Leda, la “zingara anarchica”
Il 4 luglio 1880 nasce Leda Rafanelli
dal «Dizionario biografico degli anarchici italiani» (*)
Leda Rafanelli fotografata da Federico Patellani nel suo studio, ottobre 1946
Nasce a Pistoia il 4 luglio 1880 da Augusto e Elettra Gaetani, scrittrice e pubblicista. “Ha intelligenza molto svegliata e cultura superiore alla media acquistata con la lettura assidua e con la assimilazione di libri, opuscoli, riviste sociologiche. Ha frequentato appena le scuole elementari”. Questo è l’incipit della scheda biografica poliziesca che la riguarda. La R. nasce da famiglia di umili origini e a vent’anni, già simpatizzante per le idee socialiste, si trasferisce per alcuni mesi ad Alessandria d’Egitto in seguito a una non precisabile disgrazia famigliare; qui grazie alla frequentazione dei circoli politici di lingua italiana, incontra l’ideale anarchico e con esso la religione musulmana, cui si converte, e la passione per le religioni orientali che modificheranno il suo carattere – dandole una visione quasi mistica della vita che diverrà sua affascinante caratteristica – e le sue abitudini e costumi.
Tornata in Italia al principio del nuovo secolo e stabilitasi a Firenze, inizia la sua attività di scrittrice (il primo romanzo Un sogno d’amore è del 1906) e di propagandista e militante; in questa fase la R., che va compiendo la propria formazione politica e si trova già su posizioni apertamente antiorganizzatrici, avvia una assidua collaborazione – che si protrarrà costantemente anche negli anni successivi -, con numerose pubblicazioni non solamente di stampo anarchico («La Giovane guardia», «L’Avvenire», «La Voce della donna», «L’Allarme», «Combattiamo», «La Pace», «Energia», «Il Pensiero», «Donna socialista» e «Il Domani», periodico pubblicato al Cairo), condotta sotto la veste di vari pseudonimi (Bruna, Djali, Sahra, Sahara, Sahara Wasa, Etienne Gamalier, Ida Paoli, E. Bazaroff, Zagara Sicula). Nel frattempo, mentre nel 1904 fonda un comitato pro vittime politiche, diventa assidua frequentatrice degli ambienti vicini alla camera del lavoro e si avvicina al libraio Luigi Polli, in precedenza conosciuto in Egitto, con cui ben presto si sposa e con cui crea una piccola casa editrice (“Rafanelli-Polli”).
Da qui, escono alcune riviste tra cui «La Blouse» (rivista “compilata esclusivamente con scritti di autentici lavoratori del braccio”, pubblicata dall’aprile del 1906) e numerosi opuscoli, che lei stessa scrive, trattando temi antimilitaristi, anticlericali, antiautoritari, ma anche in cui emerge la sua avversione verso le organizzazioni operaie e in cui si sofferma in funzione propagandistica sulle condizioni delle classi lavoratrici e in particolare delle donne. È negli articoli di questo periodo, infatti, che emerge nettamente l’interesse della R. per la questione femminile, che si concretizza in un impegno ispirato da una rivisitazione polemica in chiave classista, delle coeve concezioni femministe ed emancipazioniste. Ed è nell’eclettismo di questo periodo, ma anche nell’ingenuità ed immaturità di alcune sue posizioni proprie della fase di formazione intellettuale e politica, che la R. si afferma nel ruolo di “propagandista e scrittrice libertaria capace di influenzare, ai livelli di base, un’intera generazione di sovversivi”. È spinta dalla volontà di “illuminare molti esseri offuscati dalla paura e indeboliti dalla schiavitù imposta dalle leggi [della] è società liberticida”, che indirizza la sua fervida attività di propagandista e di autrice, che continuerà ininterrotta anche negli anni avvenire.
