Vene aperte in Centroamerica

di David Lifodi

Non le chiuderanno mai. I danni alla salute degli abitanti, l’inquinamento dei fiumi, la modifica dell’assetto idrogeologico del terreno sono considerati effetti collaterali, in Centroamerica come altrove. Sto parlando delle miniere a cielo aperto, dei traffici che vi stanno dietro e delle opportunità di lucro per le imprese che ne traggono enormi guadagni grazie alle loro controllate in loco. Succede più o meno in tutto il sud del mondo, ma un caso esemplificativo della situazione mi sembra quello di Guatemala e Honduras, Paesi confinanti e uniti nella disgrazia di essere sfruttati a opera della stessa multinazionale, ma scavando e indagando un po’ si potrebbe fare velocemente il giro dell’intero pianeta sulle connessioni tra imprese, governi e via di seguito.

In Guatemala il 20 maggio 2010 era stata varata dalla Commissione Interamericana per i Diritti Umani una risoluzione che ordinava l’immediata sospensione dei lavori di scavo, perforazione ed estrazione dei metalli pesanti in merito alla miniera Marlin, dipartimento di San Marcos. Reti sociali guatemalteche, ma anche europee e nordamericane, hanno consegnato una lettera alla Presidenza della Repubblica per sollecitarne la chiusura secondo quanto emerso dagli studi idrogeologici condotti nelle comunità di Sipakapa e San Mateo Ixtahuacán, le più vicine alla miniera. Tutto questo però difficilmente riuscirà a scalfire la Goldcorp, una delle compagnie minerarie più grandi del mondo in fatto di estrazione d’oro. La multinazionale canadese vanta oltre novemila dipendenti in tutto il continente americano, da nord a sud, e inaugura nuove miniere a un ritmo impressionante. Di recente ha creato un nuovo insediamento in Messico, nello stato di Zacatecas, firmando un accordo che le permetterà di lavorare per venti anni nella Peñasquito Mine. Uno schema simile è stato adottato anche in Guatemala e Honduras, come dire: quando ci mettiamo in testa di stabilirci in una determinata zona del mondo è difficilissimo mandarci via. Lo è anche perché Goldcorp lavora attraverso concessionarie locali: una di queste, per il CentroAmerica, è Montana Exploradora, che nel 2005 ha aperto la miniera Marlin in Guatemala. Se Goldcorp/Montana Exploradora non rispetterà la risoluzione della Commissione Interamericana per i Diritti Umani, il Messico potrebbe denunciare lo stesso stato del Guatemala alla Corte Internazionale di Giustizia presso le Nazioni Unite poiché i fiumi che scorrono lungo entrambi i Paesi risulterebbero inquinati all’origine e giungerebbero in Messico già contaminati. I dati relativi all’estrazione dell’oro e alle conseguenze della presenza di metalli pesanti nei fiumi a danno degli abitanti fanno rabbrividire. In Guatemala la mortalità infantile nelle zone dove sorgono le miniere è dodici volte superiore rispetto alla media nazionale, ma c’è dell’altro. Nei villaggi vicini alle miniere si riversa una gran massa di persone che vi lavorano causando così una crescita abnorme e difficile da sopportare in insediamenti dove fino a quel momento avevano vissuto soltanto le comunità indigene e questo porta spesso a un processo di rottura o comunque di snaturazione dei legami sociali. In contesti simili interi paesi si trasformano in enormi maquiladoras a cielo aperto e crescono le tensioni sociali. I cittadini di Sipakapa avevano detto con chiarezza no alla miniera Marlin in occasione di un referendum poi dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale. Si erano espressi in maniera contraria  poiché conoscevano bene i danni prodotti dalla miniera, fra cui l’abbassamento anomalo del livello dei fiumi dovuto allo spreco di acqua utilizzata nella lavorazione dei minerali e la presenza, nel loro letto, di sostanze nocive. Lo aveva denunciato con precisione di particolari fin dal 2006 un ricercatore italiano, Flaviano Bianchini, in un documentato rapporto che gli è costato minacce di morte tanto da essere costretto ad abbandonare il Paese.

“Malformazioni ossee e malattie della pelle dovute all’ingerimento di metalli pesanti che, attraverso gli scarti di lavorazione della miniera, finiscono nella catena alimentare” in Guatemala e Honduras sono causati dalla presenza delle miniere, ha scritto Amnesty International in un dossier sul tema in cui aveva promosso anche un’azione di sostegno allo stesso Bianchini, poi rientrato in Italia. In Honduras, secondo lo schema già visto prima, Goldcorp opera attraverso un’altra sua partecipata, EntreMares. Qui la compagnia locale non si è minimamente preoccupata di rispettare le più elementari norme ambientali a tutela della popolazione, ma in questo caso è interessante dedicare attenzione anche ad un altro aspetto non secondario. Entremares è stata la multinazionale capofila ad aver compiuto un’enorme frode fiscale durante tutto il 2010. La strada tracciata deve esser sembrata particolarmente vantaggiosa anche ad Agregados del Caribe, Minerales de Occidente, Eurocanteras, American Pacific e Cerros del Sur, tutte imprese estrattive operanti in Honduras che hanno evaso il fisco per oltre trentamila dollari, ma sono state scoperte dalla Procura Generale della Repubblica: fino a quel momento avevano goduto di benefici ed esoneri fiscali concessi da alti vertici dello Stato. Attualmente in Honduras si sta discutendo di una nuova Ley de Minería che possa tutelare diritti umani, civili e ambientali vietando l’utilizzo del cianuro e lo sfruttamento intensivo minerario a cielo aperto dopo che già alcuni anni fa alcuni articoli della attuale legge erano stati dichiarati incostituzionali e le nuove concessioni momentaneamente sospese.

