«L’appartamento» di Billy Wilder
Fabio Troncarelli racconta lo specchio rotto di Bud e Fran: «c’è gente che piglia e gente che è presa» e poi c’è la disarmante umanità.
Il 15 giugno 1960 fu proiettato per la prima volta a New York L’Appartamento di Billy Wilder, con Jack Lemmon e Shrley MacLaine. Il successo di pubblico fu travolgente: il film girato in un anacronistico bianco e nero era costato 3 milioni di dollari e ne incassò più di 18 solo negli Usa, vincendo 5 premi Oscar e 2 Golden Globe.
Da allora la sua fama è andata crescendo di anno in anno: nel 1994 è stato scelto per la conservazione nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti; nel 1998 è entrato nella lista dei 100 migliori film statunitensi di sempre dell’American Film Institute, che lo ha giudicato al ventesimo posto fra le 100 migliori commedie girate in America.
Il segreto di un simile successo è molto semplice: è un film in cui si ride e si piange, si sorride e si sospira, senza un secondo di pausa, seguendo le disavventure di un povero diavolo a cui tutto va storto: un protagonista fisso dei film di Wilder, lo Schlemihl (dall’yiddish Schlemiel), una figura tipica dell’umorismo ebraico mitteleuropeo, che rappresenta lo sciocco sfortunato, che negli scrittori romantici come Adalbert von Chamisso vende addirittura al diavolo la sua ombra e diviene un maledetto.
La storia tragicomica è questa: C. C. Baxter (cioè Jack Lemmon: C.C. = C di Calvin e C di Clifford) soprannominato Bud (amichetto: in italiano tradotto Cicciobello) è un rispettabilissimo secondo assistente amministrativo al 19° piano, reparto polizze ordinarie, settore contabilità premi, sezione W, scrivania numero 861 della compagnia di assicurazioni Consolidated Life di New York, che ha 31.259 impiegati stipati come sardine in un immenso grattacielo che sembra un alveare.
Nel piano del palazzo dove lavora gli uomini sono compressi uno accanto all’altro, schierati come in un allevamento intensivo, senza nulla che li possa distrarre. Ognuno ha una scrivania, macchina per scrivere, un telefono, un blocco per gli appunti a testa. Nient’altro. Gli impiegati non devono avere un’identità personale. Devono produrre. Tutto quello di cui hanno bisogno è ciò che serve per aumentare il profitto. Quanto al cinismo spietato, ognuno porta la sua scorta direttamente da casa.
Bud guadagna 360 dollari al mese e ne spende 85 solo di affitto: sono soldi spesi bene perché gli permettono di vivere in uno spazio tutto suo, un piccolo, delizioso appartamento, in cui dopo ogni giornata da incubo si sente finalmente a suo agio. E’ in pieno centro, a Central Park West, tutto di legno curvato all’antica. Come dice chi lo abita è «perfetto per uno scapolo».
Bud è un esperto nel “ramo assicurazioni” e nel “ramo statistiche” ma a dire la verità dice continuamente di essere un esperto in ogni ramo, persino nel «ramo spaghetti»: proprio questo suo linguaggio stereotipato da ometto fissato con i conti e dal bisogno di contare qualcosa ci fa capire che l’unica vera cosa di cui è esperto è il “ramo fregature” che lo costringe a restare sempre indietro, anonimo tra gli anonimi. Del resto questa è la condizione di quasi tutti quelli che vivono in quel formicaio che è New York, la quale, come ci dice Bud-Cicciobello, ha otto milioni quarantaduemilasettecentottantre abitanti che messi distesi uno dopo l’altro, calcolando un’altezza media di un metro e sessantotto, farebbero una coda che va da Times Square a Karachi, Pakistan.
Proprio per questo, per sfuggire al mostruoso anonimato degli abitanti di Metropolis, per essere qualcuno, Bud-Cicciobello decide di non essere più quello che è: affitta l’unica cosa speciale che ha, il suo piccolo appartamento. Lo affitta a ore alle coppie clandestine: a quattro dirigenti della sua ditta per le loro scappatelle con le impiegate di rango inferiore. Tristi amori fra esseri tristi, mascherati di luci e di festa. E tristemente, Bud-Cicciobello, è costretto a gironzolare senza meta mentre gli altri devastano la sua intimità, anche se fa un freddo cane, anche si ammala. Per di più fa anche la figura del depravato con l’unica persona che sembra trattarlo con gentilezza. Il suo vicino di casa, un burbero ma benefico medico ebreo, il dottor Dreyfuss (Jack Kruschen) pensa lui sia uno scapestrato che ogni notte fa baldoria, mettendo in serio repentaglio la sua salute fisica e psichica, risucchiato da una coazione al cinismo, dall’ossessione di stordirsi, di ubriacarsi, di non rilfettere che lo lascerà ancora più solo e senza affetti di quello che già è.
Svendendosi così e gettando via la sua dignità, Bud-Cicciobello fa una miserabile carriera: è sempre in balìa dei suoi dirigenti, odiosi e viscidi, ma fa qualche passo in avanti nella professione, non certo perché esperto nel “ramo assicurazioni”.
