Landgrabbing maremmano
di Alessandro Meo e Francesco Martone (*)
“Proprio perché la lotta politica deve passare per ogni luogo che essa non può accettarsi nei soli termini di una “vittoria” o di una conquista del potere. E questo non per ragioni di ordine morale, ma perché nessun potere, qualunque sia la sua origine, qualunque sia la sua legittimità, potrà produrre, in quanto tale, le risposte di cui l’intrusione di Gaia fa avvertire dappertutto, a tutte le latitudini, la necessità”
(I.Stengers)
Cresce nella Maremma e in Tuscia la resistenza dal basso all’espansione incontrollata di megaimpianti di energia eolica, nuova frontiera del “landgrabbing”.
L’ultimo caso riguarda il progetto di centrale eolica proposto da Sorgenia a Rempillo nel territorio del comune di Pitigliano[1], che ha immediatamente incontrato l’opposizione netta di tutta la popolazione, e che rappresenta un ulteriore caso emblematico dell’impatto delle megacentrali sul territorio e dell’approccio speculativo all’urgenza di riduzione delle emissioni, in netto contrasto con i criteri e i principi della giustizia climatica.
Questione che da tempo sta attraversando i territori e le comunità locali della Tuscia viterbese e ora la Toscana, in particolare la Maremma, al punto da delineare quello che può essere definito un nuovo tipo di “landgrabbing” da transizione energetica, in una regione come la Toscana che ha gli indici percentuali più bassi di consumo di suolo a livello nazionale[2] e in un quadrante già pesantemente compromesso dalle centrali geotermiche.
L’invasione di questi megaimpianti, sostenuti da imprese di rilevanza nazionale o straniere come Iberdrola, è resa possibile da vari elementi. Il primo è la mancanza di pianificazione partecipata e di capacità di programmazione del fabbisogno e della produzione energetica al fine di contribuire alla riduzione delle emissioni secondo quanto fissato dagli accordi di Parigi nel quadro della Convenzione ONU sui cambiamenti climatici. Manca infatti in Toscana un piano regionale che sostenga in primis la possibilità di produzione “diffusa” e non concentrata in megaimpianti, quindi forme di autoproduzione, democrazia energetica e comunità energetiche rinnovabili e solidali [3].
Accanto a ciò, la spinta alla semplificazione delle procedure di preparazione e messa in opera di tali impianti, sulla scia dell’emergenza climatica ma più in generale dell’urgenza di ottemperare agli impegni di spesa del PNRR, comporta una preoccupante contrazione degli spazi di agibilità e partecipazione pubblica alle scelte che riguardano il bene comune e il patrimonio collettivo.
Molto spesso chi si oppone a queste politiche viene accusato di essere affetto dalla sindrome di NIMBY (not-in-my-backyard) quindi preoccupato solo del proprio cortile di casa, quando in realtà la questione riguarda centinaia di comunità e territori in ogni parte del mondo. Spesso sono aree periferiche o erroneamente considerate marginali quelle che si trovano a soffrire le ricadute di una transizione verde che calcola i benefici solo ed esclusivamente in termini di CO2, della sua riduzione o della sostituzione con altre fonti di produzione energetica senza considerare l’urgenza di mettere in radicale discussione il modello economico e produttivo di riferimento.
Insomma anche la Toscana oggi vive le contraddizioni e le conseguenze di quello che la sociologa argentina Maristella Svampa e Breno Bringel chiamano il “Consenso della Decarbonizzazione” [4], nuova frontiera dell’estrattivismo, che segue al “consenso di Washington” degli anni Ottanta quello imposto dal Fondo Monetario con conseguente generazione di debito finanziario ed economico, ed a quello delle “commodities” ovvero della dipendenza dall’estrazione e uso di combustibili fossili ed altre merci prodotte e estratte su scala industriale, con conseguente accumulo di debito ecologico per queste e le future generazioni [in Bottega ne abbiamo parlato qui e qui].
