Le chiamano punzecchiature

di Maria G. Di Rienzo

Il 19 febbraio 2011 la giornalista Farzana Rupa, riportata da parecchi siti antiviolenza, scrive: “Le molestie sessuali dirette alle donne in Bangladesh stanno diventando mortali. Secondo i locali gruppi per i diritti umani quest’anno (vi ricordo che “quest’anno”, mentre lei scrive, significa 50 giorni – ndt) 28 donne si sono suicidate per sfuggire alle molestie. La maggior parte di loro, prima di togliersi la vita, ha lasciato una nota chiedendo la fine delle aggressioni conosciute qui come “punzecchiature serali”, in cui i ragazzi fermano le ragazze per strada, ridono di loro, gridano oscenità, le toccano, le spintonano o peggio. Afroza Begum siede al tavolo della cucina mentre mi passa il biglietto che sua figlia Shimi le ha lasciato: ‘Ho sofferto troppo a lungo a causa di quei ragazzi. Ho fatto del mio meglio per vivere. Ma non ho nulla con cui fermarli’. Dopo aver scritto questo, Shimi ha bevuto del veleno”.
Le allegre goliardate che questa ragazzina subiva comprendevano bruciature di sigaretta sui seni, urina iniettata in lei con una siringa e capelli tagliati. Nessuno degli assassini di Shimi (cosi’, giustamente, li chiama sua madre), dopo anni, e’ stato punito.
Farzana Rupa ha chiesto agli uomini che ne pensano delle molestie in strada. Questa e’ la risposta di Jafar Hasan, studente universitario: “Una ragazza deve coprirsi in modo adeguato, se non lo fa, se non indossa una sciarpa per la testa o se non e’ vestita con modestia, un uomo non potra’ controllarsi dal fare cose cattive. Un uomo non puo’ controllare il suo desiderio sessuale”. E questa e’ la risposta di Abdur Rashid, commesso di una cartoleria: “Gli uomini possono indirizzare qualsiasi suono o commento alle donne. E’ nostro diritto, possiamo farlo”.
Il 21 aprile 2011, i giornali italiani – metto fra virgolette le citazioni letterali dagli articoli – riportano la storia della tredicenne pachistana riempita di botte dal padre perche’ “al centro dell’attenzione degli altri ragazzini”, i suoi compagni in una scuola media del parmense. E’ successo che quest’uomo ha visto sua figlia, fuori dai cancelli scolastici, attorniata dai bulletti che le indirizzavano “scherzi e battute” (a sfondo sessuale) in quello che tutti i media hanno descritto come un “gioco da ragazzi”: direi correttamente, e’ infatti un gioco da maschi in cui le femmine non si divertono, ma d’altronde non e’ previsto che lo facciano. Per essere veramente un bel gioco, e far gongolare i suoi partecipanti, la ragazza al centro dell’attenzione deve vergognarsi, arrossire, cercare di sfuggire, sentirsi umiliata. Padri e fratelli e in genere gli uomini della sua famiglia, assistendo alla scena e decifrandola allo stesso modo dei due signori del Bangladesh sopra riportati, che si trovino in Pakistan, in India, in America o in Italia, cosa possono fare? Puniscono della vergogna l’abietta creatura che l’attira su di se’, e quindi su di loro.
Sono forse meritevoli di reprimenda i vivaci fanciulli accecati dal testosterone gia’ a tredici anni? Hanno forse il dovere di rispettare le loro coetanee? Naturalmente no, e oltretutto la pensano anche loro come Jafar, Abdur, ed il padre della ragazza molestata. La colpa e’ sua. Esiste. Esiste come femmina. Provoca e suscita desideri esistendo come femmina. Non ha scampo, non ha scelta, se non scomparire nel veleno come Shimi o mostrarsi seminuda avvolta attorno ad un palo di lap dance. La sua sessualita’ (maledetta, vorace, spaventosa) e’ tutto cio’ che la definisce e tutto cio’ che di lei ci interessa, tutto cio’ a cui lei serve e tutto cio’ a cui lei e’ destinata.
Chi dobbiamo ringraziare per le vite infami che le ragazzine conducono a causa di questi convincimenti, i fondamentalisti religiosi del “copriti, copriti” o quelli governativi dello “scopriti, scopriti”? Io credo che siano le due facce dello stesso individuo simbolico, un idiota sadico e tronfio che pensa al suo apparato genitale come alla definizione di umanita’ ed eccellenza e che ripete ad ogni donna incontri sul suo cammino: “Vedi? Tu non sei come me, quindi non sei un essere umano, non ti devo nessun rispetto, e’ mio diritto dire a te e fare di te quel che voglio”.
Intanto, gli “operatori” spiegano sui quotidiani che il pestaggio subito dalla ragazza pachistana e’ “legato alle diversita’ culturali, che vanno affrontate”. Insomma, e’ uno dei tanti problemi che “loro”, gli immigrati, si trascinano dietro. Il padre veneto uso a disciplinare a cinghiate i tre figlioletti di 6, 8 e 11 anni, e arrestato questo mese, ed il sedicenne calabrese che l’8 aprile ha sfasciato la testa alla “fidanzata” tredicenne con una pietra (e l’ha lasciata priva di sensi dove si trovava, con il risultato che la ragazzina e’ stata soccorsa in ritardo, ed ora e’ in coma) di che “diversita’ culturali” sono portatori? Come dobbiamo “affrontarle”?
Francamente non mi importa piu’, sagaci giornalisti ed esperti operatori, chiedervi il rispetto per le vittime della violenza di genere, so che questo frasario e’ ostrogoto per voi: ma vorreste almeno smettere di sporcarvi le mani del loro sangue tentando di coprire, giustificare, normalizzare cio’ che va respinto e condannato? Restiamo umani, per favore, in questi giorni lo hanno detto in tanti. Davvero.