Resta però ancora tanto da fare. Cliccando qui troverete una mappa completa delle miniere in tutto il mondo: http://www.noalamina.org/. Quando i quotidiani di economia e finanza parlano di investimenti in costruzioni, fusioni tra partecipate, mostrano l’andamento del prezzo dell’oro o di altri metalli in Borsa, (in)direttamente contribuiscono anche a quanto ho raccontato sopra: l’intreccio, come l’inganno, è globale.

Redazione
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11 commenti

  • Ottimo post, come sempre…

  • Interessante. Continuiamo ad occuparci di tutti i generi e di tutte le latitudini/longitudini, poi non siamo in grado di organizzare uno sciopero generale a oltranza nella situazione in cui ci troviamo ed in cui continuerete a trovarvi, se non ci si sveglia. Il futuro vi spazzerà via. Informarsi fa sempre bene, però. Interessante.

  • Grazie Gino per i tuoi commenti sempre così benevoli!
    Per Agostino: anche io mi chiedo, da tempo e non sull’onda degli ultimi avvenimenti, perchè in Italia non si organizza uno sciopero generale o qualcosa di simile, magari prendendo spunto proprio dalle mobilitazioni latinoamericane. Parlando con tante persone mediamente con le mie stesse idee sono in molti però a non pensarci nemmeno lontanamente purtroppo. Se vogliamo provarci potremmo proporre un appello da mandare ai giornali a noi più vicini come redazione e frequentatori del blog e vedere se raccogliamo consensi o meno, anche se non sarà facile, visto che la nuova segretaria della Cgil, solo per fare un esempio, più volte sollecitata sul tema ha detto che questo non è il momento per lo sciopero generale. Io, per usare un frase di moda di questi giorni, mi chiedo: se non ora quando? Nel senso: cosa deve ancora succedere?
    PS: Agostino, noi ci conosciamo! Io sono David di Mani Tese di Siena, ci siamo visti al compleanno di Db a Imola, ti ricordi?

  • David, grazie per la tua risposta.

    Bene, forse non è una novità, non penso che sia io a poterlo dire, ma se la CGIL dice che non è il momento per lo sciopero generale:

    1 – sono complici dell’agonia e della distruzione di questo paese.

    2 – si stanno parando il culo — permettimi la franchezza e la licenza poetica — perché hanno paura di perdere il controllo della situazione, e quindi di vedere ridotta la propria porzione di POTERE.

    Io NON penso che ci siano appelli da pubblicare in un giornale o in un altro. Sarebbero letti ? Penso di no. Io ho smesso di comprare i giornali.

    Io penso che bisogna rivolgersi direttamente alle persone, nei termini più personali possibili, perché questo Paese, ammesso che non sia già morto, è molto prossimo alla morte.

    Il tempo a disposizione non è ampio, se si vuole sfruttare la copertura che le istituzioni internazionali sono state costrette ad offrire alle persone che sono scese in strada per ribellarsi in Egitto. Tra l’altro, non penso che il controllo dell’informazione in Egitto fosse meno totale di quello Italiano. Il fatto che in Egitto sia stato possibile è molto incoraggiante.

    Si potrebbe usare Internet, ma non ci credo particolarmente, forse a torto. L’aspetto più importante sarebbe rivolgersi alle persone direttamente, perché LORO sono con le spalle al muro, ed il momento è questo, e l’obiettivo, ossia ALMENO le elezioni anticipate, è accessibile. Attenzione inoltre a non proporre obiettivi non realistici, del genere domani l’Italia si trasformerà nella Svezia. Ma il lancio di Silvio Berlusconi direzione Venere senza biglietto di ritorno, lo si lascia lì, E le elezioni anticipate, E una SERIA legge contro il conflitto d’interessi, aggiungerei, mi sembrano obiettivi realistici. ALMENO le elezioni anticipate mi sembra un obiettivo accessibile.

    Io sembro aggressivo, ma, credimi, capisco la stanchezza e la depressione di alcune persone, che è anche la mia.

    Ma, a meno che non si voglia fare la fine della Spagna di Franco, ovvero aspettare altri 15 anni, o vedersi sostituire Silvio Berlusconi con un personaggio inventato come George W. Bush, il momento è adesso.