Il Consenso della Decarbonizzazione passa attraverso un combinato disposto di vari elementi.
Il primo la deregulation da parte degli Stati: nel nostro caso le procedure di semplificazione delle pratiche di VIA che prevedono un tempo massimo di trenta giorni dalla pubblicazione dei documenti per la produzione di commenti da parte delle comunità locali, in contrasto con quanto previsto dalle procedure standard di VIA che prevedono un termine entro e non oltre i sessanta giorni. Trenta giorni sono stati concessi ai cittadini e alle cittadine di Pitigliano per studiare e formulare commenti ad una decina di documenti caricati il 24 gennaio scorso sul sito apposito del ministero dell’Ambiente, un tempo ben lontano da principi stabiliti dalla Convenzione di Aarhus sui diritti ambientali, la partecipazione, l’accesso all’informazione ed alla giustizia di cui l’Italia è parte. [5]
La semplificazione procedurale, invocata come pretesto per superare le resistenze localistiche e le lungaggini burocratiche, e che in realtà mira a precludere la possibilità di una effettiva consultazione pubblica libera, previa e informata, va di pari passo col sostegno al settore privato che definisce i termini del dibattito e le strategie di sviluppo. Si veda il documento paesaggistico prodotto da Sorgenia per il progetto di Pitigliano, dove ad esempio si omette accuratamente di proporre una soluzione alternativa all’impianto, ignorando le buone pratiche a livello internazionale, che prevedono accanto al progetto in questione non solo una analisi dell’opzione “zero” qualora il progetto non fosse eseguito, ma anche l’opzione alternativa [6].
Il Consenso della Decarbonizzazione si avvale poi dell’interpretazione elastica e discrezionale di cosa si intende per territorio, ecosistema, paesaggio, che permette l’identificazione di territori “periferici” che si suppone siano maggiormente “penetrabili” con proposte di sviluppo che troppo spesso però contrastano con la storia, la vocazione territoriale, il rapporto ancestrale tra saperi comunitari, pratiche e modalità di vivere e sentire quei territori. Tutto questo senza proporre alternative plausibili che non siano compensazioni monetarie, che di fatto trasformano gli ecosistemi e le relazioni intrinseche con la comunità umana, i suoi valori più ampi, in merce di scambio. Quale compensazione potrà mai riconoscere il valore del rapporto intrinseco tra comunità umana e non-umana, tra chi vive il territorio e lo pratica, chi di fatto ne è il guardiano, e gli ecosistemi, le specie viventi, con i loro diritti? Ed è lì che anche il concetto di paesaggio assume altra conformazione che le valutazioni di impatto ambientale delle imprese dell’eolico tralasciano.
Non si tratta solo di salvaguardare una immagine da cartolina, ma di rispettare la vocazione del territorio, andando in linea con quanto è stato dichiarato ad esempio dalla Corte Costituzionale secondo cui il paesaggio (come definito nello stesso articolo 9 della Costituzione) va inteso in un’accezione più ampia che va al di là di un concetto astratto di bellezza spesso utilizzato ad arte da chi si oppone a questi impianti solo per sostenere interessi di altre lobby del settore energetico. Interessante ricordare che la Convenzione Europea del Paesaggio [7], ratificata e quindi vincolante anche per l’Italia, implica di fatto un principio di diretta partecipazione delle comunità nella definizione di ciò che si intende per paesaggio, nella sua accezione “olistica”.
Quella stessa comunità che oggi a Pitigliano si trova con una manciata di giorni per esprimere per la prima volta la propria opinione e posizione su documenti quali il piano paesaggistico che a maggior ragione avrebbe dovuto avvalersi della consultazione pubblica in fase di stesura e non di studi tecnici a tavolino.
