Leggendo «LavoroeSalute»

la rivista di Medicina Democratica (alcuni articoli dal numero di gennaio,consultabili liberamente sul sitodellarivista)Parola vietata ai dipendenti pubblici

L’obbligo di fedeltà alle imprese e i relativi codici disciplinari ignorano il diritto di parola sancito dalla Costituzione? E allora? La Costituzione non è più il faro – sulla carta perché dal 1 Gennaio 1948 ad ogg è stata applicata solo un piccola parte dei governi e degli altri poteri dello Stato italiano che l’hanno vissuta sempre come intralcio alla discrezionalità – tanto vero che non si sono fatti scrupoli nel violentarla con presunte riforme dopo aver tentato di modificarla interamente con un referendum nel 2016, che hanno miseramente perso.

In sostanza i 3,2 milioni di dipendenti pubblici non potranno esprimere le loro opinioni sulle condizioni lavoro (giudicate, a prescindere dalla correttezza e giustezza, lesive verso il datore di lavoro)  e neanche fare proposte per migliorarle pubblicamente. Tutto parte, concretamente, dalla bozza del decreto del governo Draghi sui “comportamenti che il personale della Pubblica Amministrazione dovrà tenere dentro e fuori i luoghi di lavoro”, bozza aiuta il governo Meloni a decretare il “reato di opinione” che ci riporta al ventennio fascista. Da quella barbarie si differenzieranno solo i metodi, non si useranno più olio di ricino e dal manganello ma metodi raffinati come la sorveglianza digitale e la repressione tramite provvedimenti disciplinari fino al licenziamento. E’ gia capitato a tante e tanti durante il picco della pandemia Covid 19, in particolare infermieri e medici.

Avanza speditamente la totale privatizzazione della Pubblica Amministrazione – dopo appalti,  esternalizzazioni a tappeto e affidamento dei servizi essenziali, come la gestione dell’acqua pubblica alle Multiutility – considerata nelle sue articolazioni locali come imprese private. Quindi verrà emesso l’editto presidenziale (nel senso che Mattarella firmerà ogni atto del governo Meloni come ha fatto con il governo Draghi) comunicando al dipendente pubblico che dovrà lavorare in silenzio e soddisfare qualsiasi ordine non permettendosi di considerare se tale ordine metterà a rischio non solo la sua dignità ma la stessa salute e sicurezza sul lavoro.  Però deve avere anche chiaro che si deve astenere da ogni opinione anche nel suo tempo libero e ponderare molto bene il rischio che corre anche durante l’eventuale attività sindacale.

Anche per questo ci sembra pericoloso la sottovalutazione, e l’assenso di una parte, dei maggiori sindacati.

 

L’insabbiamento della Fusione Fredda. Da Fleischmann e Pons a Giuliano Preparata ed Emilio Del Giudice

Nonostante sia al centro di certe teorie secondo cui sarebbe pura fantasia, la fusione fredda ha da sempre molto affascinato parte del l’opinione pubblica sensibile all’ecologia e alla teoria quantistica. Di fronte alle nuove evidenze, completamente ignorate o additate dai media e ostacolare dalle lobby tossiche (petrolifera, carbonfossile, della “green economy” o del greenwashing) è giusto raccontare come andò la storia della fusione fredda. A raccontarla in modo appassionante fu il prof. Emilio Del Giudice, ricercatore di fisica teorica dell’INFN al convegno di Nexus qualche anno fa. Prima però facciamo degli accenni storici. Nel 1926 il chimico tedesco Friedrich Paneth pubblicò sull’ “Annuario della Società chimica tedesca” il rendiconto dei suoi primi esperimenti sulla fusione (Recentemente tali studi sono stati ripresi dal prof. Vyaceslav Alekseyev, direttore del Laboratorio sulle Energie Rinnovabili dell’Università di Mosca). Negli anni Trenta, Enrico Fermi intraprese uno studio per creare un generatore artificiale di neutroni. La nota, a firma di Amaldi, Rasetti e Fermi, venne pubblicata su “La Ricerca Scientifica” nel 1937 e dove si dimostrava la possibilità di sfruttare la reazione atomica:

D^2 + D^2 ——-> He^3 + n^1

1 1 2 0

per produrre neutroni necessari per bombardare gli atomi. Per realizzare tale impianto, Fermi ebbe necessità di usare acqua pesante, cioè un bersaglio contenente un’alta percentuale di Deuterio allo stato solido. Visto il notevole sviluppo di calore, si dovette ricorrere all’aria liquida per mantenere a bassissima temperatura il blocco di ghiaccio. Il primo caso di reazione di fusione nucleare fredda che non venne mai proposta e applicata.