    E, soprattutto, non ci sono 15 anni a disposizione. Il futuro arriverà molto prima, in termini di conseguenze del riscaldamento globale, migrazioni regionali, fine dell’era dei combustibili fossili, competizione industriale, gestione dell’ambiente, lotta alla disoccupazione, emancipazione individuale e collettiva.

    Rispetto a tutte le sfide che ho elencato sopra, L’Italia è moribonda. Io in realtà penso che sia già morta, ma spero di aver torto.

  • A volte, e questo penso sia ciò che l’Egitto può insegnarci, può insegnarci tanto, o almeno spingerci a riflettere, NON occorre chiedere il permesso al sindacato, supplicare i militanti del centro sociale più vicino e farsi guidare da loro, pubblicare un appello su un giornale vicino, e così via. Io penso che a volte di possa anche partire in pochi, e, tanta è la rabbia, e così intense possono essere le interazioni tra esseri umani, che i pochi diventano molti e poi moltissimi. Occorre anche saper scegliere il momento. Se prima dell’Egitto non ci fosse stata la Tunisia, le probabilità di una rivolta in Egitto sarebbero state molto meno. A me la violenza non piace. Mi risulta innaturale, dal punto di vista emotivo, e dal punto di vista razionale sono convinto, profondamente convinto, NON funziona, è controproducente. Ma, ti assicuro che qui a Palermo ci sono persone che Silvio Berlusconi, Renato Schifani, Diego Cammarata, e compagnia, maschile e femminile, li ucciderebbero a morsi, e, io, tanta è la rabbia, sono tra loro. Perché ? Perché sono i mandanti di questa strage, ed il risultato di questa strage è la morte del nostro Paese.

  • Rinnego l’uccidere a morsi. Tutti su Venere. Ma la rabbia è tanta.

  • La CGIL è complice… Lo sciopero che caldeggio anch’io, ma da molto tempo, deve partire dal basso…
    Ci sono le condizioni di coscienza popolare, mi chiedo? Questo è il danno che fanno le televisioni… a questo serve la propaganda di regime… a frammentare, dividere, distogliere, deviare, dormire, poi morire…

  • Gino, condivido la tua domanda.

    Mi, ti, vi, chiedo:

    perché è stato possibile in Egitto, ed in Tunisia ?

    Non ho una risposta. Cercando una risposta però possiamo imparare.
    La Fratellanza Musulmana ? Non sembra. Forse in un primo tempo, ma non dopo. La propaganda di regime mi sembra ci fosse sia in Tunisia, sia in Egitto, forse — forse — ancora peggiore che in Italia. La repressione sembra fosse ancora peggiore che in Italia. Sembra, sembra … non ho mai abitato in Egitto o in Tunisia.

    Comunque, allora … come è stato possibile ?

    La mia risposta provvisoria, se ce n’è una, è che le persone che si sono ribellate, sia in Tunisia, sia in Egitto, sono state in grado di collaborare insieme, gestire le loro poche energie, e sono state in grado di concentrarsi su di un obiettivo accessibile, concreto, e lo hanno perseguito. E lo hanno raggiunto.

    A me sembra che noi, oltre alla stanchezza e alla disperazione, di sicuro la mia, disperdiamo tantissime energie, tantissime, lontano dalla pratica. O forse non si tratta di lontananza dalla pratica, perché immagino/capisco/ sono sicuro che molti tra di voi dedicano tantissime energie alla pratica.

    Ma,

    se per una volta,

    TUTTE le energie fossero concentrate sull’organizzazione di uno sciopero generale a oltranza, sospendendo tutte le altre iniziative, incluso il Primo Marzo e simili, proprio tutte,

    ciò sarebbe già un passo avanti.

    Nel senso, quelle poche energie che i gruppi e le persone attive ancora hanno, si dirottano TUTTE nell’organizzazione di uno sciopero generale a oltranza.

    Detto questo, mi fermo qui, non sono un tribuno e non sono un eroe.

    Buonanotte

  • oggi sul quotidiano “Il fatto” in un lungo articolo Marco Travaglio riprende (citando Al Gore) la metafora del gambero che era venuta in mente anche a me: se ti buttano nell’acqua bollente provi a scappare ma se ti mettono nell’acqua tiepedina e via via ti scaldano finisci bollito senza accorgertene; ma prima o poi un vento di rivolta soffia pure nei Paesi più oppressi e allora perchè da noi no? Peggio di altri o non siamo ancora abbastanza oppressi?

  • Secondo me non siamo ancora abbastanza oppressi, ma stiamo cominciando ad esserlo…
    In Egitto e Tunisia hanno subito decenni e decenni di dittatura e fame nera prima di esplodere… e non sanno ancora se in risposta avranno una dittatura militare o un regime meno soffocante… lì le cose sono ancora in piena evoluzione.
    Noi stagniamo anche perché la finta opposizione parlamentare ha una funzione narcotizzante pari se non superiore alla propaganda di regime, il battage di uno che ha tutte le televisioni. L’ “opposizione” è una forma di mediazione sociale, che quindi impedisce alla gente di intervenire direttamente, anche solo di concepire di poter intervenire… devono andare tutti a casa, altrimenti si otterrà solo un cambio al potere.

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