Le creature di Prometeo – Le creature di Capucci
di Susanna Sinigaglia
C’era molta attesa per l’anteprima a Nervi [1] di questo lavoro in cui l’opera di un eccelso musicista – Beethoven – quella di un grandissimo stilista – Capucci – e la danza di Simona Bucci, una delle più dotate coreografe del nostro tempo, qui accompagnata dall’orchestra del Teatro Carlo Felice di Genova, sarebbero confluite in un unicum eccezionale; una promozione di Daniele Cipriani, organizzatore e ideatore dell’evento.
Ma cominciamo ad analizzarne le varie componenti.
Le creature di Prometeo, op. 43 di L. Van Beethoven, la sua unica composizione finalizzata al balletto, ha una storia molto singolare [2]. La coreografia era di un grande maestro italiano, Salvatore Viganò, e andò in scena per la prima volta a Vienna nel 1801. Il mito di Prometeo è piuttosto noto ma è raccontato con diverse varianti. In questa di Viganò, si pone l’accento soprattutto sul ruolo civilizzatore di Prometeo nei confronti degli uomini piuttosto che sul furto del fuoco e la punizione inflittagli da Zeus.
La rappresentazione non ebbe però un gran successo, la musica di Beethoven fu accolta piuttosto tiepidamente sia dal pubblico sia dalla critica e così quando il balletto fu rappresentato di nuovo, alla Scala, aveva subito una profonda trasformazione: fu lo stesso Viganò a ripresentarlo ma su musiche di autori diversi, e questa volta ebbe un’accoglienza trionfale. Scrive il Moran: “Si deve tenere conto… che la musica era destinata a fare da sfondo a un’azione drammatica, e quindi doveva“ rispettare “i tempi della scena. Questo impediva sicuramente alla fantasia beethoveniana di dare pienamente corso alla sua genialità: Beethoven si è in certo modo accontentato di scrivere una musica un po’ di routine, senza quelle invenzioni che profondeva a piene mani nelle sue composizioni maggiori… ed è vero che le parti più interessanti del balletto (in tutto 16 numeri) sono quelle in cui la musica non è a servizio della scena, come la brillante Ouverture”. Tuttavia, anche se la parte centrale della composizione musicale è piuttosto monotona, il finale ha una storia molto interessante da raccontare come possiamo sempre leggere nell’articolo del Moran. Infatti il suo tema si ritrova in ben altre tre opere di Beethoven: le Controdanze – e precisamente nella settima – nelle Variazioni per pianoforte op. 35 e soprattutto va a costituire il finale della Sinfonia n. 3, nota come l’Eroica.
Quindi, sembra che lo spessore artistico di quest’opera non risieda tanto nel balletto – la cui coreografia originale purtroppo è andata persa – o nella composizione di Beethoven in sé, quanto negli sviluppi e gli intrecci che ha generato. E certamente il materiale a disposizione degli autori di questa edizione era ricco di suggestioni come del resto lo splendido scenario dei Giardini di Nervi in cui si è svolta la performance. Invece, si è avuta l’impressione che ognuno dei protagonisti dello spettacolo seguisse un proprio percorso senza comunicare granché con gli altri soggetti. Certo, bellissimi e molto originali i costumi di Capucci, impreziositi nello stesso tempo da citazioni nobili rievocanti la Bauhaus per esempio, i colori intensi e le linee create dalla sua scuola,
o ispirati alle fogge care al sufismo o addirittura forse ad artisti come David Lachapelle.
Ma la coreografia di Simona Bucci e l’interpretazione che ne hanno restituito i performer indossatori-danzatori (rigorosamente tutti maschi) – pur nella sua perfezione – non ha scaldato il pubblico come non l’ha scaldato l’esecuzione, senza guizzi particolari, della partitura di Beethoven da parte del direttore d’orchestra. E i due schermi posti ai lati dell’orchestra, dove erano proiettate le immagini dei danzatori che eseguivano la parte di performance loro assegnata ma in modo asincrono e senza mostrare la loro figura per intero, sono stati più un elemento di disturbo che di arricchimento della scena. Ne è risultato uno spettacolo ibrido, una sfilata di moda danzata con momenti dedicati anche all’acrobatica. Insomma mancava la regia; ognuno ha svolto il suo ruolo ma restando un po’ individualisticamente nel proprio ambito d’azione.
Alla fine con una certa sorpresa, abbiamo scoperto che non c’era regia proprio perché mancava il regista, nessun nome compariva sulla locandina: perciò, ognuno se n’è andato per la sua strada.
Davvero un peccato: e Prometeo ha fallito la propria missione di donare il fuoco alle sue creature!
[1] La prima dello spettacolo verrà presentata al Festival di Spoleto a fine agosto http://www.festivaldispoleto.com/2020/scheda.asp?id_progetto=704&tipo=spettacoli&lang=
[2] Le informazioni che riporto in questa parte della recensione sono tratte dal saggio di M. Moran, Beethoven e Prometeo, http://www.rivistazetesis.it/prometeo_beethoven.htm.
LE CREATURE DI PROMETEO – LE CREATURE DI CAPUCCI stasera al Festival di Nervi
Grazie all’ufficio stampa per le immagini