HOLLY KEARL: LE DONNE E LA STRADA
(articolo di Holly Kearl per “The Women International Perspective” del 15 aprile 2011, traduzione di Maria G. Di Rienzo).
Cos’hanno in comune una donna di Bangalore, India, che aspetta un autobus ad un angolo di una strada affollata, un’adolescente del Queens di New York, vestita della sua uniforme scolastica, che aspetta il treno della metropolitana, e una ventenne di Drammen, Norvegia, che infagottata nel suo cappotto invernale torna a casa da sola dopo aver fatto visita ad un’amica?
Per tre anni, donne come queste, da trenta diversi paesi, hanno condiviso le storie delle molestie da loro subite sul mio blog “Stop Street Harassment” (Mettiamo fine alle molestie in strada). Nei loro interventi riferiscono dettagliatamente gli espliciti commenti sessuali, le espressioni sessiste, i toccamenti, i gesti volgari, i fischi e le masturbazioni pubbliche che gli uomini impongono loro sulle strade, sui trasporti pubblici e nei negozi: solo perche’ sono femmine e si trovano in uno spazio pubblico.
Dopo aver scritto la mia tesi di laurea sulle molestie di strada quale studente della “George Washington University”, ho deciso che volevo fare di piu’ rispetto a questo problema. Attraverso il blog, fornisco uno spazio dove persone da tutto il mondo possono condividere le loro esperienze e aumentare la consapevolezza su quest’istanza globale. “Stop Street Harassment” e’ una piattaforma dove scambiare idee su come affrontare la questione, che si sia fatta esperienza delle molestie o che si sia testimoni di esse.
I pochi studi a disposizione mostrano che la prevalenza delle molestie di strada e’ davvero alta. Piu’ dell’80% delle donne ne hanno fatto esperienza in Canada ed Egitto; India e Yemen portano la cifra al 90%. E in solo due indagini condotte ad Indianapolis (Indiana) e nella Bay Area della California la cifra sale al 100%.
Mi sento oltraggiata da questa faccenda perche’, a differenza di altre forme di aggressione, le molestie di strada sono riportate come complimenti, o seccature minori, o colpa delle donne stesse. Le molestie in strada sono un’istanza seria: impediscono alla donne di avere lo stesso accesso degli uomini agli spazi pubblici, o del sentirsi in essi benvenute e a proprio agio quanto gli uomini. Le molestie costringono le donne a stare costantemente in guardia, a controllare i dintorni, a nascondersi, ad evitare i contatti tramite sguardo e ad avere il cellulare sempre pronto in caso di bisogno.
E questi sono i dati delle mie ricerche: su base mensile, il 45% delle donne evita di trovarsi in spazi pubblici la sera, ed il 40% evita di trovarvisi da sola. Una su cinque ha cambiato casa per evitare le molestie e una su dieci ha cambiato impiego perche’ i molestatori le seguivano lungo il percorso casa-lavoro.
A volte mi sento disperata per la vastita’ della questione. Lo scorso anno, ho avuto l’idea di organizzare un giorno internazionale d’azione per far conoscere la pervasivita’ delle molestie in strada e per contribuire a rompere il silenzio che le circonda. Ho pensato di dichiarare il 20 marzo, giorno dell’equinozio di primavera, Giorno contro le molestie in strada. Speravo di trovare 500 persone che volessero fare qualcosa il 20 marzo: condividere le loro esperienze, parlare ai membri delle loro famiglie della questione, e magari organizzare un evento o una manifestazione. Mi e’ stato subito chiaro che avevo toccato un nervo scoperto, perche’ gente da tutto il mondo sembrava aver atteso proprio quest’occasione per mettersi insieme e affrontare la cosa. Sono rimasta stupefatta dal numero di azioni organizzate, e dalle oltre 1.700 persone che mi hanno risposto su Facebook dicendomi che si sarebbero impegnate.
Il 20 marzo non sono quasi riuscita a staccarmi dal computer tanti erano i messaggi, i post, le foto inviate dalle attiviste e dagli attivisti: Praga, Citta’ del Messico, Il Cairo, Sudafrica, Canada, Trinidad e Tobago, Nuova Delhi. L’incredibile successo del Giorno contro le molestie in strada, ed il continuo flusso di persone che mi contatta dicendo: “Se l’avessi saputo avrei partecipato anch’io…”, significa che vi saranno altri Giorni simili negli anni a venire. E io so che ogni anno gli eventi saranno piu’ vasti, con ancora maggior partecipazione, perche’ collettivamente ci rifiutiamo di restare in silenzio rispetto a questo problema e decidiamo di agire, di condividere le nostre storie, di chiedere che le aggressioni finiscano.
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Redazione
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  • Marco Pacifici

