Le miniere si mangiano Guatemala ed El Salvador
A sei anni di distanza dalla sua chiusura, la miniera Cerro Blanco potrebbe riaprire i battenti dopo il suo acquisto da parte della multinazionale Bluestore Resources, ma i suoi effetti sull’ambiente e sulla popolazione potrebbero essere devastanti.
di David Lifodi
Sembrava fatta o quasi. Il progetto minerario della transnazionale Entremares S.A., filiale della più conosciuta (e vorace) Goldcorp, pareva esser stato definitivamente seppellito, ma invece, secondo le informazioni del collettivo ecologista Madre Selva, tunnel sotterranei per favorire la ricerca di oro e argento, la distruzione dei boschi e la contaminazione dei corsi d’acqua continueranno a insistere sul territorio come e più di prima.
La miniera Cerro Blanco, il cui nome deriva dalla montagna guatemalteca che sovrasta la cittadina di Asunción Mita (dipartimento di Jutiapa, al confine con El Salvador), si era trasformata in una minaccia per guatemaltechi e salvadoregni a partire dal 2007, quando l’allora presidente Óscar Berger concesse a Entremares il diritto di perforare e sfruttare il terreno per 25 anni. Per la canadese Goldcorp, alla guida delle operazioni, era manna dal cielo, al contrario delle circa 40 comunità alla frontiera tra Guatemala ed El Salvador, che ne denunciarono subito gli effetti negativi sul fiume Ostúa, costretto ad assorbire il drenaggio acido della miniera. Non si trattava soltanto di un problema di inquinamento ambientale. Il fiume Ostúa sfocia infatti nella Laguna de Güija, la quale, a sua volta, è collegata con il fiume Lempa (in territorio salvadoregno), che rifornisce d’acqua circa 4 milioni di persone. Per questo motivo, spiegano gli attivisti dell’Alianza Centroamericana frente a la minería (Acafremin), il destino di guatemaltechi e salvadoregni è legato alla tutela ambientale del fiume.
Il recente acquisto della miniera di Cerro Blanco da parte della multinazionale Bluestore Resources fa temere, in entrambi i paesi, una ripresa dell’attività mineraria, tanto più che si tratta della cosiddetta minería metálica. Presentata nel 2007 come la miniera dove si trovavano i più grandi giacimenti d’oro e d’argento del Guatemala, Cerro Blanco aveva ottenuto l’autorizzazione di sfruttamento dal Ministero dell’energia e delle miniere fino al 2032, ma il progetto era stato sospeso nel corso del 2012. Lo studio di impatto ambientale presentato da Entremares mancava delle informazioni minime di carattere idrogeologico e alcuni esperti, tra cui la docente Dina L. López, sottolinearono il rischio che comportava il condurre l’estrazione mineraria in una zona geotermale. Di fronte alle rimostranze della docente di Idrogeologia del dipartimento di Scienze geologiche della Ohio University, Entremares replicò che le fonti d’acqua sotterranee non sarebbero state inquinate e che un attento monitoraggio delle acque del Lago de Güija avrebbe prevenuto una possibile contaminazione.
Tuttavia, mentre l’Anuario minero dello stesso Ministero dell’energia e delle miniere ne sanciva la chiusura per un periodo di due anni (2012-2013) a causa dell’inondazione dei tunnel sotterranei, Madre Selva, il Foro Regional Sobre Impactos de la Minería en Centro América ed altre associazioni sollecitarono la chiusura della miniera di Cerro Blanco, sostenendo che la sospensione temporale del progetto non avrebbe risolto alcun problema. In Guatemala è ben presente il ricordo di Goldcorp e dell’impatto negativo della miniera Marlin, intorno alla quale si è scatenato uno dei maggiori conflitti ambientali nella storia del paese, oltre che una violenta repressione contro gli oppositori al progetto da parte dello Stato. In particolare, il collettivo Madre Selva e il Centro de Estudios para Inversión y Comercio di El Salvador avevano presentato, già allora, uno studio in cui dimostravano l’alta concentrazione di metalli tossici come l’arsenico nelle acque utilizzate dalle comunità di Guatemala ed El Salvador, tra cui quelle di Cerro Blanco, El Tule, Las Ánimas e San Rafael (circa 600 famiglie in tutto), per progetti legati all’agricoltura e alla pesca.
Ritenuti come vantaggiosi per il paese dai vari governi alternatisi alla guida del Guatemala, i progetti di estrazione mineraria e petrolifera, insieme alla costruzione di centrali idroelettriche, sembrano inghiottire l’intero paese, nonostante tra i minatori che hanno lavorato a Cerro Blanco fin quando non è stata chiusa, molti siano stati vittime di gravi incidenti sul lavoro per i quali Entremares non si è mai degnata di offrire un risarcimento. Oggi che si vocifera di una eventuale riapertura di Cerro Blanco, questa miniera rappresenta solo la punta dell’iceberg di un problema non solo binazionale, ma addirittura trinazionale. Soltanto tra il fiume Lempa e il Lago de Güija sono in ballo otto progetti di estrazione mineraria, addirittura 40 quelli alla frontiera con l’Honduras.
L’America latina riuscirà mai a liberarsi dell’estrazione mineraria?