Le sparizioni… come pena di morte. E le carceri italiane che istigano al suicidio
Due articoli ripresi dal «Foglio di collegamento» del comitato Paul Rougeau. A seguire la presentazione e l’indice del numero 230.
SPARIZIONI, ALTERNATIVA ALLE ESECUZIONI E AGLI ASSASSINII MIRATI
Il 30 agosto, Giornata internazionale degli scomparsi, Amnesty International ha ricordato come in ogni parte del mondo i governi ricorrano alle sparizioni forzate per rafforzare il loro potere e ridurre al silenzio gli oppositori. Riportiamo qui di seguito una sintesi del comuncato di Amnesty.
Amnesty International sta attualmente svolgendo campagne per centinaia di casi di vittime di sparizione forzata. Quelli che seguono sono solo alcuni di essi.
Medio Oriente e Africa del Nord
Siria: dal 2011, quando è iniziata la crisi ancora in corso, il governo si è reso responsabile di decine di migliaia di sparizioni. L’avvocato per i diritti umani Khalil Ma’touq è stato arrestato a Damasco dalle forze di sicurezza nell’ottobre 2012 e quattro anni dopo risulta ancora scomparso. Stesso destino per l’ingegnere informatico e attivista Bassel Khartabil, arrestato per la prima volta nel marzo 2012, successivamente trasferito in una prigione di Damasco e del quale si sono perse le tracce dall’ottobre 2014.
Egitto: il ministero dell’Interno sta usando le sparizioni forzate come prassi per eliminare il dissenso pacifico. Dall’inizio del 2015 centinaia di egiziani, minorenni compresi, sono svaniti nel nulla nelle mani dello stato. La procura generale si rende complice di questa fenomeno non chiamando i responsabili delle sparizioni forzate a rispondere davanti alla giustizia. Aser Mohamed, 14 anni, è stato arrestato nel gennaio 2016 ed è risultato scomparso per 34 giorni, durante i quali è stato torturato. Islam Khalil è stato prelevato dalla sua abitazione nel maggio 2015 ed è stato sottoposto a sparizione forzata per 122 giorni. Entrambi verranno processati, grazie alle “confessioni” estorte con la tortura. Se condannato, Islam Khalil rischia la pena di morte; Aser Mohamed, fino a 15 anni di carcere.
Americhe
Messico: in un rapporto del gennaio 2016, Amnesty International ha denunciato oltre 27.000 casi di persone di cui non si ha più notizia. Il rapporto fa riferimento, tra l’altro, alla sparizione forzata, nel settembre 2014, di 43 studenti dell’istituto magistrale di Ayotzinapa e alla recrudescenza delle sparizioni a Ciudad Cuauhtémoc, nello stato di Chihuahua, tra il 2009 e il 2014. […]
Asia
Pakistan: è trascorso oltre un anno da quando Zeenat Shahzadi, 24 anni, è diventata la prima giornalista vittima di sparizione forzata nel paese. […]
Laos: quando il presidente degli Usa Barack Obama visiterà il paese a settembre, sarà necessario che chieda notizie di Sombath Somphone, arrestato dalla polizia nel dicembre 2012 e da allora scomparso. […]
Europa
Turchia: le operazioni di sicurezza in corso da mesi nel sud-est del paese sono svolte ben al di là di quanto disposto dalla legge e in assenza di garanzie legali. Hursit Kulter, esponente politico curdo e sostenitore dell’autodeterminazione dei curdi turchi, è scomparso il 27 maggio 2016. Le autorità e le forze di sicurezza locali negano che sia in loro custodia, sebbene Kulter poco prima della sua scomparsa abbia telefonato al padre per dirgli che la sua abitazione era circondata dalla polizia. Amnesty International nota con preoccupazione che le autorità non hanno avviato un’indagine immediata, efficace e indipendente su questa sparizione forzata.
