Le mille (belle) facce di Enzo
Un ricordo di Jannacci
di Qbea (questo blog è antifascista)
«Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina il foulard non si mette più.
Una faccia davanti al cancello che si apre già.
Vincenzina hai guardato la fabbrica,
come se non c’è altro che fabbrica
e hai sentito anche odor di pulito
e la fatica è dentro là…
Zero a zero anche ieri ‘sto Milan qui,
sto Rivera che ormai non mi segna più,
che tristezza, il padrone non c’ha neanche ‘sti problemi qua.
Vincenzina davanti alla fabbrica,
Vincenzina vuol bene alla fabbrica,
e non sa che la vita giù in fabbrica
non c’è, se c’è com’è?»
E’ una delle più belle canzoni di Enzo Jannacci e, visto che parla di fabbrica, è una di quelle che i grandi media non amano, non capiscono, censurano, dimenticano, odiano…
Qui in blog si è deciso di ricordare Enzo con la sua Vincenzina. Aggiungendo solo poche parole (ma, come sempre, lo spazio è a disposizione di chi vorrà intervenire).
Un avviso soprattutto a chi è giovane: altre sue canzoni (sia drammatiche che ironiche) sono scomode quanto belle: da «Sei minuti all’alba» a «Ho visto un re»; recuperatele in rete.
Ma ci sono due aspetti non artistici di Enzo Jannacci che la gran parte dei media non ci tiene a ricordare.
Era un antifascista vero. Senza le ambiguità, le amnesie, le ignoranze di tanti sedicenti intellettuali e/o esponenti delle istituzioni (Jannacci avrebbe detto «il papa, il ricco, il cardinal» quelli che «diventan tristi se noi piangiam» e ancora più tristi… se noi lottiamo).
Non sbandierava – al contrario di altri artisti – la sua solidarietà concreta (soldi) e il lavoro di medico che prestava gratuitamente per chi ne aveva bisogno.
Allora grazie di tutto Enzo: delle canzoni, delle risate, della rabbia e della tristezza che hai cantato, di essere stato un bravo medico e soprattutto una persona degna.
Una persona degna che sceglieva di rendere degno anche chi sembrava ai più che dignità non avesse nè meritasse.
Grazie, Enzo, sì.
c.