Inoltre, come in una forma di privatizzazione del “comune”, spesso questi impianti insistono o sono proposti in aree all’interno o a poca distanza da terre di uso civico, patrimonio collettivo delle comunità, cosa proibita ad esempio dalle leggi nazionali e dai regolamenti della Toscana che hanno definito come aree non idonee appunto quelle a meno di tre chilometri da parchi o siti protetti, tipo Natura 2000, o aree a uso civico. Come nel caso del progetto di Pitigliano dove l’impanto proposto da Sorgenia sarebbe situato non solo a meno di tre chilometri in linea d’aria dal centro abitato, ma anche a meno di tre da aree di interesse naturale quali il lago di Mezzano e la Selva del Lamone.
Interessante leggere ad esempio sempre nel documento paesaggistico prodotto da Sorgenia [8] nella sezione relativa al calcolo delle distanze da zone protette, come la Selva del Lamone o il lago di Mezzano, che alla fine quei territori insistono nel territorio della regione Lazio, chiara strategia di esternalizzazione degli impatti nella regione confinante, e di evasione dei vincoli previsti dalla legge.
Non è questo il primo caso di impianto previsto su una zona identificata in sito al confine tra Toscana e altra regione.Infine, il consenso della decarbonizzazione, secondo quanto evidenziato da importanti ricerche sia da parte della Banca Mondiale che di istituzioni finanziarie come Goldman Sachs, comporterà paradossalmente un incremento esponenziale dell’estrazione di materiali, terre rare, e consumo di suolo, invasione in aree ad alta biodiversità, mentre le più recenti proiezioni globali vedono nei prossimi anni un aumento, piuttosto che una diminuzione, dell’estrazione di combustibili fossili [9].
Questo il contesto nel quale oggi si assiste in quella fascia di terra tra Tuscia ed Alto Lazio e bassa Maremma ad una vera e propria invasione dell’eolico su scala industriale. Di fronte a questa nuova forma di landgrabbing tinto di verde, comitati e comunità si organizzano e provano a costruire un fronte comune. Da Farnese, in Tuscia dove l’opposizione popolare a un megaimpianto ha poi portato il comune a convocare una consultazione popolare che ha rigettato la proposta, al Comitato Ambiente e Salute Tuscia, al Comitato Maremmattiva nel territorio di Pitigliano il fronte di difesa del territorio si sta ampliando giorno per giorno.
La proposta di Sorgenia di piazzare sei pale eoliche per una altezza di 210 metri con base di 30 nel territorio del comune di Pitigliano ha fin da subito generato, come detto, la netta resistenza da parte di tutta la comunità, del comune e dei comitati che operano nei territori contigui e di recente di Coldiretti [10] preoccupata delle ricadute del settore agricolo già in crisi a causa dell’impennata dei costi di produzione, e degli impatti dei cambiamenti climatici. Con il conseguente paradosso per i contadini e contadine di soffrire non solo gli effetti dei cambiamenti climatici ma anche delle “false soluzioni” agli stessi, a vantaggio degli interessi di impresa. Unita anche l’opposizione degli operatori commerciali e turistici della zona.
A Pitigliano, dopo una assemblea pubblica dei giorni scorsi è in corso la produzione collettiva di osservazioni sul progetto mentre organizzazioni e tecnici stanno analizzando le carte.
Tra questi il Gruppo di Intervento Giuridico che nei suoi commenti ai documenti prodotti da Sorgenia per la Valutazione di Impatto ambientale ne evidenzia le gravi carenze. Ad esempio, la vicinanza con aree protette Natura 2000, quali, appunto, la Selva del Lamone, e il lago di Mezzano, assieme alla caldera di Latera e Selva del Lamone e Monti di Castro, l’impatto cumulativo di tutte le infrastrutture connesse, la vicinanza a zone di alto valore paesaggistico e turistico, e il paese di Pitigliano.