    Si. Si. Si. Ma come riuscire ancora a Restare Umani?

  • Per quante cose conosciamo, impressiona quel che non sappiamo (perchè viene taciuto dai media) in particolare sulla vecchia-nuova violenza maschile contro le donne. E ovviamente siamo chiamati in causa come uomini che devono quanto meno (è il primo passo) rompere i silenzi omertosi. A volte giriamo la testa per NON vedere quello che i due articoli qui sopra raccontano e che succede nelle strade o nelle scuole anche italiane.
    Per questo bisogna discutere se la proposta di Holly Kearl può essere replicata, estesa, organizzata anche in Italia il prossimo 20 marzo (o in altra data). E se si deciderà di sì occorre interrogarsi insieme su cosa fare quel giorno… e prima. Io credo che le tecniche del teatro di strada (penso in particolare a quelle di Augusto Boal) siano molto efficaci per coinvolgere chi di solito se ne sta da parte. Sarebbe bello che dalle reti del femminismo e/o di Maschile plurale partisse un appello per ragionare insieme sul da farsi. (db)

  • care e cari,
    in quanto “moderatore” del blog FINORA non ho impedito a nessuna/o di dire la sua su codesto blog; sono convinto che vale la pena di TENTARE il dialogo con tutte/i, anche le persone più cattive e/o ignoranti. Se, come è già capitato con un paio di catto-trogloditi (che bersaliarono David Lifodi), chi insulta neanche risponde alle domande o documenta le sue fonti… beh a un certo punto il dialogo si interrompe: non c’è bisogno di replicare a persone che, con le loro stesse parole, si mostrano irrecuperabili a un minimo di ragionare.
    Vedo però che gli insulti (più o meno organizzati) sono in aumento
    Forse è il caso che blocchi i peggiori?
    Chiedo il parere di chi legge.
    Faccio un esempio: ho ricevuto due commenti chilometrici da tal Flavio Zabini.
    Ne riporto un brano QUI SOTTO e vi chiedo: li faccio passare oppure li blocco?
    ciao,db

    VERGOGNATEVI PER METTERE SULLO STESSO PIANO LE VIOLENZE DI PAESI INCIVILI CON I COMPLIMENTI E GLI INTERESSAMENTI MAGARI NON PIU’ STILNOVISTI MA CERTAMENTE PRIVI DI INTENZIONI OFFENSIVE O INTIMIDATORIE.
    VOI CHE USATE QUESTO VITTIMISMO FEMMINIL-FEMMINSTA CHE USA L’ORIENTE PER RENDERE ANCORA PIU’ DIFFICILE, FRUSTRANTE, UMILIANTE, DOLOROSA (psicologicamente, materialmente) E PERICOLOSA (emotivamente, giudiziariamente) LA SITUAZIONE DEI GIOVANI MASCHI OCCIDENTALI AL COSPETTO DELLE COETANEE STRONZE MERITERESTE LA GUERRA. ADDIO DALLA SUBLIME PORTA!