Il 23 marzo 1989 è la data storica in cui due coraggiosi ricercatori dell’Università di Salt Lake City (Utah – USA), Martin Fleischmann e Stanley Pons, annunciarono alla stampa di aver trovato un modo molto semplice e poco costoso per produrre energia pulitissima: l’energia derivata dalla fusione di atomi di deuterio (isotopo dell’idrogeno) a bassa temperatura, ovvero l’energia del futuro. La dichiarazione avvenne in un clima internazionale assai sensibile alle proposte di metodi alternativi di produzione energetica, essendo ancora vivo il dibattito sul nucleare, acutizzato sia dal disastro nucleare di Chernobyl del 26 aprile 1986 sia dal disastro ecologico della petroliera Exxon Valdez, avvenuto qualche mese prima.

La pubblicazione su una rivista scientifica avvenne il 10 aprile 1989 con un breve articolo scritto per il Journal of Electroanalytical Chemistry. L’articolo, a giudizio di molti esponenti del mondo scientifico, era stato scritto in modo affrettato, incompleto e conteneva alcuni errori sostanziali sulla misura dell’emissione di raggi gamma. Fleischmann e Pons spiegarono che non si trattava di errori, ma vennero ugualmente accusati di essere degli “pseudoscienziati”.

A differenza della tecnica studiata e portata avanti da circa 40 anni per attuare la fusione calda degli atomi di idrogeno, sfruttando enormi macchine capaci di far arrivare la temperatura interna anche a centinaia di milioni di gradi, la fusione fredda proposta da Fleischmann e Pons si basava sul principio dell’elettrolisi e sfrutta un’apparecchiatura semplicissima. Facendo passare elettricità tra due elettrodi, uno di palladio e l’altro di platino, immersi in acqua pesante D2 0 (D è il simbolo del Deuterio) si può produrre una quantità di energia molto superiore a quella immessa. Secondo quanto sinora accertato, nel reticolo cristallino del Palladio si crea una forma di fusione, ancora misteriosa, tra i nuclei di deuterio.

Negli ultimi anni poi sono state sviluppate nuove tecniche che in verità hanno maggiormente aumentato il mistero, come l’uso di particolari accorgimenti sugli elettrodi soprattutto l’uso di acqua normale del rubinetto.  Infatti, al Congresso di Nagoya (Giappone) del 1992, si sostenne che si doveva aprire un nuovo capitolo nella storia della fisica e cioè la nascita della “fisica nucleare dello stato solido”. In questa occasione un medico della Pennsylvania (USA) e Presidente della Hydrocatalysis Power, Randell Mills, annunciò di essere riuscito ad ottenere, con acqua normale, risultati ancora migliori di quelli fino ad allora conseguiti e cioè una reazione con un rendimento del 900%.

Da quel momento centinaia e centinaia di ricercatori si sono costantemente impegnati, nonostante le notevoli avversità, per portare avanti uno dei migliori sistemi per produrre energia pulita.

Eppure all’epoca di Pons e Fleischmann, la stampa e le riviste specializzate rivolsero pesanti critiche alla fusione fredda. Il risultato fu che, dopo il terremoto scatenato dall’entusiasmo per l’annuncio rivoluzionario, seguì un crescente scetticismo, sconfinato in precise minacce per i due ricercatori. Fleischmann e Pons vennero derisi dai fisici teorici della comunità internazionale, primo tra tutti Carlo Rubbia, perché il processo non produceva l’emissione di particelle previste dalla fisica teorica classica, ovvero reazione tra neutroni, emessi dalla fusione di 2 atomi di deuterio, e isotopo dell’idrogeno.

Essi scomparvero per alcuni mesi, fino a quando approdarono a Nizza. Nel 1992, arrivati in Francia, iniziarono a lavorare per il loro progetto in un laboratorio privato finanziato con 9 milioni di dollari dalla IMRA Europe S.A., impresa affiliata alla giapponese Toyota. La coppia si separò nel 1995 e Fleischmann ritornò a Southampton sino al 1999 e nel 2006 iniziò a lavorare per la D2Fusion, quando nel 2012 morì all’età di 85 anni. Secondo un comunicato del dipartimento di chimica dell’Università dello Utah, dal 2000 Pons non svolge più ricerche in Francia.