Pian piano la fama di Bud-Cicciobello giunge ai piani più alti del grattacielo. Il grande capo Jeff Sheldrake (Fred MacMurray) vuole entrare anche lui nel gioco dell’appartamento e anzi chiede una vera e propria esclusiva. Bud-Cicciobello è lusingato e finalmente arriva a un passo dal successo definitivo: una promozione. Avrà un ufficio tutto suo, in un piano più alto di quello in cui lavora. E avrà diritto alla chiave della toilette per dirigenti.
A questo punto però il destino gli gioca un brutto scherzo. Solo e isolato com’è, l’ometto che sogna di diventare dirigente viene attratto da un essere che sembra altrettanto solo e isolato: la ragazza che accompagna gli impiegati e i clienti in ascensore, Fran Kubelik (Shirley Maclaine). Con lei ci hanno provato tutti i viscidoni dell’ufficio. E tutti sono andati in bianco. Seria, riservata, simpatica, dignitosa, la giovane ascensorista irraggiungibile sembra appartenere a un altro mondo. E per questo attira Bud, che vorrebbe tanto fare parte di un mondo migliore ed essere anche lui irraggiungibile per quelli che lo trattano come il portiere di un albergo a ore.
Bud e Fran fanno amicizia. Nasce una simpatia. Ma il destino è in agguato. Siamo quasi a Natale e l’ultimo giorno prima delle ferie nell’ufficio-alveare si scatena una festa mostruosa: una falsa allegria rumorosa e volgare che coinvolge e travolge tutti, facendo saltare ogni regola, ogni remora. In questa tregenda, in mezzo ad avvinazzati e assatanati senza freni, Bud un po’ brillo cerca di fare colpo su Fran e la invita a bere un bicchiere. Le mostra la sua nuova “bombetta da dirigente”, sperando di fare effetto con questa insolita mise da uomo di mondo. Ma l’effetto vero è un altro. Quello che fa effetto è lo specchio che Fran gli passa per contemplarsi: uno specchietto rotto in cui Bud vede il suo viso spezzato in due; e sembra il suo cuore che si spezza nello stesso momento. Lo specchietto rotto lo aveva trovato nel suo appartamento, dopo una visita del potente Sheldrake a cui lo aveva restituito, pensando che fosse della sua amante. Proprio così: era della sua amante. L’insospettabile, l’irraggiungibile Fran, all’insaputa di tutti si vedeva con un uomo che poteva essere suo padre. Un uomo che la seduce e la inganna, come tutti gli uomini che ha incontrato fino ad allora.
«Lo specchio è a pezzi» dice Bud.
«Sì lo so, mi piace così: mi ci vedo come mi sento» risponde Fran.
La ragazza, dietro alla dolcezza del suo viso, nasconde la stessa fragilità di Bud. E mormora sconsolata: «Mi innamoro ogni volta delle persone sbagliate».
La vita di ogni giorno ricomincia. Natale è sempre più vicino. Bud è sempre più amareggiato. Fran sempre più triste. Durante un incontro con il suo amante – nell’appartamento di Bud, proprio la vigilia di Natale – Sheldrake le dice che non vuole chiedere il divorzio per sposarla, come aveva promesso. Ferita, umiliata, dopo che l’uomo è andato via, la ragazza tenta il suicidio. Ma Bud arriva appena in tempo e la salva.
Bud avvisa Sheldrake ma l’uomo sta festeggiando il Natale con la famiglia e ordina al suo sottoposto di prendersi cura della ragazza. Bud lo fa: tra lui e Fran inizia una triste e dolce familiarità.
Ma le cose stanno per cambiare. La segretaria ed ex-amante di Sheldrake intercetta una telefonata di Bud a Sheldrake: per vendetta e gelosia spiattella tutto alla moglie del suo capo. Cacciato di casa, Sheldrake riprende il rapporto con Fran e chiede a Bud la chiave dell’appartamento per passare con lei la notte di Capodanno. Bud questa volta rifiuta e si licenzia, consegnando al suo capo la chiave del bagno dei dirigenti invece di quella del suo appartamento. Durante il cenone in un ristorante, lo sprezzante Sheldrake racconta a Fran l’affronto subìto dal suo sottoposto impiegato: la ragazza si illumina in volto, si rende conto del suo amore e molla senza pensarci l’amante per correre da Bud, che finalmente le dice che la adora.
La morale del film è molto semplice. Come dice Fran a Bud il mondo si divide in due categorie: «C’è gente che piglia e gente che è presa: da un lato i “piglioni” che approfittano del proprio privilegio, dall’altra quelli che sono presi e che anche sapendo di essere presi, non possono farci nulla» (“Some people take, some people get took. And they know they’re getting took and there’s nothing they can do about it.”)
L’unico modo per sottrarsi a questo gioco umiliante, come spiega il dottor Dreyfuss al suo vicino di casa Baxter, è diventare Mensch, un «essere umano».
Ed è questo alla fine ciò che fa Bud e ciò che fa anche Fran. I due, ormai disoccupati, sono “occupati” in un altro modo, uniti per sempre dalla loro disarmante umanità.
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. A ogni modo un gran lavoro, anche nel senso di fatica. Certamente si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della bottega