, in cui la coscienza dei diritti e del valore dei contratti è pressochè nulla. A settembre è venuto nel mio ufficio un lavoratore che aveva perso due dita in una azienda del settore grafico, naturalmete lavorando su una macchina senza protezioni. Cognizione dei suoi diritti pari a zero, una cosa da far paura rispetto a venti o trenta anni fa. E potrei proseguire a iosa, avendo seguito per tredici anni l’ edilizia (compreso il cantiere di Malpensa per sette anni e le inevitabili morti che ,nostante gli accordi sulla applicazione della sicurezza, si sono verificate puntualmente per casistiche che rasentavano la sfiga più nera ) e per venti il settore dell’artigianato. Infine, come Vito sa bene, le ispezioni per quanto riguarda la sicurezza e il lavoro nero sono quantitativamente e qualitativamente più che insufficienti. Per generare un minimo di deterrenza gli ispettori dei tre enti preposti a ciò (Ispettorato del lavoro, Inps, Inail) dovrebbero perlomeno essere moltiplicati per dieci rispetto agli attuali organici. Altrimenti altro che lacrime da coccodrillo ed inpunità garantita alla pseudo-imprenditoria del nostro capitalismo straccione.

  • domenico stimolo

    Continua la guerra nei luoghi di lavoro.

    Nel 2017 i lavoratori morti sono stati 632. Aggiungendo in questo tragico elenco i lavoratori che hanno perso la vita con mezzi di trasporto ( in itinere –dati parziali), complessivamente si contano circa 1350 persone. Hanno lasciato drammaticamente affetti, moglie e figli, amicizie. Trattati, dagli interessi vincenti che muovono la società, come “pezzi a perdere”. Come se fossero “robot” improvvisamente sbullonatisi, rimasti inerti.
    Notizie di pochi giorni, Poi riprende la festa.
    Nel 2016 i lavoratori morti sono stati 641, oltre 1400 considerando i lavoratori morti a seguito di incidenti stradali ( dati parziali).
    Negli ultimi dieci anni, solo direttamente nei luoghi di lavoro, sono morti 6209 lavoratori.
    Queste cifre sono riportate nel sito “ Osservatorio indipendenti morti sul lavoro” curato da Carlo Soricelli – metalmeccanico in pensione di Bologna).
    http://cadutisullavoro.blogspot.it/

    Infine voglio ricordare GIANLUCA CATERINI, operaio metalmeccanico ventottenne di Gela ( Caltanissetta) morto giorno 15 gennaio a Castel di Lama ( Ascoli Piceno), schiacciato da un tubo – i lavori riguardavano la realizzazione di un metanodotto. Lascia a Gela la giovane moglie e un bambino.

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