Nonostante i due scienziati disponessero di risultati ben documentati, successivamente riprodotti in più di 200 laboratori sparsi in tutto il mondo, si innescò una inconcepibile serie di polemiche ed una campagna mediatica di disprezzo. In particolare, venne imbastita dai loro colleghi, studiosi della fusione calda, così denominata perché necessita di milioni di gradi di temperatura ed inoltre di ingenti risorse economiche.

La fusione fredda non andava bene a molti e purtroppo, nel nostro mondo, la ricerca scientifica dipende da finanziamenti, spesso industriali, e quindi dall’accumulo capitalistico. Eppure, nella titanica lotta di interessi di ogni tipo, il movimento scientifico scaturito dalla fusione fredda è ancora vivo e i risultati raggiunti sono da tenere veramente nella più alta considerazione anche se il modo di produrre energia con metodi tossici o impattanti sull’ambiente hanno sempre avuto il sopravvento.

Naturalmente anche in Italia venne ripreso l’esperimento della fusione fredda. Tra i ricercatori italiani dobbiamo citare, senza dubbio, il Professor Emilio Del Giudice e il Professor Giuliano Preparata che nel giro di pochi anni riuscirono a riprodurre le condizioni dell’esperimento originale dei due scopritori. Giuliano Preparata fu uno dei più evoluti teorici della fisica mondiale che perse il Nobel per la Fisica in “elettrodinamica quantistica”, a causa di questo suo sconveniente interesse. Fu lo stesso Preparata a denunciarne con forza la pericolosa situazione di insabbiamento ed in particolar modo l'”intrappolamento” dell’ingegno di Fleischmann e Pons: “Il fatto che la fusione a freddo sia una small science, e quindi difficile da governare da parte delle oligarchie scientifiche e finanziarie, ne ha permesso, nonostante tutto, la crescita a tal punto che oramai mi sembra molto improbabile che essa scompaia nel nulla, senza portare a maturazione nel giro di qualche anno le idee che ne permettono lo sfruttamento industriale su larga scala”.

Preparata e Del Giudice dimostrarono il fenomeno della fusione fredda e anche un nuovo modello teorico che dava spiegazione dei fenomeni misteriosi che fino a 30 anni fa non erano comprensibili con la “teoria delle forze nucleari”.  Se prima si pensava che l’unico modo per fare avvicinare 2 protoni – tanto da vincere la repulsione elettromagnetica e fare agire il campo delle forze nucleari che innescano la fusione, con produzione di una quantità enorme di energia – fosse il metodo dell’acceleratore, che lavora a 100 milioni di °C (ben inteso nel nostro sole la temperatura è 2 milioni di °C !), grazie a queste ricerche svolte dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) e dall’Agenzia ENEA si scoprì come fosse possibile ottenere la fusione a temperatura ambiente. Dimostrarono che il palladio, un metallo dalle peculiari caratteristiche, poteva essere caricato con idrogeno gassoso fino ad un limite di saturazione prestabilito, oltre il quale si rileva una produzione di energia in eccesso tipica di una reazione nucleare.

Il loro esperimento confermò che dentro al cristallo di palladio le molecole di idrogeno, in quelle particolari condizioni di “saturazione”, si comportavano similmente ad una struttura solida e, avvicinandosi molto, grazie ad una provvidenziale “buca di potenziale”, producevano una particolare fusione, senza emissioni radioattive, con produzione di elio (misurato nell’esperimento) e di un eccesso di energia mai visto fino all’epoca in una reazione di 2 ordini di grandezza superiore all’energia in entrata, necessaria a preparare le condizioni della reazione. Grazie a questa scoperta si produce anche la fissione del palladio.

Perché è una scoperta ecologica? Grazie a questa scoperta, un generatore è in grado praticamente di produrre energia illimitata e a costi contenutissimi. L’unico problema da risolvere è l’intercettazione opportuna del surplus di energia. Nonostante questa pazzesca rivoluzione, Del Giudice e Preparata non riuscirono a farsi pubblicare la ricerca da nessuna rivista scientifica. La rivista Science, secondo le indiscrezioni, rifiutò di pubblicarlo perché “l’argomento è troppo tecnico”.