Africa
Camerun: negli ultimi anni, nel tentativo di sconfiggere il gruppo armato Boko haram, le forze di sicurezza hanno lanciato una campagna di arresti arbitrari, imprigionamenti, sparizioni forzate ed esecuzioni extragiudiziali. Risultano ancora scomparse almeno 130 delle oltre 200 persone arrestate il 27 dicembre 2014 nel nord del paese, durante un raid contro presunti combattenti di Boko haram.
Kenia: nonostante le smentite delle autorità, le sparizioni forzate sono diventate una pratica comune e sistematica. Questo mese l’Alta corte ha stabilito che l’avvocato Willie Kimani, il suo cliente Josphat Mwendwa e il conducente del taxi su cui erano a bordo, Joseph Muiruri – i cui corpi, a luglio, erano stati ritrovati in un fiume – sono stati vittime di sparizione forzata e successivamente di esecuzione extragiudiziale ad opera della polizia. […]
Zimbabwe: la sparizione forzata di chi critica il governo è un fatto ordinario. L’attivista Itai Dzamara, fervente critico del presidente Robert Mugabe, è scomparso il 9 marzo 2015. Il governo non ha mai risposto alle richieste di Amnesty International d’istituire una commissione d’inchiesta su questo caso.
MORTI NELLE MANI DELLO STATO ITALIANO
Elevatissimo è il numero dei detenuti che muoiono nelle carceri italiane, per morte naturale, per suicidio o in seguito a violenze. Ce lo ricorda la giornalista Angela Gennaro di Change.org
Il 17 agosto scorso Angela Gennaro ha pubblicato in Internet un articolo sulla violenza e sui soprusi perpetrati in Italia delle forze dell’ordine, sia nelle carceri che durante l’arresto o la detenzione preventiva, violenza che causa un elevato numero di morti. Riassumiamo per i nostri lettori tale icastico articolo (1).
Per cominciare, la Gennaro ricorda il numero dei morti in prigione dal 2000 ad oggi. Si tratta di 2.550 persone, di cui 910 decedute apparentemente per suicidio (2). Sono uomini e donne di estrazione sociale differente, spesso molto poveri, a volte vittime di violenze spropositate e ingiustificate.
In occasione della morte del 31-enne Stefano Cucchi deceduto il 22 ottobre 2009 presso la struttura penitenziaria dell’ospedale Sandro Pertini di Roma, Angelino Alfano, all’epoca Ministro della Giustizia, aveva dichiarato in Senato: “Uno Stato democratico assicura alla giustizia e può privare della libertà chi delinque, ma non può privare nessuno della propria dignità, della propria salute e della vita.” Secondo Alfano Stefano Cucchi “non doveva morire”. La Gennaro ricorda che Stefano Cucchi, tossicodipendente, fu fermato tra il 15 e il 16 ottobre 2009 dai Carabinieri e morì sei giorni dopo. Nelle foto del cadavere il volto è scavato, tumefatto, presenta cerchi viola intorno agli occhi, una delle orbite è sfondata, la mandibola sembra fratturata, la schiena è fratturata all’altezza del coccige (3).
Oltre al caso Cucchi, la Gennaro ne ricorda alcuni altri, tra cui i seguenti:
2003 – Carcere delle Sughere, Livorno. Marcello Lonzi, 29 anni muore l’11 luglio. Si parla di suicidio, poi di infarto. Ha otto costole rotte, due denti spezzati, tagli sul viso, polso fratturato e due buchi in testa, di cui uno sporco della vernice blu della cella.
2005 – Ospedale Psichiatrico Giudiziario di Castiglione delle Stiviere. Katiuscia Favero, 32 anni. Impiccata alla rete metallica con un lenzuolo, in ginocchio, in un giardino cui hanno accesso solo medici e infermieri. La tuta ha macchie d’erba, le suole delle scarpe no. Dietro la testa una ferita. Katiuscia aveva denunciato uno stupro in carcere. La denuncia è caduta nel vuoto perché il referto ginecologico è andato smarrito.