    Parte 2/ ma da lei ritenute indispensabili per un rapporto, principiarle a godersele se presenti o irriderne l’assenza in caso contrario) e scegliere se divertirsi con noi o su di noi. Volete pure infierire su chi si trova in tale situazione ed ingenuamente e magari maldestramente prova a risolverla iniziando con una battuta? La reazione non è eccessiva negli effetti, è proprio sbagliata nell’intento. Solo viziate femmine possono lamentarsi del privilegio naturale d’esser universalmente mirate, amorosamente disiate e socialmente accettate di per sè per la bellezza, senza bisogni di “compiere imprese” come i cavalieri i quali senza esse restano puro nulla socialmente trasparente. Solo perfide femmine possono chiamare molesto chiunque in qualsiasi modo tenti un qualsiasi approccio (dopo magari essere stato attirato o illuso ad arte o comunque indotto a farsi avanti con sorrisi e ammiccamenti, sguardi, espressioni, movenze, vestimenti o, meglio, svestimenti, parole dette e non dette) nell’amor naturale. Solo malvagie femmine possono ritenere di doversi “vendicare” di chi (per volontà non propria, ma della natura e della stessa donna) ha la sola colpa di essere mosso da ingenuo e subitaneo trasporto per la bellezza e di avere su di sè l’obbligo di farsi avanti per primo senza sapere cosa la sconosciuta consideri più o meno vagamente poetico o volgarmente esplicito, più o meno apprezzabilmente ardito o banalmente irritante. Solo bastarde femmine possono ritenersi “violate” per il fatto che il complimento, l’apprezzamento, l’approccio ricevuto (agito dall’uomo con l’intenzione non di offendere o irridere, ma di compiacere o indurre al desiderio di conoscenza, e spesso a lui costato un travaglio emotivo contro la timidezza naturale e la ragione pessimista) non coincida con quanto di volta in volta segretamente preteso (e sconosciuto all’uomo). Quanto agli americani, possono tentare di convicermi con mille film e mille norimberga, ma nè il vituperato nazismo, nè lo stalinismo coerentemente egalitario (anche verso le donne, lavoratrici in miniera prima che titolari di privilegiate quote rosa nei cda) hanno mai instaurato un totalitarismo così psichicamente devastante e socialmente invasivo come tale morale femminil-femminista sulla “molestia” (avente l’intento di far sentire in colpa o comunque “in dovere di nascondersi, di reprimersi nella natura più profonda” gli uomini ogniqualvolta mirino, ogniqualvolta desirino, in ogni momento della loro vita quotidiana, in ogni contatto vero o virtuale o visivo con l’altro sesso). La guerra contro di loro, al di là dell’Islam. è dunque santa nel senso tutto umano del termine (per ridare agli uomini la loro umanità, di cui la criminalizzazione del desiderio li sta privando culturalmente e giuridicamente). Quanto alle donne, non meritano più i miei commenti. Le pantofolaie (stronze virtuali che in chat agiscono come la femmina del videogioco addirittura adescando malcapitato disianti) sono state colpite ieri con qualche messaggio che non ammetterà da parte mia repliche. Non vi lamentate se d’ora in poi andremo solo a puttana: ogni corteggiamento nascerebbe da un complimento. E se il rischio è l’avere ostilità andate pure a…
    flavio.zabini@virgilio.it
    Flavio Zabini

  • Marco Pacifici

    Credo necessiti cambiare fornitore di sostanze psicotrope il sig. Zabini… Appunto:irrecuperabili ad un minimo di ragionare.Non abbiamo tempo da perdere con gli irrecuperabili,l’unico mio timore è che siano troppi-tanti… Povera Terra Madre…

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