Tra i tentativi più recenti, nel maggio 2008, il fisico giapponese Yoshiaki Arata insieme alla collega Yue-Chang Zhang, ha mostrato pubblicamente all’Università di Osaka un reattore funzionante con pochi grammi di palladio. In un apposito contenitore a pressione, posto all’interno di un calorimetro e collegato, per mezzo di una tubazione, ad uno spettrometro di massa ad altissima risoluzione (Necessario per dimostrare la presenza di 4He (Elio 4), come eventuale residuo della reazione di fusione), i due fisici giapponesi hanno inserito 7 grammi di nano-particelle di palladio disperse in una matrice di ossido di zirconio appositamente preparate dal laboratorio di Arata. Nella prima fase del test, in tale recipiente, è stato inserito idrogeno a 50 atmosfere, generando così un breve picco termico dovuto alla idratazione delle stesse, seguito poi da un lento raffreddamento, dimostrando così che in tale situazione non vi è ne’ emissione di calore, ne’ presenza di 4He. Il recipiente è stato poi svuotato, degasato e nuovamente riempito, ma questa volta con deuterio a 50 atmosfere. A questo punto vi è stato di nuovo il picco termico dovuto alla idratazione (il deuterio, essendo un isotopo dell’idrogeno, si comporta chimicamente allo stesso modo), ma questa volta il calore, non è andato via via scemando, ma è continuato in modo costante, tanto da permettere il funzionamento di un motore termico al ciclo di Stirling. Il funzionamento è proseguito per diverso tempo, in modo da poter accumulare nel sistema una sufficiente quantità di elio, successivamente è stata fatta una nuova misura del gas presente nel contenitore e questa volta, lo spettrometro di massa, ha rilevato nettamente la presenza di elio mescolato con deuterio, segno evidente che il calore prodotto era dovuto ad una reazione termonucleare. Durante la reazione, gli appositi rilevatori di radiazioni, non hanno rilevato nessuna emissione radioattiva. Arata, ha fatto notare, durante la conferenza che aveva preceduto l’esperimento, che tale esperimento prova in modo assolutamente evidente la capacità di produzione di discrete quantità di calore attraverso una reazione di fusione fredda. Al termine dell’esperimento i presenti hanno voluto nominare tale fenomeno con il nome di Arata Phenomena.

Anche in questo caso l’esperimento non è stato ripetuto e non ha avuto una pubblicazione scientifica.

Quali sono i motivi economici alla base del boicottaggio di una tecnologia quasi “free-energy”? Del Giudice formulò un’ipotesi molto interessante raccontando quando venne commissionato a Fleischmann uno studio dalla Marina Militare Inglese per indagare sui metalli più idonei ad immagazzinare l’idrogeno. I migliori risultarono essere il palladio e l’uranio. Fleischmann ovviamente sperimentò sul palladio, la cui fissione non produce danni, ma qualcuno era più interessato all’uranio. Il problema è che se la matrice solida in cui avviene la fusione è l’uranio, si innescherebbe la fissione, e quindi una esplosione atomica, anche con quantità molto inferiori alla necessaria “massa critica” (qualche kg), date le nuove sorprendenti condizioni di reazione. Si possono così fare esplodere delle micro-bombe atomiche di potenza controllata capaci di abbattere un singolo palazzo invece di una città intera. Secondo Del Giudice fu così che venne trovato un modo per utilizzare tutto quell’Uranio che giace inutilizzato nelle testate tattiche (a meno di non scatenare la guerra termonucleare globale, s’intende), che con il disarmo andrebbe smantellato.

Se consideriamo i proiettili rivestiti con quello che ci viene venduto come “uranio impoverito”, o le foto dei carri armati iracheni distrutti nella Guerra del Golfo, si trova: un foro di entrata, una carcassa di acciaio fusa dal calore e i cadaveri dei soldati irradiati da una esplosione fortissima e localizzate di raggi gamma. Non ci sarebbe niente di più facile, sosteneva Del Giudice, nel rivestire un proiettile di cannone o un missile con un strato di uranio caricato da idrogeno fino quasi al limite critico. L’impatto con il bersaglio e la sovrapressione sarebbero sufficienti a innescare la fusione fredda e la conseguente fissione dell’uranio, con annessa esplosione atomica.