2008 – Ospedale di Cirolo, Varese. Giuseppe Uva, 43 anni. Morto nel reparto psichiatrico dopo aver passato la notte in caserma. Ha il corpo tumefatto. L’amico fermato con lui quella notte chiama il 118 mentre viene lasciato in sala d’aspetto. “… posso avere un’autolettiga qui alla caserma dei Carabinieri in via Saffi?”, “Sì, cosa succede?”, “Eh, praticamente stanno massacrando un ragazzo” (4).
Leggendo di questi casi, ci verrebbe da credere che, in una società che si definisce civile, tutti i responsabili di crimini orrendi siano stati perseguiti e condannati. In realtà purtroppo non è così: solo alcuni degli agenti responsabili vengono a volte radiati o puniti in qualche altro modo, ma la stragrande maggioranza dei colpevoli la passa totalmente liscia. Del resto, se pensiamo a quanta fatica sia stata spesa – finora invano – in Italia nell’arco di decenni per introdurre nel nostro ordinamento il reato di tortura, possiamo facilmente capire il grado di omertà e complicità che parte dall’alto a coprire e proteggere i rappresentanti delle forze dell’ordine che – di qundo in quando – si rendono colpevoli di simili misfatti. (5). (Grazia)
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(1) V. https://changeorgblog.squarespace.com/it/home/nelle-mani-dello-stato
(2) V. http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/ricerca/
(3) Il caso di Stefano Cucchi, mantenuto aperto fino ad ora dall’impegno eroico della sorella Ilaria, sembra essersi definitivamente chiuso: non fu incriminato nessuno tra gli agenti che lo ebbero in custodia ed ora, il 18 luglio, è arrivato anche il proscioglimento dei medici che lo ebbero in cura dopo le percosse (v. articolo in questo Notiziario).
(4) Vedi numero 228 del Notiziario.
- Vedi anche, nel numero 225, “In carcere la costituzione non vale ?”
Cari amici,
vi invio il numero 230 del nostro «Foglio di Collegamento», il cui sommario è riportato qui sotto.
Il numero esce in un tetro anniversario, il quarantesimo dalla reintroduzione della pena di morte negli Stati Uniti d’America. Nel primo articolo trovate un bilancio impressionante dell’andamento della pena di morte negli ultimi decenni nel Paese più progredito del mondo. Tuttavia, se vi sono notizie orribili ve ne sono di incoraggianti: illustri personaggi della Corte Suprema USA si sono schierati negli anni contro la “massima sanzione” e gli Stati che conservano la pena di morte si sono progressivamente ridotti da 37 a 31, su 50.
E la sentenza che in pratica abolisce la pena di morte in Delaware ci può autorizzare a ridurre il numero degli stati USA con la pena capitale a 30.
La crisi da cui è uscito il Delaware è la stessa che sta attraversando la Florida, uno Stato più importante e molto più forcaiolo… speriamo bene!
In questo numero parliamo anche di questioni riguardanti i diritti umani che esulano dalla pena di morte statunitense, come la spropositata reazione del presidente turco Erdogan al tentativo di golpe del 15 luglio, i bombardamenti con i droni, le imprese incommentabili dell’ISIS…
Questo numero molto ampio esce anche per merito di Grazia, Maria Antonietta e Ruggero che hanno collaborato segnalando argomenti di nostro interesse e scrivendo articoli.
Tutti i lettori sono invitati a esprimersi su quanto scriviamo e a collaborare ai prossimi numeri: il numero 231 è già in lavorazione.
Vi ricordo che è operativo il nuovo sito del Comitato Paul Rougeau all’indirizzo
www.comitatopaulrougeau.org e che su Facebook per merito di Guido potete leggere la pagina intitolata «Amici e sostenitori del Comitato Paul Rougeau» ricca di notizie e di illustrazioni.