Il Gruppo di Intervento Giuridico poi fornisce dati su produzione e effettivo fabbisogno energetico stimato, mostrando come di fatto ci si trovi di fronte a una strategia mirata alla sovrapproduzione energetica nella quale il surplus (con i suoi costi ambientali e sociali) verrà immesso nel mercato ad esclusivo vantaggio del settore privato. “La Soprintendenza speciale per il Pnrr, ha già da tempo superato qualsiasi effettiva necessità“ ove le richieste di connessione alla RTN per nuovi impianti da fonte rinnovabile ha raggiunto il complessivo valore di circa 318 GW rispetto all’obiettivo FF55 al 2030 di 70 GW” si legge in un recente articolo al riguardo. [11]
Altri possibili impatti riguarderebbero specie di uccelli quali il nibbio reale [12]. I passaggi seguenti alla consultazione sono scanditi dall’ultimo comunicato del comitato Maremmattiva e dal comitato Ambiente e Salute Tuscia: “A questo passo seguirà un cammino di opposizione alla realizzazione del parco eolico senza se e senza ma e soprattutto senza alcun tipo di contrattazione con le aziende devastatrici.”[13]
La terra si difende, non si vende!
(*) Tratto da Comune-inof.net.
Note:
[1] https://www.lanazione.it/grosseto/cronaca/pitigliano-parco-eolico-d93df7ed
[2]https://italianostrafirenze.files.wordpress.com/2024/01/eolicoefalsoambientalismo-link2.pdf
[3] https://comune-info.net/rinnovabili-comunita-e-giustizia-territoriale/
[4]https://ecor.network/articoli/dal-commodities-consensus-al-decarbonization-consensus-1/
[5] Per le varie fasi della procedura di partecipazione del pubblico sono fissati termini ragionevoli, in modo da prevedere un margine di tempo sufficiente per informare il pubblico ai sensi del paragrafo 2 e consentirgli di prepararsi e di partecipare effettivamente al processo decisionale in materia ambientale. https://unece.org/DAM/env/pp/documents/cep43ital.pdf
[6] Si veda la Convenzione di Aarhus: “d) una sintesi non tecnica di quanto precede;
e) una descrizione sommaria delle principali alternative prese in considerazione dal richiedente” https://unece.org/DAM/env/pp/documents/cep43ital.pdf
[7] Gli Stati vengono chiamati a “riconoscere giuridicamente il paesaggio in quanto componente essenziale del contesto di vita delle popolazioni, espressione della diversità del loro comune patrimonio culturale e naturale e fondamento della loro identità;” Ciò implica in pratica che in ogni proposta di intervento che abbia possibili ripercussioni sul paesaggio le popolazioni dovrebbero essere coinvolte al fine di contribuire a comprendere come il paesaggio in questione sia espressione “del loro comune patrimonio culturale e naturale…. “ https://www.reterurale.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/2347
[8] https://va.mite.gov.it/File/Documento/967069
[9]https://www.unep.org/resources/production-gap-report-2023#:~:text=Top%20fossil%20fuel%20producers%20plan,consistent%20with%202°C.
[10]https://www.grossetonotizie.com/grosseto/agricoltura-grosseto/2024/02/15/parco-eolico-coldiretti-no-al-progetto-stop-ad-abusivismo-energetico/
[11]https://www.ilgiunco.net/2024/02/13/pale-eoliche-a-pitigliano-gruppo-intervento-giuridico-acciaio-a-poca-distanza-da-siti-naturali-siamo-alloverdose-energetica/
[12]https://www.lanazione.it/grosseto/cronaca/sei-pale-eoliche-a-pitigliano-scatta-la-protesta-degli-ambientalisti-eq8su2vr
[13] Per il testo integrale del comunicato: https://m.facebook.com/story.php?story_fbid=pfbid0PWhFki5ULpXXVue2J3cyV4NhiKg5pwf6T6LZkHxuxf7TgYDhZcqSwmbk76GKSnrrl&id=100067184763667&sfnsn=scwspwa