L’arte e la quarta persona singolare-plurale
Recensione a «Geometrie di libertà» di Alberto Masala (che giovedì viene presentato a Cagliari)
Poesia come necessità, passaggio (non punto d’arrivo) di uno spirito «tendente alla liberazione» ma anche all’autonomia e alla bellezza. Alberto Masala è «un contemporaneo con radici»: si definisce «sardo per scelta, non per destino». Molti lo considerano una stella polare ma lui si schernisce così con chi lo intervista: «Io non sono maestro più di quanto lo sia tu. Non ho maestri. Diffido di chi si pone come tale. Ho imparato e imparo da tutti. E spero di restituire qualcosa a chiunque lo voglia».
Sono 4 le interviste, avvenute nell’arco di 20 anni che Masala ha raccolto in «Geometrie di libertà» (Il maestrale: 168 pagine, 12 euri): domande che non arrivano da studiosi ma da giovani, affascinati dal senso del «fare poesia». Domande immutate: «Perchè si fa arte, a che serve, a chi serve». Chiedono a Masala definizioni ma lui, fra il 1992 e il 2011, resta coerente nell’indicare «una direzione» anzichè un approdo. Non ama le definizioni e quando le incontra cerca «di estenderle e trasformarle in infinizioni, osservandone il lato inespresso, inutile, nascosto, vietato».
La sua poesia è soprattutto detta, in pubblico dunque, e raramente scritta. Si muove e pensa fra 4 lingue (italiano, sardo, francese e spagnolo) restando fedele a un vecchio «contratto» con chi lo ascolta: «saper attrarre, mantenere l’attenzione sino in fondo, trasportare senso». Pur essendo «un indio, un nativo, appartenente a una cultura millenaria» si muove nel mondo, in cerca di una «quarta persona singolare e plurale» che lui chiama «noi insieme». Non ama le auto-celebrazioni, «la miseria etica dell’arte e la vigliaccheria degli artisti». Il poeta, come ogni uomo, se vuole può dire di no.
Leggerlo in questo libro è piacevole quasi come ascoltarlo dal vivo. Nei momenti più giocosi inventa definizioni ironiche che danno una veste nuova alle parole in cattedra (natura, spirito, rivoluzione, intelligenza, terra…). Poi si fa serissimo: «Noi siamo memoria in cammino che sta producendo altra memoria».
Delle tre belle storie che Roberto Barbanti racconta nella prefazione quella più adatta a Masala è la risposta data alla domanda di Henry Thoreau, se si possa cantare quando la foresta brucia: «possiamo e dovremmo, cercando al contempo di spegnere il fuoco. Forse potrebbe propagarsi ovunque… il canto».
UNA NOTA E UN APPUNTAMENTO
Questa mia recensione è uscita, parola più e parola meno, il 18 febbraio sul supplemento libri del quotidiano «L’Unione sarda». Giovedì 23 febbraio – ore 19 – al Manàmanà (piazza Savoia) di Cagliari Alberto Masala presenta il suo libro, introduce Alessandra Pigliaru; organizza Mieleamaro circolo dei lettori (<infomieleamaro1@gmail.com>) con la collaborazione di Malicuvata Casa Lettrice. La locandina si apre così: “Questo libro è una rivelazione che ti riempie di belle domande” (Michela Murgia). Questa riflessione sul senso del fare arte e poesia copre un percorso lungo vent’anni e scandito in tre tempi: 1992, 2002, 2012. Tre tappe, per quattro colloqui con competenti giovani intervistatori, che cadenzano l’articolarsi di questo libro-pensiero in progress. Libro sulla relazione artistica – nei suoi vari modi: l’arte e l’autore, l’arte e la società, ecc. – Geometrie di libertà trova appunto la sua ideale formulazione nel colloquio/dialogo. Il concetto di confronto è infatti inscritto nelle due parole del titolo, geometrie e libertà, che unite sintetizzano l’idea poetica di Masala: perché nell’arte «non si è mai liberi davvero… si può solo tendere, andare verso, sostenere, coltivare, difendere… e più si conoscono le sbarre e più si è abili nel segarle». L’obiettivo più ampio è il confronto/dialogo fra culture, in una concezione del fare artistico tutt’altro che solitaria ma che elabora un’arte nel sociale, e dunque un’etica nel sociale, pur nella oggi complicata possibilità di questa connessione.
Alberto Masala si definisce un contemporaneo con radici. Oltre al sardo, nello scrivere mescola altre lingue alla ricerca di un ritmo che dia fluidità. Attento agli etimi ed ai significati tende verso l’espressione sostanziale. Sia nella scrittura che nella pratica dell’arte ha relazioni di cambio e lavoro con artisti di molte altre parti del mondo. Per Il Maestrale ha prodotto con Massimo Golfieri, Mediterranea (2000), un viaggio poetico e fotografico per il Mediterraneo; ha tradotto i racconti inediti di Jack Kerouac raccolti in L’ultima parola. In viaggio. Nel jazz (2003; 2009), le poesie di Serge Pey, quelle di Peppinu Mereu e di diversi altri autori.