Giuseppe Lodoli per il Comitato Paul Rougeau
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FOGLIO DI COLLEGAMENTO INTERNO DEL COMITATO PAUL ROUGEAU
Luglio – Agosto 2016
SOMMARIO
1 ) Quarant’anni di pena di morte negli USA
2 ) Anche in Delaware la pena di morte è finita
3 ) 80 anni fa in Kentucky l’ultima esecuzione pubblica degli USA
4 ) Florida: Corte Suprema in ferie senza decidere sulla pena di morte
5 ) Ennesima sconfitta legale per Tommy Zeigler
6 ) Sospensione per Wood, condannato in base alla legge sulle complicità
7 ) Negato un nuovo processo a Linda Carty
12) Assassinii mirati e vittime collaterali nella guerra al terrorismo
13) Sparizioni, alternativa alle esecuzioni e agli assassinii mirati
8 ) Tra colpo e contraccolpo, la pena di morte in Turchia?
9 ) L’Indonesia annuncia 14 esecuzioni e ne compie 4
10) Il forcaiolo Duterte si opporrà all’esecuzione della Veloso?
11) Sì, l’attentato dell’ISIS a Nizza è puro male
14) Ad ottobre sorgerà l’alba per Aasia Bibi ?
15) Morti nelle mani dello stato italiano
16) Un sit in per denunciare il martirio della Siria
17) Dubbi postumi sull’entità delle responsabilità di Milosevic
18) NOTIZIARIO: Arabia Saudita, Florida, Illinos, Iran, Iraq, Italia, Malawi, Pennsylvania, Siria, Texas, Usa
Questo numero è aggiornato con le informazioni disponibili fino al 2 settembre 2016
AIUTIAMOCI A TROVARE NUOVI ADERENTI
E’ di vitale importanza per il Comitato Paul Rougeau potersi giovare dell’entusiasmo e delle risorse personali di nuovi aderenti. Pertanto facciamo affidamento sui nostri soci pregandoli di trovare altre persone sensibili alla problematica della pena di morte disposte ad iscriversi alla nostra associazione.
Se ogni socio riuscisse ad ottenere l’iscrizione di un’altra persona, l’efficacia della nostra azione aumenterebbe enormemente!
Cercate soci disposti anche soltanto a versare la quota sociale.
Cercate soci attivi. Chiunque può diventare un socio ATTIVO facente parte dello staff del Comitato Paul Rougeau.
Cercate volontari disposti ad andare a parlare nelle scuole dopo un periodo di formazione al seguito di soci già esperti.
Cercate amici con cui lavorare per il nostro sito Web, per le traduzioni. Occorre qualcuno che mandi avanti i libri in corso di pubblicazione, produca magliette e materiale promozionale, organizzi campagne e azioni urgenti, si occupi della gestione dei soci, della raccolta fondi ecc.
Chiunque può dare un contributo alle attività del Comitato se decide di dedicarvi una quota – piccola o grande – del proprio tempo. Chi ha mezzi o capacità particolari – per esempio un computer collegato a Internet e/o una qualche conoscenza dell’inglese – potrà fornire un aiuto più specifico.
ISTRUZIONI PER ISCRIVERSI AL COMITATO PAUL ROUGEAU
É facilissimo associarsi al Comitato Paul Rougeau: basta inviare un messaggio all’indirizzo prougeau@tiscali.it con una breve autopresentazione e con i propri propri dati: nome, cognome, indirizzo, numero di telefono. Poi, appena possibile, occorre pagare la quota associativa sul c. c. postale del Comitato Paul Rougeau.
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Socio Ordinario € 35
Socio Sostenitore € 70
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Il nostro indirizzo postale è: Comitato Paul Rougeau , casella postale 11035 – 00141 Roma Montesacro
NELLE DUE FOTO, riprese dal «Foglio», un drone per gli assassinii mirati, a Kandahar in Afghanistan, e una pubblica esecuzione “democratica”.
LE DUE VIGNETTE, scelte dalla “bottega”, SONO DI GIULIANO SPAGNUL.