Ed ecco come la fonte ideale di energia pulita per tutta l’umanità potrebbe essere usata come spoletta per l’innesco di una bombetta atomica se, al posto del palladio, venisse usato l’uranio. Inoltre spot di altissima radioattività localizzati nei campi di battaglia sono la spiegazione ideale per i sintomi della sindrome del Golfo e quella dei Balcani: la prima riscontrata esclusivamente tra i soldati anglo-americani (i primi a raggiungere le zone bombardate durante le operazioni in Iraq), la seconda invece osservata solo su italiani e tedeschi, a cui sono state destinate le zone bombardate in Bosnia e Kosovo dal vertice NATO, dopo aver fatto l’esperienza nel Golfo.

A tal proposito è interessante la dichiarazione che fece il biochimico fiorentino Gianfranco Valsé Pantellini, fondatore del Metodo Pantellini: “Mendeleev ha parlato di elementi leggeri, elementi medi e elementi pesanti. Tutta la fisica atomica attuale è basata sull’uso di elementi pesanti. Però il fondamento della FISICA ATOMICA della NATURA, il meccanismo base che consente lo scorrere della vita è dato proprio dagli elementi leggeri e dalla loro suscettibilità di trasmutare a bassa energia”.

La fusione fredda, che avviene con la fusione di atomi leggeri, viene ancora oggi studiata in molte parti del mondo e fa emergere ipotesi e speranze per la risoluzione dei problemi energetici ed ecologici del Pianeta Terra.

Lorenzo Poli

Collaboratore redazione di Lavoro e Salute

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Che fare? Protestare collettivamente

Appello ai cittadini e alle professioni sanitarie: ribellatevi

E’ dal 1985 che Lavoro e Salute – con migliaia di copie cartacee e da oltre 10 anni anche in rete – avvisa operatrici e operatori sanitari, cittadine e cittadini del boicottaggio politico/affaristico della sanità pubblica, con inchieste negli ospedali e nei presidi territoriali, analisi dall’interno della sanità e di studiosi, e con interviste a professionisti e dirigenti sanitari. Un boicottaggio che sta vincendo.

 

Crediamo sia utile ripercorrere i passaggi salienti che ci hanno portato a questa situazione, potrebbe essere utile perchè la memoria aiuta sempre a trovare ragionamenti e mezzi adeguati per rispondere all’attacco contro il diritto alla salute, anche che se tentano di smemorizzarci H24 con i loro mezzi di persuasione televisiva e stampata. Ad esempio per stare ai fatti recenti, a far dimenticare che i Governi Conte/Draghi hanno praticamente eliminato l’obbiettivo del risanamento della sanità pubblica dall’agenda politica e con il Governo Meloni lo sfascio del sistema sanitario proseguirà con continui tagli, blocco degli organici e di attacchi al servizio pubblico in fede del programmato definanziamento per il 24/24 previsto da Draghi.

Questo nel mentre la spesa sanitaria dei cittadini nella sanità privata nel 2020 è stata di 43 miliardi, nel 2019 era di 39,5 miliardi (nel 2005 era di 25 miliardi). In media nel 2019 ogni italiano ha speso di tasca propria 640 euro per curarsi  e oltre 4 milioni di italiani hanno rinunciato ad almeno una prestazione prescritta e, ovviamente, sono i cittadini del sud ad essere più colpiti dalle lunghe liste d’attesa e sono spinti a ricorrere alla sanità privata o a rinunciare a curarsì se non hanno i soldi per spostarsi verso le strutture del nord.

 

Intanto la cronaca si riempie di fatti con protagonisti molti esasperati cittadini. Fonti sindacali ci dicono che sono avvenuti 300 decessi al giorno nei pronto soccorso degli ospedali italiani nelle settimane pre-natalizie e che le attese nei corridoi sono arrivate anche a una settimana tanto da causare situazioni violente proteste tali da far intervenire in alcuni casi, vedi casi a Torino, i carabinieri e Procura.

La paradossale conseguenza di questa giusta esasperazione dei cittadini è spesso la protesta verbale, a volte fisica, contro infermieri e medici ai quali, purtroppo, non è consentito di avere pause per riflettere serenamente e quindi sono spinti a chiedere provedimenti sbagliati come la sorveglianza armata nei Pronto soccorso e all’entrata degli ospedali. Una reazione emotiva che non fa altro che acuire i problemi relazionali tra utenti e operatori, perchè i cittadini si  sentono “cornuti e mazziati”e descritti come potenziali delinquenti e non portatori di diritti elementari come  la cura della propria salute, la quale viene profumatamente pagata con le tasse e con i tickets. La solita guerra tra poveri mentre i decisori politici e dirigenziali rsponsabili di questo stato di cose, da un alto aizzano le lavoratrici e i lavoratori a reagire chiedendo repressione contro i cittadini e dall’altra gongolano con le tasche piene e la salute ottimale.