Poco dopo, la R. allontanatasi sentimentalmente dal Polli, si lega a G. Monanni con cui condivide l’esperienza della rivista «Vir» (1907-1908), rivista che importando e divulgando le teorie nietzschiane e stirneriane, segnerà la nascita della corrente anarcoindividualista in seno al movimento. Nel 1908, chiamati da E. Molinari e da N. Giacomelli, i due si trasferiscono nei pressi di Milano, nell’allora comune di Greco, in viale Monza 39. Poco dopo essi fondano la Società editrice milanese, poi Libreria editrice sociale, con sede in Via S. Vito al Carrobbio, conducendo per lungo tempo un’importante attività editoriale e, oltre a collaborare alla rivista «La Protesta umana», si impegnano in una serie di pubblicazioni tra cui le opere del Nietzsche, L’Unico di Max Stirner e gli scritti e i numerosi opuscoli propagandistici di successo – antimilitaristi, contro la scuola, in difesa dei lavoratori -, che proprio la R. compone in questo periodo mentre, per altro, prosegue anche in collaborazioni giornalistiche con periodici non strettamente ascrivibili alla corrente in individualista (come «La Pietra infernale»). È anzi utile sottolineare la specificità che la R. attribuisce alle proprie idee, come a sottolineare un’autonomia e un’eterodossia di pensiero che impediscono ed impediranno di assimilarla ad una specifica corrente. Nel gennaio del 1908 ad esempio, discettando di individualismo e difendendo gli esponenti di questa parte dalla tradizionale accusa di essere “borghesi”, a utile testimonianza delle posizioni che anche in seguito la caratterizzeranno, così scrive: “Io che ho letto quasi tutti i giornali che gli individualisti hanno scritto e discordando da essi per la base fondamentale della teoria e d’accordo con alcuni di essi per le singole idee riguardanti specialmente l’arte e la morale – sento che farei un torto alla mia intelligenza accogliendo contro di essi l’appellativo di borghesi “[e in seguito] l’individualismo più che una teoria o una dottrina, è una realtà” “sentita da individui dotati di una intelligenza più fine e più educata. Per sentire in sè una tale forza intellettuale l’uomo deve essere necessariamente più colto, più raffinato, più evoluto tanto da provare il desiderio di emergere dalla massa degli uomini”.
Parallelamente a tutto ciò e a divulgazione di queste idee i due compagni danno vita ad una numerosa serie di riviste, «Sciarpa nera» (1909-1910), «La Questione sociale» (1909), «La Rivolta» (1910-1911), «La Libertà» (1913-1915), che rafforzano la corrente individualista milanese influenzando e aggregando intorno a sè una nuova generazione di militanti, fra cui Carlo Molaschi. È proprio fra quest’ultimo e la R. che s’instaura un rapporto di profonda e duratura amicizia, segnato da uno scambio culturale e ideale tra i due che ha come scenario di fondo la casa della R., salotto esotico nella Milano dell’epoca, arredata con bassi divani, tappeti, tessuti orientali, bracieri d’incensi e immagini provenienti dalla cultura araba.
Tutto ciò nel periodo in cui la R. conclude una relazione con il Benito Mussolini direttore dell’«Avanti!», relazione che iniziata nella primavera del 1913 si protrarrà ufficialmente fino all’autunno del 1914, alla vigilia dell’entrata in guerra dell’Italia. Confermando decisamente le sue posizioni antimilitariste e in prima fila fra gli anarchici antiinterventisti che a Milano pubblicano «Il Ribelle» (1914-1915), la R. dà alla luce, tra l’altro, il noto opuscolo Abbasso la guerra (1915). Difficile seguire i suoi movimenti durante il periodo bellico poiché, mentre il Monanni vive da esule in Svizzera, ella si sposta frequentemente insieme con il figlio Marsilio (che lei usava chiamare Aini, letteralmente “occhi miei”), avuto nel 1910 dal Monanni, soggiornando per un tratto anche in Tunisia. In questo periodo ella, sebbene viva defilata ed in una fase di introspezione e isolamento, si mantiene attiva nella propaganda antibellicista e, in particolare, anticolonialista promuovendo una campagna di solidarietà in difesa dei Falascià, un gruppo etnico di stirpe ebraica trapiantato in Etiopia e perseguitato dalle istituzioni e dalla chiesa copta. Nel primo dopoguerra oltre a partecipare a varie iniziative editoriali, tra cui «Nichilismo», con il Molaschi, e «Umanità nova», prosegue nel suo impegno di romanziera raggiungendo l’apice della sua fama con L’eroe della folla (1920), Sahra. Incantamento (1921) e Donne e femmine (1922).
Già dal 1919, però, colpita da febbri malariche, ella vive e lavora chiusa nella sua casa di V.le Monza, dalla quale non uscirà per molti anni e che verrà devastata, così come la Casa editrice, dalla polizia fascista che brucerà i libri da essa editi, in Piazza S. Fedele a Milano. Nella seconda parte della sua vita la R. vivrà distante dalla militanza sebbene rimangano salde in lei le antiche convinzioni così come le amicizie e i contatti con i compagni. Oltre al romanzo Una donna e Mussolini (1946), ella collaborerà saltuariamente al periodico «Umanità nova», e scriverà una lunga serie di novelle e favole (alcune pubblicate nel «Corriere dei piccoli»), producendo pure una grande quantità di materiale rimasto inedito.
