«Le avventure di Numero Primo»
Bianca Menichelli fa i conti con il romanzo (ma anche teatro e distopia) di Marco Paolini e Gianfranco Bettin
Mi sono avvicinata con affetto a «Le avventure di Numero Primo» (Einaudi Editore) proposto anche come rappresentazione teatrale.
In un’intervista al quotidiano «il manifesto» (6 marzo) Paolini dice: «Abbiamo lavorato sempre su un doppio registro: la storia avventurosa, on the road, picaresca o pinocchiesca e lo scontro con il potere e le sue finalità, i suoi modi spietati. Abbiamo anche spinto la trama oltre il consueto conflitto interno agli umani, coinvolgendo la natura stessa, vorremmo dire la “psicologia” dell’intelligenza artificiale che della storia è, a pieno titolo, una reale co-protagonista».
Numero Primo/Nicola è il Salvator Mundi/Pinocchio che nasce nel fulcro speculativo più inaccessibile di Arca Rerum, un mostruoso algoritmo senziente che pervade ormai tutta la vita umana, animale e vegetale della Terra.
Nasce fisicamente una seconda volta con innesti umani, animali, vegetali e trova in Ettore/Ulisse il padre che lo condurrà attraverso l’esperienza umana. E così i buoni potranno trionfare sui cattivi.
Questo immaginano generosamente i due autori del racconto distopico, come si usa di questi tempi.
Distopia (1): forma di società caratterizzata da aspetti negativi e indesiderabili…
Distopia (2): (med.) spostamento di un viscere o di un tessuto dalla sua sede naturale.
Così “Lo Zingarelli”; tralascio l’analisi della compenetrazione dei due significati perché è chiara.
La prima metà del racconto è efficacemente ironico/autoironico, come Paolini sa fare quando parla di Venezia e delle montagne venete con i suoi abitanti, in senso traslato gli abitanti del mondo. Poi a partire dalla seconda e ultima metà si percepisce una differenziazione di racconto che non è più affabulazione bensì minuto dettaglio di spiegazione, che sacrifica tagliandoli alcuni interessanti fili della trama.
Dove comincia Paolini e dove comincia Bettini (e se e dove due voci diventino una) sta a chi legge deciderlo.
La mia impressione è di avere letto due romanzi in uno; la poesia dei sentimenti e di un possibile futuro è il primo, lo sguardo entomologico di una possibile soluzione è il secondo.
Peccato, alcune proiezioni di quanto si potrà sviluppare nel futuro sono fatte per riflettere: innesti nel corpo per la connessione totale (cyborg?), dispositivi neuronali, animali droni per la sorveglianza, la Lega Scuola (Lega Calcio) con contratti individuali e premi d’ingaggio per gli insegnanti. Altre tengono il filo teso fra il passato e il futuro: la Fabbrica della Neve, con sede all’ex Petrolchimico di Marghera, per ghiacciare le maree della laguna che il MOSE non riesce a trattenere; gli empatici animali sintetici, lo sciopero dei bot (Strike Robot!); altre ancora sono irridenti come i bot vestiti da maschere della Commedia dell’Arte (ahi, Carlo!) che monitorano le masse di turisti, inconsapevoli della loro totale manovrabilità.
Ma quello che conta è la volontà di ri-mettersi in gioco.
Di questi tempi da qualche parte nella realtà bisognerà pur iniziare.
Cominciamo con “Vustu metter” di Gualtiero Bertelli?
https://www.youtube.com/watch?v=7fdS2Qk2bb8
Vustu metter i fiori co’ i nasce in avril
i xe bei, i xe grandi e i colori xe tanti
i te siga in tel muso de ‘ndar, de scoprir
de cavarse de dosso i pensieri più strani.
(obbligatorio leggere tutto!! anche con traduzione a pié di pagina)
da «Album – Libretto (uno)» di Marco Paolini: libro e dvd (2005, Einaudi editore).
E mi permetto di suggerire a Numero Primo «Leprotto! Canta la bella lavanderina!!» da «Album – Libretto (due)» sempre di Marco Paolini (libro e dvd anche questo Einaudi, 2005).