 

Anche da questo scontro tra vittime di questo sistema politico, oltre che dalle liste d’attesa, si deduce che problema più drammatico è rappresentato dalla carenza di personale medico e infermieristico. Per quest’ultima categoria di professionisti stiamo andando verso un record negativo a livello internazionale (6.6 x 1.000 abitanti rispetto a una media OCSE di 8.6).

Nel mentre si assiste da anni a continue fughe di medici e infermieri verso la sanità privata e all’estero.

Se ne è accorto anche il nuovo ministro della salute  Orazio Schillaci però dimenticando le previsioni 2024 e 2025 sulla prevista riduzione draghiana dei finanziamenti in continuità con tutti i governi dal 2013 che hanno sempre definanziato la sanità pubblica.

 

In merito allo spopolamento negli ospedali e nelle strutture territosiali secondo i conti della Funzione Pubblica Cgil ci sono 5 mila medici “gettonisti” nei reparti di medicina generale e ne servirebbero altri 5mila nei Pronto Soccorso, più almeno 12 mila infermieri, ma si tratta di una quota minima per far funzionare gli ospedali: i dati recenti del rapporto Agenas dicono che l’Italia ha il rapporto più basso  dell’Europa avanzata tra numero di infermieri e popolazione residente, nonostante che  negli ultimi 20 anni sono stati chiusi 300 ospedali (111 dal 2010) e sono così spariti oltre 80 mila posti letto. E questo significa che dal 1997 al 2020 i Pronto Soccorso sono stati drasticamente ridotti di oltre il 30%. Negli ultimi 30 anni sono stati persi oltre 70.000 operatrici e operatori sanitari e quasi il 40% degli impiegati.

 

Crediamo ora utile ricordare alcuni passaggi della storia recente che hanno contribuito materialmente allo sfascio. Con la legge 502/92 – si è introdotto il sistema dei DRG (pagamento a prestazione) fotocopia dell’odioso sistema sanitario statunitense fondato sulle assicurazioni e dove i poveri non possono neanche entrare nei Pronto Soccorso. I DRG spinto molti medici a comportamenti che hanno permesso la prescrizione di esami inutili, e dannosi, per far pagare la malattia e non più il fabbisogno di salute dei cittadini.

 

Quindi si introdussero i fondi sanitari integrativi nei contratti di lavoro e le polizze assicurative individuali, facendo venir meno l’universalità del diritto alla salute.

 

Nella Psichiatria iniziarono negli anni 90 ad essere sotto tiro della chiusura e dell’affidamento ai privati le strutture sulla sofferenza mentale che applicando la legge Basaglia (legge 180) hanno fatto dell’Italia  l’unico Paese al mondo senza manicomi.

A riguardo è bene ricordare che l’Oms, già nel 2017, sulla salute mentale denunciava che in Italia la spesa in cure psichiatriche incideva soltanto per il 3,5% sulla spesa sanitaria totale e che in dieci anni ha avuto un taglio di 37 miliardi (25 solo nel 2010-2015), mentre è aumentato il finanziamento alla sanità privata, oggi i dati ufficilali certificano un 50% in mano al privato.

 

L’altro fiore all’occhiello della fu sanità pubblica, la Medicina territoriale pubblica con poliambulatori onnicompresivi di servizi e specialistica, operante anche sul versante della “prevenzione”, è caduto in parte nell’abbandono delle strutture e in grossa parte è stata prontamente sostituita da una miriade di pliambulatori privati che funzionano sulla mistificazione della diagnosi precoci che non ha scinetificamente nulla a che fare con la prevenzione primaria assicurata dalla Legge 833.

 

E’chiaro a tutte e tutti che da alcuni decenni il Servizio Sanitario pubblico è stato spinto dai decisori politici ad essere inefficace, in particolare per la mancanza di personale medico e infermieristico?

Allora ci chiediamo, anche come sanitari, e ex, perchè i cittadini e tutte le professioni sanitarie  assistono, nei fatti, silenziosi al massacro dei diritti inalienabili.

 

http://www.lavoroesalute.org/images/pdf/2023gennaio/lavoroesalute1gennaio2023_lastlast.pdf

 

 

Redazione
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