Nel tentativo di descrivere l’anarchismo di Leda Rafanelli, le sue idee e concezioni politiche sarebbe riduttivo iscriverla tout court; nell’ambito di quel particolare filone dell’individualismo che fu l’anarcoindividualismo in cui ella milita e di cui condivide le idealità. Senz’altro nella sua formazione pesano i testi del Nietzsche, e dello Stirner, ma nella sua curiosità intellettuale coesistono con la filosofia orientale o i testi sacri della religione islamica o ebraica – o accanto ai famosi Discorsi di Buddha, a lungo meditati con l’amico Molaschi -, poiché molto nella sua concezione politica vi è di originale, di personale, in una commistione specialissima di politica e religione. Ella sarà così, ad esempio, antimilitarista e poi anticolonialista, sempre prima istintivamente che ideologicamente, ponendo sempre l’individuo – ecco il suo individualismo -, il suo bene, il rispetto delle diversità, al centro delle sue concezioni, del suo anarchismo istintivo.
“Io ho sempre pensato, anche nei momenti dolorosi – scriverà – che la vita è bella. Io amo le cose e mi sento completa e soddisfatta. La tristezza e lo sconforto mi afferrano solo quando osservo ciò che mi circonda, quando lascio il sole equatoriale che brucia nella mia anima per guardare la grigia, la fosca miseria dell’umanità che lavora e soffre e che vorrei felice perché incorniciasse di gioia la bellezza del mondo”. La sua originalità e anticonformismo, la sua un’istintiva intelligenza, quello che lei definiva “intuito fatalista”, la sua mistica consapevolezza delle cose della vita, la sua sottile sensibilità, commista a quel distaccato disinteresse per le cose terrene ne fanno un personaggio curioso e unico. Dopo avere vissuto gli ultimi anni della vita a Genova, dove per vivere leggerà le carte ai marinai del porto, la R, zingara anarchica, muore a Genova il 13 settembre 1971. Pochi giorni prima, congedandosi dalle colonne de «L’Internazionale» aveva scritto: “Leda Rafanelli, partendo per sempre, saluta tutti i compagni. Viva l’anarchia”. (M. Granata)
(*) Per questa «scor-data» abbiamo utilizzato la versione on-line del «Dizionario biografico degli anarchici italiani», uscito in due volumi nel 2003/4. Il progetto ha reso pubbliche le biografie degli anarchici e libertari di lingua italiana attivi fra il 19° e il 20° secolo, proseguendo idealmente quello realizzato fra il 2003 e il 2004 sotto la direzione di Maurizio Antonioli, Giampietro Berti, Santi Fedele e Pasquale Iuso con la collaborazione di oltre un centinaio di ricercatori/ricercatrici e che si era concretizzato nella pubblicazione di due volumi editi dalla BFS, cioè la Biblioteca Franco Serantini. La banca dati di quel primo progetto è stata la principale risorsa per allestire l’edizione online del «Dizionario» che resta aperta alla collaborazione di quante/i vorranno arricchire questa esperienza unica nel suo genere nel panorama italiano. Come scrive il mio amico Claud’Io «qui la storia l’abbiamo scritta noi, quelli dell’ideale che mai ci abbandona. Biografie di noti, meno noti e sconosciuti che sempre hanno lottato e molti dato la vita perché un altro mondo resti possibile. In ogni caso… sempre in direzione ostinata e contraria. Un grazie al Casellario Politico Centrale (CPC) della polizia che ha permesso di ricostruire, oltre ogni più rosea speranza, biografie ed eventi: rileggere e interpretare quanto veniva scritto dagli sbirri è stata un’esperienza unica e a volte esilarante». (db)
http://bfscollezionidigitali.org/index.php/Detail/Collection/Show/collection_id/3
MA COSA SONO LE «SCOR-DATE»? NOTA PER CHI CAPITASSE QUI SOLTANTO ADESSO.
Per «scor-data» qui in “bottega” si intende il rimando a una persona o a un evento che il pensiero dominante e l’ignoranza che l’accompagna deformano, rammentano “a rovescio” o cancellano; a volte i temi possono essere più leggeri ché ogni tanto sorridere non fa male, anzi. Ovviamente assai diversi gli stili e le scelte per raccontare; a volte post brevi e magari solo un titolo, una citazione, una foto, un disegno. Comunque un gran lavoro. E si può fare meglio, specie se il nostro “collettivo di lavoro” si allargherà. Vi sentite chiamate/i “in causa”? Proprio così, questo è un bando di arruolamento nel nostro disarmato esercituccio. Grazie in anticipo a chi collaborerà, commenterà, linkerà, correggerà i nostri errori sempre possibili, segnalerà qualcun/qualcosa … o anche solo ci leggerà.
La redazione – abbastanza ballerina – della “bottega”